A fronte di una media OCSE dell’1,5% del Prodotto interno lordo destinato agli anziani non autosufficienti, in Italia si destina alle long term care lo 0,7% del Pil. Il Sud indietro nell’assistenza. Sono questi gli elementi principali emersi dal rapporto “Anziani e disabili: un nuovo modello di Assistenza” realizzato da Fondazione per la Sussidiarietà

L’Italia è un Paese in cui il numero di nati è diminuito progressivamente a fronte di un aumentato numero di grandi anziani, con crescenti bisogni di natura assistenziale anche di lungo termine determinati dall’allungamento dell’aspettativa di vita e dalla cronicizzazione di numerose patologie.

A fronte di questo tuttavia, il nostro Paese destina al long term care meno della metà della media OCSE: 0,7% del Pil a fronte di 1,5%, senza citare paesi come la Francia o il Regno Unito che devolvono alle cure a lungo termine il 2,4% del prodotto interno lordo.

Marcate differenze territoriali nell’assistenza

A ciò si aggiungono differenze molto marcate nell’assistenza a livello territoriale. A questo proposito si nota come il ricorso alle badanti sia pari al 18-20% nel Centro e Nord Italia, mentre è pari solo al 13% nel Sud del Paese: un elemento che riflette forti diseguaglianze di accesso al mercato privato della cura nel nostro Paese.

Questi forti elementi di differenziazione investono anche l’offerta di servizi. Il sistema dei servizi pubblici di assistenza (domiciliari e residenziali) si articola, infatti, con differenti intensità tra le diverse aree del Paese. Sempre considerando la quota di copertura sulla popolazione over 65, i servizi long term care risultano più radicati nelle regioni del Nord (7,2%) e parzialmente nel Centro (6,9%), ma più residuali nelle regioni del Mezzogiorno (4,3%).

Ancora, le differenze sono molto marcate anche per numero di posti letto in strutture residenziali: dai 42 per mille abitanti over 65 della Provincia autonoma di Bolzano e dai 38 della PA di Trento, si passa a una media di 15 nelle regioni del Centro-Nord fino ad arrivare ad appena 1 posto ogni 1.000 abitanti in regioni come la Basilicata e la Sicilia.

Sono questi i dati principali emersi dal rapporto “Anziani e disabili: un nuovo modello di assistenza”, articolato in tre parti e realizzato dalla Fondazione per la Sussidiarietà, in collaborazione con Cesc – Università degli studi di Bergamo, Crisp – Università degli studi di Milano, Politecnico di Milano e Università degli studi di Parma e con la partecipazione di Fondazione Don Gnocchi e Fondazione Sacra Famiglia.

L’importanza del no-profit e del privato

La ricerca ha inoltre evidenziato l’importante ruolo del no profit che copre metà dell’offerta di posti letto nei servizi residenziali, assistenziali e sanitari (49%), cresciuto di 7 punti percentuali rispetto al 42% di 10 anni fa. Ad aumentare è anche il ruolo del privato, che ad oggi si attesta al 26%. Di contro, in calo il pubblico, passato dal 30% al 25%.

Lo studio segnala l’importanza, soprattutto in un Paese come il nostro, in cui il numero di anziani è già superiore alla media europea (la quota di over 65 è del 23% a fronte del 20% di media UE), e destinato a incrementare, di istituire un servizio nazionale per la non autosufficienza in grado di superare l’attuale frammentazione degli interventi.