Aperto a Roma il Museo dell’Omeopatia

Affaccia su piazza Navona la sede del Museo nato per dare continuità all’impegno del professor Antonio Negro, uno tra i più importanti medici omeopati italiani, che per cinquant’anni ha svolto gran parte della sua missione medica nel palazzo dove nacque l’Accademia di Medicina Omeopatica (AIMO). È grazie all’impegno della “Fondazione Negro”, voluta da Francesco Eugenio Negro, che si propone di diffondere lo studio dell’Omeopatia e dell’individualità della persona umana attraverso varie attività scientifiche e culturali con incontri, convegni, pubblicazione di testi, raccolte e conservazione di libri e documenti, che si è potuto realizzare il Museo.
Una grande sezione di oltre 8000 testi costituisce la biblioteca storica specializzata con una ricca collezione di libri di Omeopatia (in lingua italiana, tedesca, francese, inglese, spagnola). Di particolare rilievo la sezione hahnemanniana con rare prime edizioni e la sezione italiana antica relativa ai volumi editi in Italia nell’Ottocento, oggetto di una monografia scientifica curata dal Museo.
Nelle varie sale si possono vedere rari reperti medici, lettere e manoscritti di Hahnemann e le posate in argento ed un colino per il tè che il grande maestro utilizzava a Parigi. Degne di nota le trousse, alcune molto rare, con contenitori in vetro di murano e quella della zarina Alessandra uccisa a Katerinenburg.

I Papi e l’Ospedale Omiopatico
Interessante è conoscere come l’Omeopatia veniva praticata nell’Ottocento. Una vetrina del Museo è dedicata al periodo del colera a Roma e del “medico piommatico”, come lo apostrofava il Belli nei suoi versi irriverenti, e dell’Ospedale Omiopatico promosso da Monsignor Canali. Siamo nel 1837, è l’epoca di papa Gregorio. I Papi danno il permesso ai Gesuiti di preparare i rimedi omeopatici in assenza dei farmacisti che non erano in grado di farli. Il primo Ospedale a Roma a preparare i rimedi omeopatici in quei tempi fu il Fatebenefratelli dell’Isola Tiberina.
Con la scomparsa del colera scompaiono anche gli ospedali “piommatici”, ma i Papi rimangono molto legati all’Omeopatia tanto da affidare una condotta omeopatica al dottor Mattoli e una cattedra omeopatica al dottor Mengozzi.
Sempre per rimanere legati ai Papi bisogna ricordare che Leone XIII fu curato dal professor Ladelci a cui venne poi affidata una cattedra di fitofarmacologia in Vaticano. Lo stesso riceverà la stessa onorificenza che ha avuto il professor Antonio Negro: “Commendatore dell’ordine di San Gregorio Magno”, la massima onorificenza data ai laici da un Pontefice. Per arrivare più vicini ai nostri tempi, il professor Negro fu consultato dagli Archiatri di Pio XII e Paolo VI per cure omeopatiche.