Covid resistenti, uno studio ne sta indagando le caratteristiche genetiche

Covid resistenti

Un recente studio apparso sulla rivista Science ha dimostrato che il 15% delle forme gravi di Covid-19 è riconducibile a fattori genetici. È tuttora in corso un altro studio che indaga le caratteristiche genetiche dei cosiddetti resistenti

Nel contatto diretto e continuativo con un soggetto positivo al Covid-19 di due persone nelle medesime condizioni, uno dei due contrae l’infezione in forma grave, mentre l’altro non si contagia affatto. Ci si chiede dunque come mai la risposta all’infezione da SARS-CoV-2 possa variare tanto da soggetto a soggetto, date le stesse condizioni di partenza, come età e patologie pregresse. La risposta più accreditata è stata, finora, «una diversa risposta immunitaria». Tuttavia, uno studio coordinato dal Consorzio Internazionale di Genetica (CovidHGE), con capofila la Rockfeller University di New York, cui ha partecipato anche il laboratorio di Genetica Medica di Tor Vergata diretto da Giuseppe Novelli, ha fornito risposte più circostanziate, rivoluzionarie perché capaci di spianare la strada a nuovi percorsi terapeutici.

Covid resistenti

«Tre sono gli elementi che abbiamo considerato: il virus, l’ospite e l’ambiente – ha commentato Novelli – Abbiamo quindi deciso di concentrarci sui fattori genetici dell’ospite, andando a confrontare il DNA dei casi gravissimi con quello degli asintomatici. È così emerso che il 10-15% dei malati gravi presentano mutazioni genetiche a livello di risposta innata. Sono cioè deficitari nella produzione di interferone, proteina che aiuta a regolare l’attività del sistema immunitario con funzioni antivirali. Questi soggetti possono essere definiti suscettibili. La genetica intende ora indagare le caratteristiche dei cosiddetti resistenti, di coloro che, seppure esposti in maniera diretta e continuativa al virus, non vengono contagiati».

Questo nuovo studio, tuttora in corso, ha reclutato alcune migliaia di volontari, di cui 150 nella sola Italia i quali si aggiungono a quelli di altri paesi come Francia, Spagna, Stati Uniti, Brasile. Ora si procederà a leggere le sequenze di DNA del campione, le quali saranno messe a confronto con quelle dei suscettibili per comprendere le specifiche caratteristiche genetiche del gruppo dei resistenti.
«Anche in altre malattie come l’AIDS – ha chiarito Novelli – è stato riscontrato che circa un 10% di soggetti risultano naturalmente resistenti al virus dell’HIV per un difetto nel recettore CCR5 (una proteina coinvolta nel sistema immunitario – ndr) che blocca il suo ingresso. Se i risultati dello studio portassero a conclusioni simili, sarebbe possibile trovare una chiave d’arresto per bloccare l’accesso del Covid-19 in tutti i soggetti».