Curcuma: il punto della situazione dopo i casi d’epatite

Il punto della situazione sulla curcuma, dopo la segnalazione al sistema di farmaco-fito-vigilanza di una ventina di casi di epatite ritenuti correlati all’assunzione di integratori a base della pianta medicinale e il conseguente intervento del Ministero della Salute 

Com’è noto, nella scorsa primavera un dossier-curcuma ha occupato i tecnici del Ministero della Salute e dell’Istituto Superiore di Sanità, gli esperti di fitoterapia e le imprese di settore dopo la segnalazione al sistema di farmaco-fito-vigilanza di una ventina di casi d’epatite colestatica ritenuti verosimilmente correlati all’assunzione d’integratori a base di Curcuma longa e suoi estratti. La cosa ha destato scalpore per vari motivi: gli episodi si sono concentrati in un breve lasso di tempo; hanno coinvolto prodotti di aziende diverse, con formulazioni anche molto differenti tra loro, compresa una preparazione galenica realizzata in farmacia; il target dell’effetto tossico è stato il fegato quando, al contrario,  la tradizione d’uso e i claim ministeriali approvati con il DM 10.08.2018, attribuivano alla droga un effetto epato-protettivo e di supporto alla fisiologia digestiva.

curcuma
Nei mesi scorsi sono stati segnalati al sistema di farmaco-fito-vigilanza una ventina di casi d’epatite colestatica ritenuti verosimilmente correlati all’assunzione d’integratori a base di Curcuma longa e suoi estratti

Nella discussione un po’ convulsa che ne è seguita sono stati frettolosamente sollevati dei dubbi sulla sicurezza di questa antichissima pianta medicinale e hanno avuto gioco facile sia il sensazionalismo di certa stampa, a ben vedere non proprio specializzata, sia qualche malcelato interesse di parte, che ha spinto qualcuno a mettere sul banco degli imputati la categoria degli integratori nella sua interezza. Diciamolo: alla luce delle evidenze scientifiche disponibili, la curcuma e i suoi principi attivi erano e restano fitoterapici sicuri se assunti secondo schemi di trattamento razionali e consolidati e a patto che gli ingredienti usati nelle formulazioni rispondano a tutti i requisiti di purezza e conformità ai Regolamenti Europei sulle materie prime Food Grade. Dobbiamo, tuttavia, intenderci sul termine “sicuro”: nulla è a rischio assoluto zero, neanche l’acqua (è clinicamente classificata l’intossicazione acuta da acqua !) men che meno un fito-complesso capace d’interazioni farmaco-dinamiche con una serie di target biologici. È un vecchio adagio che naturale non voglia dire completamente privo di rischi e le reazioni avverse possono talvolta celarsi dietro ingredienti considerati, a ragione,  generalmente innocui.

Su Farmacia News di Ottobre 2018, poco prima che scoppiasse il caso, avevo messo in guardia anche sulle possibili sofisticazioni della curcuma naturale dando qualche suggerimento per cautelarsi; tra i composti a cui prestare attenzione ne avevo segnalati anche alcuni ad azione epato-tossica (in particolare sali di piombo e coloranti azoici). Le indagini del Ministero e dell’Istituto Superiore di Sanità si sono subito indirizzate verso la ricerca di possibili contaminanti epato-tossici e di farmaci deliberatamente aggiunti per potenziare le azioni salutistiche naturali della curcuma. Per esempio si è controllata la presenza illegale di FANS addizionati per gli effetti antinfiammatori o di anfetamine per quelli anoressizzanti (il web pullula di integratori di curcuma spacciati illegalmente come dimagranti);  per fortuna tutte le analisi hanno escluso la presenza di contaminazioni nei campioni testati.

Una soluzione del rebus era già scritta in letteratura, in alcuni case-report che descrivono eventi epatici avversi dopo assunzione di curcuma (per esempio: RP Luber et al. 2019  Turmeric induced liver injury: a report of two cases Case Reports Hepatol Apr 28, 2019; Balaji S e Chempakam B Toxicity prediction of compounds form turmeric Food Chem Toxicol. 2010; 48(10):2951-9; Lukefahr AL et al. Drug-induced autoimmune hepatitis associated with turmeric dietary supplement use BMJ Case Rep. 2018).

Questi fenomeni avversi vengono attualmente classificati come reazioni idiosincrasiche; in quanto tali, si tratta di fattispecie statisticamente rare che potrebbero manifestarsi con maggiore probabilità in soggetti predisposti o con pregresse patologie d’organo (a volte non conosciute) o con la concomitante assunzione di certi farmaci. Senza disporre dei dati clinici e anamnestici di ogni paziente coinvolto non possiamo esprimere valutazioni di merito, tuttavia, quand’anche tutti i casi segnalati fossero con certezza assoluta imputabili alla curcuma, il numero rilevato in rapporto alle dosi consumate ogni giorno soltanto nel nostro Paese resta davvero esiguo e non modifica, a mio giudizio personale, l’eccellente profilo di sicurezza della droga e del suo fito-complesso. Non è ancora il tempo, quindi, delle condanne definitive: mancano studi tossicologici ed epidemiologici adeguatamente disegnati che aiutino a capire anche se, e in che termini, queste reazioni avverse possano essere influenzate da alte concentrazioni di curcumina o dall’aumento della sua biodisponibilità (per aggiunta di piperina o per modifiche di carattere tecnico-farmaceutico).

Le decisioni del Ministero della Salute

In ossequio al principio di precauzione, il 26 Luglio scorso il Ministero ha comunque emanato un Decreto Dirigenziale che modifica il DM 10.08.2018 aggiornando i criteri d’etichettatura per gli integratori a base di rizoma di Curcuma longa L. e Curcuma xanthorrizha Roxb. Tali disposizioni si applicano integralmente anche alle preparazioni erboristiche realizzate in farmacia secondo le NBP e che contengono queste due droghe e i loro estratti, singolarmente o in associazione ad altre della lista positiva. Tali preparazioni, giova ricordarlo, si possono allestire e dispensare senza preventiva ricetta medica in base alla Nota Ministeriale N. 600.12/AG45.1/706 5/12/2002.

Questi i punti salienti del provvedimento:

  1. Per Curcuma longa L. e Curcuma xanthorrizha Roxb. rizoma, sono eliminati i claim relativi agli effetti su funzionalità del sistema digerente, digestione e funzione epatica. Restano ammessi solo i claim: antiossidante, funzionalità articolare e contrasto dei disturbi del ciclo mestruale.
  2. Alle stesse voci si associa l’obbligo di riportare in etichetta l’avvertenza in caso di alterazioni della funzione epatica, biliare o di calcolosi delle vie biliari, l’uso del prodotto è sconsigliato. Se si stanno assumendo farmaci è opportuno sentire il parere del medico. Quest’obbligo non è esteso alla curcuma in polvere venduta come alimento o spezia.
  3. Gli integratori alimentari contenenti estratti e preparati a base di piante del genere Curcuma conformi alle prescrizioni del DM 10.08.2018 e succ. mod. devono essere adeguati alle disposizioni di cui sopra entro il 31.12.2019, inclusi i lotti già immessi sul mercato.
  4. I lotti ritirati a seguito delle segnalazioni possono essere reimmessi in commercio con obbligo d’adeguamento delle etichette entro i termini suddetti.

Il Ministero ha colto l’occasione per ribadire un concetto importante: nell’ambito della lista positiva delle piante e loro parti consentite nella formulazione degli integratori alimentari vanno utilizzati estratti e derivati ottenuti con un metodo di produzione tradizionale e che abbiano fatto registrare una storia di consumo significativo nel territorio dell’Unione Europea prima del 15 Maggio 1997; diversamente ricadrebbero nella definizione di Novel Food e dovrebbero essere autorizzati aprendo l’iter previsto. Non si possono considerare “estratti”, il virgolettato è del testo originale, ingredienti di fatto costituiti da una sostanza predefinita come ad esempio nel caso di “estratti” di curcuma costituiti per il 95 % da curcumina. Nello specifico, però, gioverebbe un chiarimento ufficiale sullo status delle oleoresine in polvere al 95 % di curcuminoidi totali, ottenute per estrazione con etilacetato o altri solventi ammessi dalla Dir. 32/2009/CE e che al momento rappresentano gli ingredienti di utilizzo prevalente.  Possiamo invece affermare con certezza che non sono ammesse le curcumine di sintesi, né negli integratori né in altri tipi di alimenti. Le curcumine di sintesi, infatti, non hanno registrato consumo significativo prima del Maggio ’97 e vanno considerate Novel Food al momento non autorizzato.

Come devono comportarsi i farmacisti

Nel consiglio al banco o se un cliente acquistasse spontaneamente integratori a base di curcuma, d’ora in poi sarà giusto richiamare l’attenzione sui possibili effetti indesiderati e le nuove avvertenze.

Le preparazioni erboristiche senza obbligo di prescrizione medica magistrale vanno adeguate a quanto detto circa i claim soppressi e le avvertenze in etichetta; quest’obbligo non si pone quando la curcuma è prescritta in ricette mediche magistrali.

Acquistando gli estratti di curcuma per le preparazioni diventa imprescindibile una scrupolosa valutazione preventiva della documentazione a supporto; la scheda tecnica e il certificato d’analisi dovrebbero attestare:

1) l’origine 100 % naturale del prodotto (con i risultati del test del 14C e/o l’analisi quali-quantitativa HPLC da cui si possa desumere il contenuto e il rapporto percentuale reciproco dei tre curcuminoidi: curcumina, demetossi curcumina e bis-demetossi curcumina).

2) l’assenza di sofisticazioni (tra cui: aggiunta di steatite o altri minerali come i sali di piombo o di coloranti azoici tipo giallo metanile,  sudan e acid orange 7).

3) la piena conformità alle norme europee sugli ingredienti food grade con una particolare attenzione ai seguenti contaminanti critici: solventi residui, aflatossine e ocratossina A (epatotossiche), residui di pesticidi e fitosanitari,  metalli pesanti (occhio soprattutto al piombo), Idrocarburi Policiclici Aromatici.

È opportuno, inoltre, chiedere al fornitore il flow chart di produzione per verificare se il metodo adottato rientri o meno tra quelli di tipo tradizionale. Per finire, il suggerimento più ovvio: diffidate dei prezzi troppo bassi considerando che un buon estratto di curcuma naturale al 95% di curcuminoidi certificato 14C in tagli piccoli (da 1 a 10 Kg) dovrebbe avere un prezzo di mercato oscillante attualmente  tra 120 e 140 €/Kg.