Come funzionano le terapie cellulari CAR-T

Si chiama chimeric antigen receptor T (CAR-T) cell therapy la frontiera più avanzata della ricerca nella lotta contro i tumori: il primo farmaco di questa nuova classe di terapie cellulari – Kymriah™ (tisagenlecleucel, CTL019) di Novartis – è stato approvato lo scorso agosto dall’FDA ed è per il momento disponibile solo negli Stati Uniti. La nuova terapia cellulare trova indicazione nel trattamento di pazienti fino a 25 anni d’età affetti da leucemia linfoblastica acuta (ALL) con cellule B precursori, refrattaria al trattamento o alla seconda ricaduta.

I prossimi anni dovrebbero vedere l’autorizzazione di un numero sempre maggiore di terapie cellulari, anche se molti aspetti devono essere ancora approfonditi con particolare riguardo al profilo di sicurezza per il paziente. Secondo i dati resi noti dalla vice-chairman del Comitato per le terapie avanzate dall’Agenzia europea dei medicinali, Martina Schussler-Lenz, nel corso dell’Ema/CAT Workshop del novembre 2016 (qui la presentazione), sarebbero 188 gli studi clinici in corso con terapie cellulari CAR-T, di cui una dozzina in Europa. La maggior parte di essi (121) è riferita alle indicazioni del linfoma e della leucemia, una sessantina sono quelli indirizzati al trattamento dei tumori solidi. Ema riporta anche nove studi di follow-up a lungo termine. La leucemia linfoblastica acuta rappresenta circa il 25% delle diagnosi tumorali negli under 15, con una sopravvivenza senza malattia a cinque anni del 10-30% nei pazienti pediatrici e nei giovani adulti con B-cell ALL con ricadute multiple o refratatrio al trattamento. L’approccio CAR-T diretto contro i recettori CD19 è allo studio anche su popolazioni di pazienti adulti affetti da leucemia linfoblastica acuta e linfoma, ad esempio da parte di Kite Pharmaceuticals.

Il principio del nuovo approccio

Le terapie cellulari CAR-T fanno parte delle cosiddette immunoterapie adoptive cell transfer (ACT). Le terapie cellulari CAR-T utilizzano come substrato i linfociti T del paziente, prelevati dal suo sangue tramite leucaferesi: le cellule vengono crioconservate e trasferite al sito di produzione (per Novartis l’impianto di Morris Plains, New Jersey), dove subiscono una riprogrammazione genetica mediante tecniche di gene editing e il ricorso a vettori virali. Le sequenze sintetiche così espresse sulla superficie cellulare sono in grado di riconoscere antigeni specifici sulla superficie della cellula tumorale (soprattutto il recettore CD19, ma anche CD20, CD23 ed ErbB2/HER2). La somministrazione al paziente delle cellule CAR-T così modificate fa sì che esse si leghino selettivamente alle cellule tumorali, attivandone i meccanismi di morte cellulare.

Lo sviluppo di terapie CAR-T per i tumori solidi è una vera e propria sfida nella sfida, spiega il National Cancer Institute, poiché è finora risultato molto più difficile identificare antigeni adatti su questa tipologia di cellula tumorale. Alcuni esempi riguardano l’utilizzo della proteina mesotelina come target per il trattamento di tumori quali quello del pancreas e del polmone, o l’EFGRvIII presente su molti tipi di glioblastoma cerebrale.

Un’altra tipologia di terapia ACT, a uno stadio più preliminare di sviluppo, è la cosiddetta TIL (tumor-infiltrating lymphocytes), per i quali il NCI riporta cinque studi clinici attivi. Le terapie TCR sono invece rivolte a uno specifico recettore delle cellule T e utilizzano recettori naturali che possono essere localizzati anche all’interno delle cellule tumorali.

Importanti effetti avversi

Il rovescio della medaglia delle nuove terapie cellulari è rappresentato da un importante quadro di effetti avversi anche gravi e che possono mettere a rischio la vita dei pazienti. Cinque morti per edema cerebrale sono state registrate nel corso di uno studio clinico condotto da Juno Therapeutics, a seguito delle quali lo sviluppo del prodotto è stato terminato.

Anche il farmaco di Novartis appena approvato reca molte avvertenze di sicurezza: i problemi principali sono legati alla possibile insorgenza di neurotossicità e della cosiddetta sindrome da rilascio di citochine (CRS). IL National Cancer Institute fa notare come, “ironicamente” la sindrome CRS sia un effetto “on-target” desiderato della terapia CAR-T, in quanto segnala la presenza di cellule T attivate nel corpo del paziente. Gli effetti collaterali sarebbero tanto più gravi quanto più deteriorato è il quadro clinico iniziale del paziente, spiega il sito.

Proprio alla gravità dei possibili effetti collaterali è legato il fatto che la prima terapia cellulare CAR-T autorizzata possa essere somministrata solo all’interno di centri clinici appositamente accreditati da Novartis e in grado di gestire in modo efficace tutte le emergenze secondo la strategia REMS di valutazione e mitigazione del rischio sviluppata dall’azienda produttrice. L’infusione endovena, infatti, potrebbe dare luogo a pesanti reazioni allergiche fino allo shock anafilattico, e anche il rischio d’infezioni che potrebbero portare alla morte del paziente aumenta di molto. Tra gli altri possibili effetti collaterali segnaliamo anche una prolungata citopenia e ipogammaglobulinemia; secondo quanto reso noto da Novartis, inoltre, i pazienti che riceveranno il nuovo trattamento CAR-T dovranno essere monitorati durante tutto la vita per la possibilità di sviluppare tumori secondari o ricadute della leucemia.