Gestione degli spazi e comunicazione

La gestione degli spazi interpersonali e la disposizione degli oggetti e dei prodotti giocano un ruolo fondamentale nel punto vendita. Gli elementi di cui tenere conto per una comunicazione efficace

Che rapporto esiste tra spazio e comunicazione? Quando comunichiamo siamo immersi in uno spazio composto da oggetti, persone e altri elementi che ci separano, ci allontanano, ci avvicinano, ci attraggono. Ad esempio tra il farmacista e i clienti talvolta esistono barriere – come il bancone – che impongono una certa distanza, altre volte gli spazi si riducono e si creano vuoti difficili da colmare con le parole e non sempre si sa come comportarsi. Alcuni clienti amano la vicinanza, si lasciano andare a calorose strette di mano e provano conforto nel contatto fisico, che percepiscono come un gesto di fiducia, confidenza. Altri clienti invece provano imbarazzo nell’essere anche soltanto sfiorati per errore, preferiscono mantenere una certa distanza e non sopportano il contatto fisico, che percepiscono come un’invasione di territorio. Ma la gestione degli spazi interpersonali non è l’unico elemento che influisce sulla comunicazione, in quanto anche la disposizione degli oggetti e dei prodotti gioca un ruolo fondamentale nella vendita. Ad esempio le vetrine sono strumenti di comunicazione attraverso i quali il punto vendita veicola i messaggi commerciali, rendendoli attraenti per i passanti e motivanti per i clienti. La gestione degli spazi in comunicazione è una carta vincente, che deve essere spesa bene.

La prossemica e la gestione degli spazi interpersonali

Il termine prossemica deriva dal latino “proximus” (prossimo, vicino) e indica la disciplina che studia il significato della distanza interpersonale nella comunicazione. Quando comunichiamo con i clienti, volontariamente o involontariamente, ci manteniamo a una certa distanza da loro, che può essere maggiore o minore a seconda del significato che attribuiamo a quel tipo di comunicazione e alla confidenza che vogliamo instaurare con loro. Tutti abbiamo bisogno di uno spazio personale, un territorio nel quale ci sentiamo al sicuro e che cerchiamo di difendere dall’intrusione degli altri. Uno spazio virtuale che include un’area più o meno ampia attorno al nostro corpo e che gestiamo in modo istintivo quando ci relazioniamo con il pubblico. L’estensione dello spazio personale varia da persona a persona e dipende principalmente da fattori di natura razziale, culturale, ambientale e sociale. Dal valore che attribuiamo a questa distanza dipende il grado di intimità che instauriamo con gli altri. Secondo la prossemica, lo spazio personale può essere suddiviso in 4 aree concentriche, entro le quali ci muoviamo quando interagiamo con gli interlocutori: zona intima, personale, sociale, pubblica.

Zona intima: occupa uno spazio immaginario di circa 20-50 cm e corrisponde alla distanza che manteniamo dalle persone con le quali siamo maggiormente in confidenza (partner, familiari, amici stretti). Si tratta di uno spazio così ravvicinato che permette agli interlocutori di parlare a bassa voce, di toccarsi fisicamente e di cogliere ogni minima espressione.

Zona personale: è compresa tra 50 e 120 cm e corrisponde alla distanza che si instaura tra persone che si sono conosciute da poco tempo e che non hanno ancora una confidenza tale da avvicinarsi ulteriormente. A questa distanza gli interlocutori parlano con un tono di voce moderato, riescono ancora a sfiorarsi fisicamente e comunicano ampiamente attraverso i gesti e le espressioni.

Zona sociale: si estende da 120 a 240 cm ed è quella mantenuta ad esempio tra colleghi di lavoro con i quali si ha un rapporto formale, emotivamente neutro. Prevede l’utilizzo di un tono di voce più alto, di gesti ed espressioni più accentuati e non consente il contatto fisico. A questa distanza lo sguardo riveste grande importanza, in quanto l’unico contatto possibile è quello visivo.

Zona pubblica: è compresa tra 240 cm e 8 m e non permette rapporti diretti tra gli interlocutori. È la tipica distanza mantenuta dai relatori che tengono discorsi o dai professori che parlano agli studenti. Considerata l’ampiezza dello spazio, in questa zona il tono della voce è alto, i gesti devono essere più ampi e le espressioni ancora più marcate per rinforzare il linguaggio verbale.

Gestire gli spazi in modo corretto significa studiare attentamente le distanze che ci separano dagli altri e capire quando è il momento di ridurle o aumentarle, cercando di prendere confidenza poco alla volta, senza correre il rischio di infastidirli. Un altro elemento importante nella comunicazione è il contatto fisico e l’insieme dei gesti codificati, come la stretta di mano o il bacio sulle guance, e di quelli legati all’inconscio, come il tocco del braccio o la classica pacca sulla spalla. Tutte le volte che sfioriamo qualcuno, anche involontariamente, creiamo una relazione di intimità e lanciamo segnali importanti, che potranno avere conseguenze positive o negative. Anche un contatto furtivo, appena accennato, può avere importanti ripercussioni sulla sfera emotiva e comportamentale. Numerosi esperimenti hanno dimostrato che il tatto ha un potere subliminale non indifferente: talvolta basta uno sfioramento – senza che neppure ce ne accorgiamo – per farci cambiare idea. Inoltre, questo tipo di contatto trascende le barriere sessuali: sembra che le persone tendano ad accettare di buon grado le richieste altrui se vengono sfiorate leggermente, a prescindere dal sesso degli interlocutori. Questo fenomeno, probabilmente, dipende dal fatto che alcuni tipi di contatto fisico vengono percepiti come rassicuranti, gradevoli e aumentano il buonumore. Un effetto simile viene esercitato dal sorriso e dallo sguardo, che aiutano a instaurare fin da subito un rapporto più intenso con gli altri. Dietro ogni minimo gesto, ogni contatto, si nascondono significati profondi che dobbiamo tenere in considerazione se vogliamo instaurare una comunicazione efficace. Per questo è fondamentale ascoltare attivamente i clienti, in modo da comprenderne i bisogni e capire in che modo si relazionano con gli altri. Ascoltare significa prima di tutto osservare le loro espressioni, la postura, i movimenti, per capire come reagire alle loro richieste, ma anche a quale distanza mantenersi, con che forza stringergli la mano e con quale intensità guardarli negli occhi.

Il visual merchandising e la gestione degli spazi espositivi

Il visual merchandising è una disciplina di carattere economico finalizzata all’incremento dei risultati commerciali del punto vendita. Si basa su tecniche di comunicazione visiva che vengono applicate all’esposizione dei prodotti all’interno del punto vendita. La disposizione dei prodotti nelle vetrine e sugli scaffali è di per sé un potente strumento comunicativo in grado di suggestionare, informare, proporre, persuadere. All’interno del punto vendita tutto deve essere predisposto in maniera strategica in modo da permettere ai clienti di raggiungere i prodotti che desiderano e ottenere le informazioni che cercano. Anche la cartellonistica relativa alle promozioni è molto importante e deve essere chiara, facilmente leggibile e non eccessivamente invasiva, per non infastidire. In modo analogo, il visual merchandising deve aiutare i consumatori a raggiungere le aree giuste per soddisfare gli acquisti programmati, ma deve anche invogliarli a effettuare acquisti di impulso creando bisogni nuovi e inattesi. L’atmosfera può essere definita come il risultato integrato di tutti gli stimoli (sensoriali e razionali) che il cliente riceve all’interno del punto vendita e che, insieme alle politiche di assortimento, di prezzo, di comunicazione e di servizio, contribuiscono a crearne l’immagine. In generale vengono considerati 4 elementi:

– l’esterno: è l’insieme degli elementi che comunicano con i consumatori che non sono ancora entrati nel punto vendita (facciata, insegne, vetrine, entrata, architettura, parcheggio…);

– l’interno: è l’insieme degli elementi che vanno a definire il design (pavimentazione, illuminazione, climatizzazione, pareti, banconi, scale, elementi sensoriali, immagini…);

– il display interni: tutte le attività di merchandising che riguardano le tecniche e le modalità di esposizione, il posizionamento dei prodotti negli spazi espositivi, la cartellonistica, i monitor …;

– il layout: è la disposizione degli spazi assegnati al punto vendita, che deve essere tale da indirizzare il flusso dei clienti su tutta la superficie espositiva, agevolando il processo di acquisto. Un layout efficace e curato nei minimi dettagli deve essere in grado di informare (una volta catturata l’attenzione dei clienti, bisogna fornire loro le motivazioni giuste per procedere all’acquisto dei prodotti e in questa fase le corrette informazioni giocano un ruolo determinante); incuriosire (i prodotti devono essere esposti in modo tale da catturare l’attenzione del cliente e incuriosirlo, inducendolo a fermarsi, a guardarsi intorno); gratificare (il piacere che i clienti provano all’interno del punto vendita dipende, oltre che dalla cura dell’atmosfera, anche dall’organizzazione degli spazi, dalla qualità del servizio e dalla capacità del personale di farli sentire a proprio agio); proporre (l’esposizione non deve limitarsi a vendere singoli prodotti, ma deve suggerire alternative e fornire soluzioni adatte alle richieste del pubblico, proponendo i beni e i servizi più adatti alle esigenze individuali di ogni cliente);  persuadere (il fine ultimo di qualsiasi azione commerciale è convincere il cliente ad acquistare un bene o un servizio e l’efficacia di questa attività di persuasione dipende in larga misura dall’atmosfera del punto vendita e dall’attitudine del personale addetto alla vendita).

Anche le vetrine sono molto importanti e per essere efficaci devono essere coerenti con il layout della farmacia, modulabili e facilmente adattabili, comunicare messaggi sintetici e precisi senza creare false aspettative e attrarre i passanti. II centro ottico della vetrina, definito anche punto focale, è una zona situata su una retta che parte dall’occhio dell’osservatore medio a un’altezza compresa tra 150 e 180 centimetri. L’attenzione degli osservatori deve essere indirizzata verso questo punto che determina idealmente due settori nella vetrina: uno sopra e uno sotto. Lo spazio superiore solitamente viene dedicato agli elementi decorativi e funge da richiamo coreografico; nello spazio inferiore, invece, vengono posizionati i prodotti da promuovere e le informazioni commerciali. È stato calcolato che lo sguardo degli osservatori viene focalizzato nel centro ottico per un periodo che oscilla da una frazione di secondo a qualche decina di secondi, dopodiché si sposta in altri punti esplorando in modo più o meno veloce il resto della vetrina. Anche se ognuno di noi agisce in modo soggettivo, generalmente il nostro sguardo si posa prima sul centro ottico, per poi spostarsi sui piani bassi della vetrina e successivamente sulle zone più alte. A seconda della disposizione degli spazi e della conformazione strutturale, le vetrine si dividono in:

chiuse: sono completamente isolate dall’interno del punto vendita attraverso pannelli o scaffali e ne impediscono la vista dall’esterno. Questa struttura concentra l’attenzione dei passanti sugli allestimenti e sulla merce esposta, che diventa protagonista indiscussa della scenografia e deve svolgere egregiamente il suo ruolo, ovvero invitare i passanti a entrare in farmacia. Le vetrine chiuse esprimono un messaggio chiaro e trasmettono sensazioni ed emozioni attraverso l’uso integrato e bilanciato dei colori, dei materiali e delle luci;

parzialmente chiuse: sono in parte chiuse, ma permettono ai passanti di intravedere l’interno del punto vendita. Offrono i vantaggi delle vetrine aperte e di quelle chiuse, valorizzando gli oggetti esposti senza nascondere gli ambienti interni del negozio.

aperte: non sono separate dall’interno del punto vendita, pertanto i passanti dall’esterno possono vedere gli ambienti del negozio e i prodotti e gli oggetti esposti diventano parte integrante dell’arredamento. In questo caso tutti gli elementi che compongono la vetrina (prodotti, attrezzature, colori, luci) devono essere integrati con il punto vendita, che diventa lo sfondo naturale dell’allestimento.

 Andrea Bovero, Comitato Internazionale di Estetica e di Cosmetologia (CIDESCO) Sezione Italia – Istituto Internazionale Scienze del Benessere