Il microbiota in simbiosi con l’uomo

enterobacteriaceaeLe ricerche sull’azione dei probiotici negli ultimi anni hanno fatto diversi passi avanti. I batteri che convivono nel nostro corpo non si limitano a metabolizzare i nutrienti, ma interagiscono con l’organismo influenzandone la fisiopatologia.

I media di comunicazione (scientifici e no) stanno dedicando molto spazio alle attività fisiologiche svolte dalla flora batterica intestinale. Ci si è, infatti, resi conto che l’organismo umano contiene molti più microorganismi che cellule. Alcuni hanno addirittura coniato la definizione di “super-organismo”, per riassumere la simbiosi tra uomo e batteri. Spesso il farmacista si trova a dover rispondere a un paziente che sospetta che anche questa sia una moda passeggera o che, al contrario, è convinto dei benefici derivanti dal consumo di probiotici. Dato che la ricerca sui probiotici e le notizie pubblicate a suo corredo spaziano dal ruolo sull’umore a quello sull’immunità, passando per obesità e allergie, cerchiamo sinteticamente di fare un punto chiaro sullo stato attuale delle conoscenze.

Nuovo termine per scoperte recenti

La flora batterica intestinale viene denominata microbiota (termine che ha sostituito la vecchia denominazione di “microflora”) ed è un ecosistema formato da molte nicchie ecologiche, con diverse specie batteriche e una grande quantità di ceppi diversi. Il microbiota è in stretto contatto con la mucosa intestinale o interfaccia epiteliale che è, dopo l’area respiratoria, la più grande superficie del corpo, occupando circa 250-400 m2.

Sia il microbiota sia la mucosa, insieme al muco, formano la cosiddetta barriera mucosa, un importante sistema di difesa contro fattori potenzialmente immunogeni o patogeni presenti nel lume. Infatti, l’interfaccia epiteliale separa il lume, contenente microbiota e residui organici di alimenti e secrezioni (salivare, gastrico, pancreatico, biliare, intestinale), dal sistema specifico linfoide associato all’intestino (Gut Associated Lymphoid System, GALT).

I microrganismi che costituiscono la flora batterica non sono equamente distribuiti lungo il tratto digestivo. Attraverso le loro attività metaboliche, questi batteri svolgono un ruolo importante nell’utilizzo di nutrienti ingeriti con il cibo, ma influenzano significativamente anche lo sviluppo e le funzioni del sistema immunitario oltre ad altre attività fisiologiche. In breve, il microbiota non si limita a metabolizzare i nutrienti, ma interagisce con l’organismo influenzandone la fisiopatologia. È importante osservare, per esempio, che la capacità della flora batterica, che dipende dalla sua composizione, di “estrarre” calorie da una dieta potrebbe spiegare le interpretazioni fisiopatologiche del sovrappeso e dell’obesità.

Le ricerche più avanzate

Il microbiota di ogni individuo ha una specifica “impronta batterica”, quasi un’impronta digitale diversa dagli altri individui. Tuttavia, esiste un nucleo di almeno 57 specie batteriche che possono essere considerati comuni a tutti gli esseri umani. La comunità microbica è tipicamente dominato da 2 phyla batteriche, cioè bacteroidetes e firmicutes, che rappresentano più del 90% dei gruppi filogenetici presenti nell’intestino umano, almeno nella sua parte distale. Le relazioni che si stabiliscono tra microbiota e organismo ospitante possono essere sia commensali sia simbiotiche. I batteri del microbiota, come scritto, sono essenziali nel facilitare l’assorbimento delle sostanze nutritive (per esempio consentendo l’idrolisi di alcuni carboidrati altrimenti non digeribili), nel prevenire la colonizzazione intestinale e, quindi, l’ingresso nell’organismo di microrganismi patogeni.

Il microbiota intestinale umano è attualmente al centro di tecniche di ricerca molto avanzate – tra cui studi sul genoma batterico (microbioma) – i cui risultati sono pubblicati su prestigiose riviste scientifiche.

Due grandi progetti, basati sul sequenziamento sistematico del DNA del microbiota, sono attualmente in corso: a) il progetto microbioma umano (Human Microbiome Project HMP) negli Stati Uniti e b) il Metagenomica dell’Intestino umano (Metagenomics of the Human Intestine metaHIT), che si svolge in Europa.

Dal microbiota ai probiotici

Secondo la definizione di FAO/OMS, emessa da un gruppo di esperti convocato nel 2001, i probiotici sono: «organismi vivi che, somministrati in quantità adeguata, apportano un beneficio alla salute dell’ospite»; in Italia, il ministero della Salute ha definito i probiotici come «microrganismi vivi e vitali che conferiscono benefici alla salute dell’ospite quando consumati, in adeguate quantità, come parte di un alimento o di un integratore», essenzialmente riprendendo la definizione delle due organizzazioni delle Nazioni Unite. Va sottolineato che la definizione FAO/OMS non menziona l’origine umana del ceppo batterico come criterio per la scelta della definizione di probiotici e, invece, si basa sul tipo di effetto causato. Questo trasferimento di definizione da finalità scientifiche alla regolamentazione ha portato a considerare il termine “probiotico” che, nella sua definizione originaria, implica un beneficio per la salute, come un vero e proprio health claim, ai sensi del famoso regolamento (CE) n.1924/2006; questo interpretazione, se confermata, porterà da un lato a restrizioni all’uso del termine in alimenti e integratori, ma, probabilmente, permetterà anche ai consumatori di identificare immediatamente i ceppi batterici (ricordiamo che, per motivi di marketing, le aziende non parlano quasi mai di “batteri”, ma usano il temine “fermenti lattici”) e i prodotti per i quali è stato dimostrato un effetto benefico sulla salute. Da un punto di vista funzionale, dati sperimentali suggeriscono che i probiotici possono contribuire al rafforzamento delle attività della barriera mucosa intestinale, influendo in particolare sulle cellule epiteliali intestinali (IEC) e sui macrofagi.

In conclusione, una recente review di Aureli e collaboratori (pubblicata in Pharmacological Research 2011) ha riscontrato che alcuni effetti dei probiotici sulle funzioni normali o patologiche dell’organismo sono ben documentati e il loro impiego, da soli o in combinazione con altre terapie, può essere considerato come evidence-based (vedi riquadro). Tuttavia, per altre condizioni cliniche sono necessari ulteriori studi, giacché le prove disponibili non sono sufficienti per dimostrare l’efficacia dei probiotici.
In generale, gli effetti sono “ceppo-specifici” e non possono essere estesi ad altri probiotici dello stesso genere o specie, inoltre la complessità della ricerca sui probiotici suggerisce l’adozione di strumenti per valutare i loro effetti che siano diversi da quelli classicamente per valutare le azioni dei farmaci.

Una sintesi degli effetti dei probiotici più documentati

1) L’influenza sulla composizione del microbiota, attraverso il consumo di batteri probiotici, può contribuire in modo significativo alla salute e al benessere umani;

2) la valutazione dei possibili effetti benefici deve essere specifica per ogni combinazione di ceppi e non limitata agli effetti dei diversi ceppi misti,

3) la quantità di batteri probiotici usata per indurre effetti benefici, così come i possibili effetti del cibo (matrice), devono essere estrapolati dai dati sperimentali e l’assunzione deve essere prolungata nel tempo;

4) in soggetti sani, alcuni probiotici contribuiscono in modo significativo alla riduzione del disagio intestinale;

5) alcuni probiotici possono contrastare i patogeni intestinali attraverso la produzione di citochine, defensine ecc. o per esclusione competitiva;

6) alcuni probiotici contribuiscono alla prevenzione della diarrea infettiva nei bambini;

7) alcuni probiotici sono associati a un miglioramento complessivo dei disturbi funzionali intestinali (gonfiore, dolori addominali ecc.) tipici della sindrome dell’intestino irritabile;

8) alcuni probiotici riducono la frequenza e la gravità di enterocolite necrotizzante nei neonati prematuri;

9) vi è la possibilità di utilizzare probiotici per accelerare la remissione clinica nella malattia infiammatoria intestinale (IBD) anche se, al momento, mancano solide prove sperimentali;

10) alcuni probiotici, probabilmente a causa della stimolazione di vie immunitarie aspecifiche, sembrano ridurre la durata e/o la gravità delle infezioni virali stagionali;

11) lavori preliminari, anche se non univoci, suggeriscono che ceppi specifici di probiotici possono ridurre l’incidenza o le manifestazioni di alcuni disturbi dermatologici tipici delle malattie allergiche nei bambini;

12) alimenti contenenti probiotici hanno dimostrato di essere sicuri sia nella popolazione sana sia in pazienti.

Francesco Visioli