Industria farmaceutica italiana: grandi performance e nodi irrisolti

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L’industria farmaceutica italiana, nonostante la crisi e le incertezze, sia a livello nazionale che internazionale, ha fatto registrare, nel corso dell’ultimo decennio, 2009-2018, un trend di crescita di tutto rilievo, con un +38% del fatturato

Primo produttore di farmaci in Europa anche nel 2018, con un valore intorno ai 32 miliardi di euro, il settore farmaceutico italiano rappresenta un fiore all’occhiello dell’industria nazionale che pesa per l’1,8% sul prodotto interno lordo, il valore più alto tra i Paesi dell’UE. Segue la Spagna con l’1,3%, mentre Germania, Francia e Regno Unito si attestano allo 0,9%. Nonostante la crisi e le incertezze, sia a livello nazionale che internazionale, l’industria farmaceutica italiana ha fatto registrare, nel corso dell’ultimo decennio, 2009-2018, un trend di crescita di tutto rilievo, con un +38% del fatturato. Sono questi alcuni dati emersi dal rapporto I-Com “L’innovazione della vita. Ricerca, produzione e digitalizzazione nel settore farmaceutico per un modello italiano di successo” presentato a Roma il 1 ottobre.

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Industria farmaceutica: export e occupazione

Particolarmente significativa la crescita dell’export, che nel 2018 si è attestata a 25,9 miliardi di euro, segnando un +125% nel corso dell’ultimo decennio. Tra i prodotti maggiormente esportati, per un valore di 8,8 miliardi di euro nel solo 1° quadrimestre dell’anno in corso,  medicinali e preparati farmaceutici.

Bene anche la crescita dell’occupazione nel comparto, che nel quinquennio 2014-2018 ha fatto registrare un +8,6%; un valore nettamente superiore a quello di altri comparti. Nello specifico, i lavoratori occupati hanno raggiunto le 66.500 unità, con un aumento dell’1,7% nell’ultimo anno.

Ricerca & Sviluppo nell’industria farmaceutica

A fronte di una situazione complessiva alquanto positiva, il rapporto segnala, tuttavia, un forte ritardo negli investimenti in ricerca e sviluppo rispetto agli altri Paesi dell’area UE. Infatti, l’Italia si posiziona agli ultimi posti rispetto ai grandi dell’Europa, seguita solo dalla Spagna. Complessivamente, in Italia, gli investimenti in ricerca e sviluppo (seppur in crescita nel corso dell’ultimo decennio, con un + 35%) sono stati di appena 1,7 miliardi di euro.

industria farmaceutica ricerca e sviluppo

“I dati dimostrano l’importanza dell’industria farmaceutica nel tessuto economico e manifatturiero italiano”, ha sostenuto il presidente I-Com Stefano Da Empoli nel corso della presentazione.  “Il nostro Paese ha consolidato il primato europeo trainato dall’export sulla produzione e negli ultimi anni ha fatto anche registrare un significativo recupero dal punto di vista occupazionale. Anche la ricerca, sebbene su livelli inferiori rispetto alle potenzialità del nostro Paese, presenta un trend in crescita. Numeri positivi che dipendono, in parte rilevante, dall’impegno delle aziende a capitale estero che operano e investono in Italia. Un segnale inequivocabile di fiducia che non deve far tuttavia dimenticare al nostro Paese le criticità irrisolte”. E il rimando è, come prevedibile alla governance, ai tetti di spesa e al payback che danno vita a crescenti squilibri. È stato altresì ricordato che gli investimenti del settore verso l’innovazione producono un impatto importante non solo sulla vita dei pazienti, ma anche sulla qualità e quantità di cure erogate dal sistema sanitario nazionale e, complessivamente, sull’economia del Paese.

Favorire l’imprenditoria nel settore farmaco

Tra le principali proposte avanzate da I-Com spicca l’adozione di provvedimenti che favoriscano l’imprenditoria del settore, attraverso: il riconoscimento di detrazioni ed esenzioni per gli investimenti in ricerca e sviluppo, la gestione unitaria delle politiche farmaceutiche e di quelle sanitarie, la creazione di un unico fondo per i farmaci innovativi e per quelli oncologici, in modo tale che le nuove cure siano messe a disposizione di tutti i pazienti che ne necessitano,  una rimodulazione dei tetti di spesa. Infine, è stata enfatizzata l’esigenza di pervenire, al più presto, ad una reale digitalizzazione del settore, che ancora incontra ritardi e ostacoli, che non si traduca soltanto in una dematerializzazione dei processi, ma che contempli una corretta e continua formazione del personale.

Attenzione alla delocalizzazione e al regionalismo sanitario

Tra gli interventi dei relatori che si sono succeduti, del mondo della politica e dell’industria, da segnalare quello di Giovanni Leonardi, Direttore Generale della ricerca e dell’innovazione in sanità del Ministero della Salute, il quale ha evidenziato l’esigenza di aumentare gli investimenti in ricerca e sviluppo, pena il rischio, nel medio periodo, di una delocalizzazione produttiva, e messo in guardia contro l’alto costo dei farmaci innovativi che rischia di far saltare il patto sociale tra Stato e cittadini.  Altro argomento emerso con forza nel corso dell’incontro è stato quello del regionalismo sanitario, il quale, soprattutto con riferimento all’accesso alle cure e ai farmaci innovativi, sta creando un divario crescente tra le diverse regioni. “Il regionalismo può avere dei vantaggi, ma occorre mantenere la stessa accessibilità per tutti i pazienti” ha sottolineato Massimo Annichiarico, direttore generale del San Giovanni Addolorata e rappresentante Fiaso.