Inibitori di pompa protonica, attenzione agli effetti avversi

Anche l’agenzia del farmaco italiana (AIFA) ha dato spazio ai risultati di questo studio pubblicato a febbraio. Alcuni ricercatori statunitensi  hanno messo in evidenza, infatti, dei dati sugli effetti negativi dell’uso, spesso eccessivo, degli inibitori di pompa protonica, largamente impiegati negli USA (ma anche in Italia, come rilevano i dati OsMed) per il trattamento della dispepsia e per la prevenzione del sanguinamento gastrointestinale nei pazienti cui è prescritta una terapia antiaggregante.

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Gli studiosi, sulla scia di precedenti analisi effettuate già a partire dal 2010 nell’ambito degli approfondimenti “Less is More” della rivista scientifica, hanno condotto una serie di revisioni sistematiche portando ulteriori elementi a supporto della tesi di una sovra-prescrizione dei PPI, nella convinzione errata che tali medicinali comportino scarsi effetti collaterali.

“In realtà”, si legge sul sito dell’AIFA, “molteplici studi osservazionali di alta qualità hanno documentato probabili nessi causali con l’uso di PPI e reazioni avverse, fra cui aumento di malattie renali acute e croniche; fratture; ipomagnesemia, infezioni da Clostridium difficile e polmonite; rischio cardiovascolare”.

In tutti i pazienti e specialmente in quelli che utilizzano dosi elevate di inibitori di pompa, viene suggerito nell’articolo, devono essere monitorati i livelli di creatinina sierica e di magnesio, vista l’associazione con l’insorgere di malattie renali e bassi livelli di magnesio.

In generale, si raccomanda di discutere sempre con il proprio medico potenziali rischi e benefici del trattamento e la possibilità di ricorrere ad alternative terapeutiche valide, insieme a modifiche dello stile di vita.

Adam Jacob Schoenfeld, Deborah Grady. Adverse Effects Associated With Proton Pump Inhibitors JAMA Intern Med. 2016;176(2):172-174.