Iqvia: i biosimilari possono generare grandi risparmi

I biosimilari possono generare grandi risparmi per la sanità pubblica, stimabili in quasi 60 milioni annui per i prossimi cinque anni secondo i dati dello studio “Farmaci biologici e biosimilari: scenari terapeutici e stima del risparmio per il Sistema Sanitario italiano” pubblicato da Iqvia.

La ricaduta derivante dall’introduzione sul mercato, nell’ultimo decennio, dei biosimilari (ovvero la versione generica dei farmaci biologici) è duplice: da un lato, infatti, essi stimolano la competizione coi prodotti branded e, quindi, la conseguente riduzione dei prezzi. Dall’altro, la disponibilità di medicinali biologici “genericizzati” favorisce la sostenibilità dei trattamenti da parte del Servizio sanitario nazionale. E lo scenario non può che migliorare ulteriormente, vista la prossima scadenza di molti brevetti e la conseguente entrata in scena della “terza ondata” di biosimilari.
L’adozione dei biosimilari è sostenuta anche dall’Agenzia italiana del farmaco, che con il Secondo Position Paper sul tema pubblicato ad aprile 2018 ha ribadito la possibilità di interscambiare i farmaci biosimilari con gli originator anche nei pazienti già in cura, poiché il rapporto rischio-beneficio dei biosimilari è il medesimo di quello dei medicinali di riferimento.

 

L’analisi sull’andamento dei prezzi e del mercato

Il valore totale del mercato dei principali prodotti biologici che hanno perso o perderanno la protezione brevettuale tra il 2017 e il 2022, calcolato su otto prodotti (adalimumab, trastuzumab, bevacizumab, oxaparina sodica, insulina lispro, ranibizumab, teriparatide e pegfilgrastim), superava il miliardo di euro già nel 2017. La stima di spesa cumulata per gli otto medicinali originator nei prossimi cinque anni raggiunge quasi i 6,5 miliardi di euro, escludendo la competizione diretta da parte dei biosimilari.
Iqvia ha stimato nel 20% la riduzione media dei prezzi indotta dalla competizione diretta dei biosimilari rispetto agli otto farmaci biologici considerati. A ciò fa seguito un risparmio medio annuo di quasi 60 milioni, a cui si aggiunge un risparmio cumulato variabile tra 299 e 488 milioni di euro (quest’ultima cifra legata a una ipotetica diminuzione dei prezzi del 30%).
Il fatturato del comparto dei farmaci biologici a livello globale è crescita del 57% negli ultimi cinque anni, fino a raggiungere i 267 miliardi di dollari. La market share è passata dall’8% del 2012 all’11% nel 2017. Il mercato è atteso a una ulteriore fase di espansione nel prossimo decennio, guidata dall’introduzione di nuovi farmaci biologici in aree terapeutiche in cui sono finora stati assenti e la competizione con i biosimilari.

I trend per i farmaci biosimilari

La penetrazione dei farmaci biosimilari nei diversi paesi europei è ancora molto frastagliata, con paesi che vedono la copertura pressoché totale del mercato per certi principi attivi, come ad esempio in Finlandia, Norvegia, Polonia e Danimarca per infliximab, che ha raggiunto il 100% dell’uptake, o la Danimarca, dove etanercept ha raggiunto la copertura totale dei pazienti. Quest’ultimo biosimilare è, invece, ancora poco diffuso in Francia e Spagna (meno del 10%). Altri farmaci, come l’insulina glargine, sono meno diffusi o, nel caso di lanci più recenti come per il rituximab, il livello di adozione è ancora molto eterogeneo (quasi il 70% in UK, 10% in Spagna).
La penetrazione di infliximab biosimilare sul mercato italiano è stata del 60,9% nel 2017; altri prodotti si sono guadagnati una buona quota di mercato (epoietina 69%, ormone della crescita 67% e G-CSF 94%), mentre altri ancora faticano ad affermarsi (anti-TNF 34%, FSH 11% e insulina glargine 15%) (dati Iqvia).
In generale, i biosimilari sono più presenti nelle Regioni che per prime hanno emanato regolamenti e politiche per promuovere il loro ingresso nei piani terapeutici (Toscana, Emilia-Romagna, Campania, Sicilia, Piemonte/Val d’Aosta). Le Regioni che si sono attivate più tardi o con modalità meno focalizzate (Lazio, Umbria, Sardegna e, con l’eccezione di anti–TNF, Lombardia) sono ancora indietro nello sviluppo di questa fetta di mercato. Secondo Iqvia, nonostante Trentino e Liguria abbiano prodotto regolamenti poco focalizzati, le due regioni sono riuscite a ottenere una quota di mercato per i biosimilari superiore alla media nazionale del 25%.