La gaffe del decalogo sulle intolleranze alimentari di Fnomceo

Ha avuto breve vita la prima edizione del decalogo condiviso “Dieci regole per gestire le intolleranze alimentari”, presentato un decina di giorni fa, un’iniziativa condivisa tra la Federazione degli ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri (Fnomceo), le principali società scientifiche di settore e sotto l’egida del ministero della Salute che aveva subito suscitato le proteste da parte delle rappresentanze del farmacisti italiani. Il documento, infatti, consigliava di “non effettuare test per intolleranze alimentari non validati scientificamente in centri estetici, palestre, farmacie, laboratori o in altre strutture non specificatamente sanitarie, in quanto “solo il medico può fare diagnosi”.

Il documento è ancora reperibile nel momento in cui scriviamo sul sito di Adi – Associazione italiana di dietetica e nutrizione clinica, mentre la pagina dedicata sul sito web di Fnomceo non è attiva.
Confermiamo che ogni diffusione del decalogo è stata sospesa in attesa di una revisione del testo”, scrive la responsabile dell’ufficio stampa della Federazione dei medici, Michela Molinari, in una lettera di smentita pubblicata da Quotidiano Sanità circa il fatto che il documento fosse stato pubblicato anche sul nuovo portale “Dottore ma è vero che?”, sviluppato da Fnomceo come mezzo di contrasto alle fake news in tema di salute.

Dura reazione da parte di Federfarma

Affermare che la farmacia non è una struttura sanitaria, significa negare l’evidenza”, è stata la reazione della Federfarma. Il comunicato emesso dall’associazione ricorda anche i fondi assegnati dalla legge di Bilancio 2017 per la sperimentazione di alcuni dei servizi in farmacia e l’iniziativa DiaDay, il primo screening nazionale gratuito del diabete in farmacia che ha permesso di controllare più di 160 mila persone e scoprire più di 4 mila casi di diabete non diagnosticato nell’arco di una decina di giorni giorni. Anche i servizi di telemedicina in farmacia sembrano trovare l’interesse del pubblico, a giudicare dalle oltre 65 mila prestazioni erogate nel 2017 e seguite in più di 2 mila casi dal consiglio di contattare il pronto soccorso o un medico specialista per approfondire problemi di tipo cardiocircolatorio.
A parte lo spiacevole errore contenuto nel testo, che auspichiamo sia prontamente eliminato, comprendiamo il significato del decalogo come valido strumento per sfatare pregiudizi e false credenze, spesso veicolate on line, sulle diete e sulle intolleranze alimentari” ha commentato il presidente di Federfarma, Marco Cossolo. “Mi auguro anche che Federfarma sia in futuro coinvolta nella realizzazione di simili iniziative di educazione sanitaria, perché credo fortemente che la sinergia tra i vari professionisti del settore possa dare frutti positivi a tutto vantaggio della salute pubblica. E questa sinergia si ottiene attraverso un continuo confronto tra gli operatori sanitari interessati”.

Fofi dal canto suo si è mossa con una diffida a proseguire la pubblicazione del decalogo non appena la notizia è stata diffusa dagli organi di stampa firmata dal sen. Andrea Mandelli, presidente della federazione degli ordini dei farmacisti. L’accostamento della professione di farmacista a figure non sanitarie è stata accolta con “indignazione” per l'”inaccettabile accostamento”. Fofi ha chiesto quindi “l’immediata modifica del decalogo, con l’espunzione di ogni riferimento lesivo della professione del farmacista in farmacia”.

Il risultato immediato è stato quello di ottenere la sospensione della pubblicazione e della diffusione del decalogo dal recente sito anti-fake news dottoremaeveroche.it , lanciato la scorsa settimana dalla federazione professionale dei medici.

Un’offesa per l’intera categoria

L’inclusione dei farmacisti tra “coloro che praticano professioni sanitarie senza averne alcun titolo” è stata recepita come un’offesa per l’intera categoria, che include gli operatori che lavorano presso le circa 18 mila farmacie sparse sul territorio italiano. “Il farmacista è un professionista sanitario e la farmacia è una struttura sanitaria”, ha subito replicato dal suo sito l’Associazione scientifica farmacisti italiani (Asfi), che si è nettamente dissociata dalla definizione di “struttura non propriamente sanitaria” attribuita alla farmacia all’interno del decalogo.
I farmacisti, anzi, sono i professionisti sanitari spesso più a diretto contatto con le necessità quotidiane dei cittadini, che in essi ripongono fiducia per consigli competenti e disinteressati. I farmacisti, quindi, “non meritano di essere accomunati al ‘personale non sanitario’ che opera, senza nessuna formazione universitaria, in ‘palestre e centri estetici’, come risulta dal punto 3 del ‘Decalogo’”, si legge nel comunicato stampa emesso da Asfi. La farmacia dei Servizi, del resto, rappresenta un punto cardine della nuova visione integrata dell’offerta del Sistema sanitario nazionale, con importanti compiti in tema di prevenzione e mantenimento della salute dei cittadini.
La piena condivisione di tutti gli altri contenuti esposti dal Decalogo è, per Asfi, un motivo in più per dispiacersi dell’”inaccettabile definizione” sulla professionalità dei farmacisti. Proprio per salvaguardare il patrimonio di fiducia riposto dai cittadini nella professione del farmacista “è necessario che essa sia esercitata sempre ponendo la massima attenzione all’eticità del proprio comportamento, alla qualità del servizio e alla selezione delle prestazioni erogate”, sottolinea il comunicato di Asfi, che invita i titolari delle farmacie a diffidare di fornitori di beni e servizi che propongano l’acquisto o il noleggio di apparecchiature che erogano alla clientela test non validati dalla comunità scientifica, e che non siano certificati CE per l’autoanalisi.

Il business dei test sotto la lente

Lo scopo dell’iniziativa firmata da Fnomeo con una decina di società scientifiche attive sui temi della nutrizione è combattere la diffusione dei test, spesso non scientificamente validati, che vengono erogati anche al di fuori dei canali sanitari – “frequentemente da personale non ascrivibile all’ambito sanitario” – allo scopo di identificare supposte intolleranze a determinati alimenti. I test non validati citati dal decalogo Fnomceo sono il dosaggio IGg4, il test citotossico, l’Alcat test, i test elettrici (vega-test, elettroagopuntura di Voll, bioscreening, biostrengt test, sarm test, moratest), il test kinesiologico, il dria test, l’analisi del capello, l’iridologia, la biorisonanza, i pulse test e il riflesso cardiaco auricolare
Le intolleranze alimentari, peraltro, non sarebbero la causa scatenante di condizioni quali sovrappeso o obesità, che discendono piuttosto da stili di vita sbagliati e che possono portare a escludere dalla dieta alimenti importanti al fine del mantenimento del corretto apporto di tutti i nutrienti.
Il decalogo sconsiglia di ricorrere a diete di esclusione autogestite, che devono essere sempre basate su specifiche indicazioni nutrizionali; ciò vale anche per l’esclusione del glutine dalla dieta, che dovrebbe sempre essere conseguenza di una corretta diagnosi medica. “La dieta è una terapia e pertanto deve essere prescritta dal medico”, si legge al punto 8 del decalogo. Il successivo punto 9 specifica che gli specialisti deputati a una corretta diagnosi sono il dietologo, il medico di medicina generale, il pediatra di libera scelta, l’allergologo, il diabetologo, l’endocrinologo, il gastroenterologo, l’internista o il pediatra.