Lo scorso 24 febbraio Fondazione Roche e Cooperativa La Meridiana hanno promosso un’occasione di incontro e riflessione sull’impatto sociale e sanitario delle malattie neurodegenerative e delle demenze ospitato al Paese Ritrovato, un rivoluzionario esempio di presa in cura di pazienti con Alzheimer che testimonia la possibilità di unire la cura alla “care”

Il progressivo invecchiamento della popolazione sta determinando un numero sempre crescente di pazienti affetti da malattie neurodegenerative e demenze. Si stima che a sviluppare una patologia neurologica sia ad oggi un italiano su tre; inoltre, nell’ultimo trentennio il 39% dei decessi è risultato correlato a patologie di quel tipo.

Si tratta di numeri importanti e in continua crescita: l’incidenza della malattia di Alzheimer, che attualmente colpisce 600mila soggetti, passerà dai 204.584 nuovi casi all’anno del 2020 ai 288.788 del 2040.

Guardare a un nuovo modello di presa in cura

Riaccendere l’attenzione su queste tematiche risulta dunque prioritario, dal momento che l’assistenza a persone con demenza e altre patologie neurodegenerative appare ancora troppo frammentata e sovente in tutto o in parte sulle spalle dei familiari. Inoltre, occorre trovare nuove direttrici che guidino verso un rinnovamento del modello assistenziale a questa categoria di pazienti nella direzione di una maggiore sostenibilità da una parte, e di una maggiore dignità per il paziente dall’altra.

Temi, questi, al centro dell’evento promosso lo scorso 24 febbraio a Monza da Fondazione Roche e Cooperativa La Meridiana e ospitato presso il teatro del Paese Ritrovato. Il Paese Ritrovato è un’esperienza rivoluzionaria avviata da Cooperativa La Meridiana – grazie anche a importanti donazioni ricevute – nel 2018. Un villaggio alle porte di Monza può ospitare fino a 64 pazienti affetti da Alzheimer, in uno spazio di 15 mila metri quadrati dotato di appartamenti, giardini, negozi, spazi comuni e attività, permettendo ai propri ospiti, nonostante la malattia, di vivere una vita piena e tornare a sentirsi parte di una comunità, a conferma del fatto che un’alternativa all’esclusiva medicalizzazione del percorso assistenziale esiste.

«Coniugare l’aspetto medico scientifico della cura alla relazione umana e culturale è un aspetto fondamentale affinché si possa sempre più migliorare la qualità della vita delle persone malate e di chi lavora con loro – ha commentato Roberto Mauri, Presidente di Cooperativa La Meridiana – La nostra Cooperativa è da anni impegnata nel contribuire a rinnovare la cultura della cura.

Le strutture di lungodegenza che accolgono le persone con demenza o con patologie neurovegetative complesse, oltre che offrire un’adeguata assistenza medica, secondo la nostra visione sono chiamate a mettere in campo un ampio e qualificato ventaglio di cure non farmacologiche, iniziative culturali, ludiche, espressive, e a promuovere alleanze a 360 gradi.

Riteniamo che la fragilità debba essere assistita e curata, ma al tempo stesso valorizzata. Serve abbandonare lo stigma della malattia, uscire dai luoghi comuni che generano solitudine ed emarginazione. I malati promuovono percorsi spirituali, propongono rielaborazioni interiori del dolore e della sofferenza, acquisiscono intuizioni che rappresentano ricchezze per la comunità e sfidano la cultura dominante che concepisce la vita come se fosse infinita, senza limiti ed immortale. Un’illusione che presto s’infrange sugli scogli della realtà dell’esistenza».

«Il tema della presa in cura delle fragilità mi sta molto a cuore perché interseca vari problemi che riguardano l’attuale situazione del nostro sistema sanitario nazionale  – ha commentato Mariapia Garavaglia, Presidente di Fondazione Roche – Le missioni 5 e 6 del PNRR avevano creato aspettative, che ora mi permetto di definire illusioni, perché i molti finanziamenti messi a disposizione sono destinati principalmente alle strutture e non all’organizzazione di servizi innovativi, fatta eccezione per la digitalizzazione.

In particolare, emerge una totale assenza di servizi dedicati alle grandi disabilità dovute alla malattia di Alzheimer e alle demenze. Le statistiche e la sociologia indicano con chiarezza come dovrà cambiare la presa in carico delle fragilità, intesa tanto come “cura” quanto come “care”. Quindi, non solo pura preparazione professionale, ma anche una proposta qualificata di atteggiamenti psicologici verso le persone fragili: dolcezza, attenzione, pazienza. Non solo virtù personali e volontaristiche, bensì scelte terapeutiche che possono restituire ai pazienti la pienezza della dignità che appartiene a ogni essere umano, anche nella sofferenza più profonda e imperscrutabile».

Una sola risposta: la ricerca

Nel corso dell’evento, Lorenzo Mantovani, direttore del Centro dipartimentale di studio sulla sanità pubblica dell’Università Bicocca di Milano, ha ricordato quanto l’incidenza di queste patologie sia crescente all’avanzare dell’età e quindi come l’Italia, tra i Paesi con una popolazione anziana tra le più numerose sia maggiormente esposto a queste problematiche. Una risposta a queste malattie, che coinvolgono non solo il paziente, ma anche i suoi caregiver, per lo più membri della sua famiglia, può essere offerta dalla ricerca: una ricerca costosa, ad alto tasso di fallimento, che richiede ingenti investimenti.

«Ringrazio Fondazione Roche e Cooperativa La Meridiana per l’impegno quotidiano e per le iniziative di sensibilizzazione e di riflessione che promuovono – ha commentato il Ministro alla Disabilità, Alessandra Locatelli – È fondamentale mettere la persona al centro di tutte le azioni e dei servizi, in modo da garantire percorsi mirati e una vita autonoma e indipendente.

Iniziative come quella promossa da La Meridiana sono certamente un valore aggiunto per il nostro territorio, per le persone più fragili e per le loro famiglie. Ringrazio di cuore chi opera ogni giorno per garantire a tutti una vita più dignitosa. Dobbiamo preservare l’unicità della persona stessa che non ha bisogno in modo alternativo di cura e assistenza in alcuni giorni, e di affetto, attività ricreative e relazioni in altri momenti. Ognuno ha bisogno di essere al centro di un progetto di vita che contempli aspetti sociali, sanitari e sociosanitari, è questa la strada giusta».