Da un lato il ricorso a farmaci di automedicazione, utilizzati in maniera più o meno responsabile, comunque senza il parere medico. Dall’altro la centralità del territorio e di alcune figure referenziali, in primis il medico di medicina generale e il farmacista. Aspetti apparentemente in contrasto tra loro, ma che delineano il “nuovo” approccio degli italiani alla salute a seguito della pandemia. Il profilo emerge da una survey quantitativa condotta da SWG per Assosalute, l’Associazione parte di Federchimica che rappresenta i produttori di farmaci di automedicazione.

Il sondaggio

Meglio informati, più educati all’uso dei farmaci, politica del “fai-da-te”, fiducia in trattamenti precedentemente intrapresi? Difficile dire quale sia la motivazione di fondo: fatto sta che gli italiani, per i piccoli malanni, sembrano voler gestire la propria salute da soli, senza consultare il proprio medico di famiglia (Mmg). Lo attestano i numeri dell’indagine: il 54% degli intervistati ha impiegato autonomamente farmaci di automedicazione almeno una volta al mese, in caso di problemi di lieve entità, mentre il 46% ne ha sempre una scorta preventiva in casa da utilizzare al bisogno.

Nonostante l’autonomia, però, resta forte il legame con il territorio. Professionisti sanitari, medici di famiglia e farmacisti si confermano, infatti, punto fermo per i cittadini per la gestione di piccoli disturbi, laddove non arrivano da soli. Da essi ricevono riposte o servizi di piena soddisfazione. Il 96% degli intervistati è soddisfatto o molto soddisfatto dalla farmacia dei servizi, che supera di una spanna l’indice di gradimento dei medici di base (che si ferma all’80%). È, inoltre, apprezzata e percepita da due terzi degli intervistati la sinergica collaborazione tra i due professionisti di primo riferimento: il farmacista di fiducia e il Mmg che, comunque sia, rimane la figura chiave in molte decisioni di salute.

Cosa auspicano gli italiani per il futuro? Il rapporto umano, l’empatia medico/professionista di riferimento e paziente. Pur riconoscendo il valore delle tecnologie, derivante ad esempio dalla telemedicina, gli italiani chiedono alle istituzioni di investire in nuove risorse umane: aumento di organico e sviluppo delle competenze tecniche, professionali e digitali in primo luogo.

Considerazioni presenti e future

Da un lato c’è certamente il plauso: «La cura consapevole della propria salute, anche attraverso una corretta gestione dei piccoli disturbi e un corretto ricorso ai farmaci di automedicazione e il rapporto con i propri referenti sul territorio sono elementi chiave per consolidare un approccio consapevole e responsabile del cittadino. A sua volta indispensabile per il successo del futuro assetto del Sistema Sanitario sui territori» dichiara Salvatore Butti, presidente di Assosalute.

Un ruolo importante è svolto e occupato dal comparto dell’automedicazione, efficace e utile per la sostenibilità del sistema. Sostenibilità che può essere ulteriormente favorita dallo sviluppo di modelli integrati di presa in carico del cittadino, dall’aumento di iniziative educazionali e di informazione alla popolazione sui temi della salute, così da accrescere la cultura sanitaria del Paese.

Dall’altro lato occorre considerare i bisogni insoddisfatti ravvisati e la proposta di soluzioni. Tra queste ultime, il riconoscimento delle potenzialità di modelli di approccio olistico alla salute, l’importanza di interfacciarsi correttamente con le innovazioni già presenti nel sistema, fino all’attenzione da riservare alla governance del sistema, all’equità di accesso alle cure e all’omogeneità regionale nell’erogazione dei servizi. Non ultimo, la già presente compenetrazione e contaminazione delle expertise, quale punto di forza: la collaborazione trasversale (forze politiche/istituzioni, pubblico e privato) è caratteristica saliente e determinante per garantire una sanità sostenibile e universale.