Dalla quarantena alla cassa integrazione, dai congedi parentali alle ferie obbligate, l’avvocato Marco Conti ci guida alla scoperta delle nuove norme che regolano il lavoro dei farmacisti dipendenti dietro il bancone
Quarantena, indennità, ferie obbligate. E ancora, congedo parentale e cassa integrazione. Al tempo del Covid-19, sono molti i farmacisti che cercano di vederci chiaro per quanto riguarda le tutele professionali. Un ambito nel quale dubbi e domande si affastellano, rischiando di addensarsi in un’impenetrabile nebulosa, che altro non fa che aggiungere incertezza a incertezza. Cominciamo, allora, con il rammentare i fondamentali.
«In questi mesi, il Governo ha emanato vari provvedimenti, ma quelli che più interessano il settore sono il decreto del presidente del Consiglio dei ministri dell’11 marzo 2020, chiamato Io resto a casa, e il decreto legge numero 18 del 17 marzo, battezzato Cura Italia» ricorda Marco Conti, avvocato e consulente giuslavorista nello studio legale Maresca Morrico Boccia & Associati di Roma. «Con il primo provvedimento il Governo è intervenuto limitando fortemente la libertà di movimento dei cittadini e sospendendo moltissime attività. Con il secondo ha, invece, individuato una serie di strumenti mirati a sostenere i cittadini e le imprese proprio in conseguenza delle misure restrittive emanate qualche giorno prima. Quest’ultimo provvedimento, in quanto emanato in via d’urgenza, è efficace per 60 giorni e necessita poi di una conversione in legge». Ebbene, restando all’interno di queste coordinate giuridiche di riferimento, tentiamo ora di dipanare la matassa.
I farmacisti collaboratori in quarantena senza tampone
«Secondo l’articolo 26 del decreto legge, il periodo trascorso in quarantena con sorveglianza attiva o in permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva è equiparato, a tutti gli effetti, allo stato di malattia, ai fini del trattamento economico previsto dalla normativa. Una circostanza, questa, di non poco conto, dato che durante la malattia il dipendente percepisce un trattamento economico (chiamato indennità di malattia) di regola anticipato dal datore di lavoro, che effettuerà poi il conguaglio con i contributi dovuti all’Inps. L’indennità di malattia è, infatti, pagata dall’ente previdenziale e solitamente i contratti collettivi prevedono, a carico del datore di lavoro, un’integrazione dell’indennità stessa, in modo da poterla equiparare al trattamento retributivo ordinario. In particolare, il Contratto collettivo nazionale del lavoro per i dipendenti delle farmacie private prevede che il titolare integri l’indennità erogata dall’Inps secondo le seguenti modalità: il 100% della quota giornaliera della retribuzione di fatto per i primi tre giorni di assenza (cosiddetto periodo di carenza), l’80% per i giorni di assenza che vanno dal quarto al ventesimo, di nuovo il 100% per i giorni dal ventunesimo in poi. L’indennità riconosciuta dall’Inps è pari al 50% della retribuzione giornaliera per i giorni di malattia che vanno dal quarto al ventesimo e ai due terzi della retribuzione per i giorni dal ventunesimo in poi. Tuttavia, in deroga a questo meccanismo di integrazione, il decreto sembrerebbe prevedere che l’indennità usualmente a carico del datore di lavoro sia corrisposta integralmente dallo Stato, in ragione della situazione creatasi con l’emergenza sanitaria. È inoltre importante evidenziare che il periodo di quarantena, seppur equiparato da un punto di vista normativo ed economico alla malattia, non è computabile ai fini del cosiddetto periodo di comporto di malattia, cioè del periodo massimo di tempo durante il quale è possibile conservare il posto di lavoro in caso di patologia, superato il quale il titolare ha la facoltà di recedere dal rapporto di lavoro stesso».
Riduzioni di personale
«Poiché l’attività di dispensazione dei farmaci non è stata sospesa dal decreto, le farmacie sono rimaste, in questo periodo, obbligatoriamente aperte. Per tutte le attività produttive e professionali non colpite dai provvedimenti di sospensione, il Governo ha incentivato l’utilizzo delle ferie, dei congedi e di ogni altro strumento previsto dalla contrattazione collettiva (per esempio, i permessi retribuiti per le cosiddette ex festività e la riduzione dell’orario di lavoro secondo l’articolo 26 del Contratto nazionale dei dipendenti delle farmacie private). Il datore di lavoro è, dunque, legittimato a imporre le ferie e i permessi, soprattutto se maturati negli anni precedenti e non ancora goduti. Il decreto del presidente del Consiglio non contiene, in proposito, alcun criterio specifico, ma detta solo una raccomandazione riguardante la fruizione di ferie e congedi per incentivare il famoso slogan “io resto a casa”. È quindi rimessa al titolare la decisione di individuare i farmacisti da mettere in ferie, che dovrà comunque privilegiare coloro che hanno accumulato nel tempo un maggior numero di giorni di ferie e permessi».
È previsto il congedo parentale?
«Sì. In particolare, l’articolo 23 del decreto legge ha introdotto un congedo non superiore a 15 giorni, da godere in un periodo continuativo o frazionato, per tutti i dipendenti con figli di età inferiore ai 12 anni. Per tale congedo è riconosciuta un’indennità pari al 50% della retribuzione e il periodo è coperto da contribuzione figurativa. Anche coloro che hanno figli di età compresa tra i 12 e i 16 anni possono astenersi dal rendere la prestazione lavorativa conservando il posto di lavoro, ma il loro congedo non è retribuito. Fermo restando il numero massimo di giorni consentiti, la fruizione del congedo è riconosciuta alternativamente a entrambi i genitori ed è subordinata alla condizione che in famiglia non vi sia un genitore beneficiario di strumenti di sostegno al reddito in caso di sospensione o cessazione dell›attività o un genitore disoccupato o non lavoratore. Si tratta, dunque, di congedi specifici introdotti dal legislatore in seguito ai provvedimenti di sospensione dei servizi educativi per l’infanzia e delle attività didattiche nelle scuole di ogni ordine e grado».