L’inattività fisica cresce all’avanzare dell’età ed è causa di un generale peggioramento della salute, oltre che del 9% delle malattie cardiovascolari. Per mantenere il cuore in salute è sufficiente una passeggiata quotidiana o una pedalata di mezz’ora: questo il monito della Siprec in vista della Terza Giornata Nazionale per la Prevenzione Cardiovascolare, in programma il 12 maggio

Uno degli elementi cardine per mantenersi in salute è condurre una vita attiva, in cui l’attività fisica rappresenta un elemento insostituibile. Eppure, stando ai dati del sistema di sorveglianza italiano PASSI – Progressi delle Aziende Sanitarie per la Salute in Italia, relativi al biennio 2020-2021, emerge che quasi un italiano su 3 si considera sedentario, con una prevalenza di inattività che cresce all’aumentare dell’età, impattando negativamente sullo stato di salute. Ancora, la sedentarietà è causa del 9% delle malattie cardiovascolari.

L’attività fisica come elemento cardine per la prevenzione

La Terza Giornata Italiana per la Prevenzione cardiovascolare, organizzata dalla Società italiana per la prevenzione cardiovascolare (Siprec) e in programma il 12 maggio, rappresenta l’occasione per riaccendere i riflettori sull’attività fisica come uno dei più importanti fattori per la salute pubblica, sia nella prevenzione primaria, sia nella prevenzione secondaria, quella avviata dopo l’evento della malattia.

«Numerosi studi scientifici da anni hanno inserito l’inattività fisica tra i principali fattori di rischio cardiovascolare e addirittura come quarta causa di mortalità nel mondo. Di contro, è evidente, che l’attività fisica, magari svolta secondo gli standard minimi indicati dalle Linee Guida della Società di Cardiologia Europea, svolga un ruolo cruciale nella prevenzione dei fattori di rischio. Le indicazioni sono semplici e possono essere seguite da tutti: bastano 150 minuti a settimana di attività semplice come una corsa leggera, una camminata o una pedalata» ha ricordato Alessandro Biffi, specialista in Cardiologia e Medicina dello Sport e membro del Consiglio Direttivo di Siprec, oltre che della Commissione scientifica della Federazione medico-sportiva del CONI e della Med-Ex, società medical partner della Scuderia Ferrari.

«Il movimento fisico dopo l’insorgenza di una patologia cardiovascolare con complicanze importanti è ormai inserito nei piani di riabilitazione, alla stregua del trattamento farmacologico – ha proseguito – Non va trascurata, inoltre, una motivazione importante a favore dell’attività fisica costante: il rafforzamento del sistema immunitario, la nostra barriera naturale contro ogni tipo di evento avverso. Molti studi recenti hanno dimostrato, per esempio, che chi era abituato a fare attività fisica costante e quotidiana non ha contratto il Covid o ne ha gestito meglio il decorso, senza complicazioni respiratorie». Muoversi, quindi, fa bene quindi al cuore, ma non soltanto: è importante per il benessere psicologico e per prevenire malattie artrosiche e finanche neoplastiche.

La buona salute libera risorse per il Ssn

Mantenersi in buona salute non è solo un vantaggio per il singolo, ma anche per il sistema sanitario nel suo complesso, in quanto consente di liberare risorse che possono essere investite in modo più mirato. Stando al rapporto “Stet UP” pubblicato dall’Ufficio europeo dell’OMS e dall’OCSE, è emerso difatti che l’aumento dell’attività fisica, oltre a prevenire migliaia di morti premature, consente un risparmio in termini di spesa sanitaria annua quantificabile in diversi miliardi di euro.

Sulla stessa linea il report del Forum “The European House- Ambrosetti”, riferito al nostro Paese, dal quale si evince che se la pratica sportiva fosse nella media OCSE, l’Italia potrebbe risparmiare circa 32 miliardi fino al 2050. Più nello specifico, l’aumento della pratica sportiva consentirebbe di evitare oltre 11 milioni di nuovi casi di malattie non trasmissibili entro il 2050, inclusi 3,8 milioni di casi di malattie cardiovascolari.

Purtroppo ad oggi l’Italia è al secondo posto per spesa pubblica dovuta alla sedentarietà nello scenario europeo, con un costo annuo di circa 3,8 miliardi di euro, tra costi diretti e indiretti, e un’incidenza sul totale della spesa sanitaria pubblica e privata pari all’1,7% del PIL. Una maggiore attività consentirebbe, quindi, di prevenire migliaia di morti precoci e liberare 170 euro per cittadino.

Invertire la rotta

Alla luce di quanto emerso, «occorre invertire la rotta investendo proprio sulla prevenzione e sull’educazione. Superfluo dirlo, ma vale sempre la pena ribadirlo: bisogna partire dalle scuole, dai luoghi di aggregazione giovanili e dagli ambulatori dei medici di famiglia. Spetterà alle istituzioni, poi, organizzare campagne nazionali di comunicazione e informazione per far arrivare in modo capillare il messaggio secondo cui fare attività fisica è vero atto di difesa della salute pubblica» ha concluso Biffi.