Omeopatia in farmacia: una scelta terapeutica da non ignorare

La dottrina omeopatica fu elaborata agli inizi del XIX secolo dal medico tedesco Samuel Hahnemann ed è ben illustrata nel suo libro Organon dell’arte del guarire. Una lettura che consiglio ai colleghi interessati ad approfondire la tematica e a capire fino in fondo la sua filosofia. In Italia, ha iniziato a diffondersi negli anni ’70 sulla scia della rivoluzione culturale di quel periodo, in cui la contestazione al materialismo in campo medico portò alla nascita di un movimento che rifiutava le medicine tradizionali privilegiando l’utilizzo di rimedi alternativi naturali. Nei decenni successivi, queste dottrine non convenzionali hanno continuato a riscuotere successo tra i cittadini e sono state supportate da evidenze sperimentali nella pratica clinica. Ciò ha determinato una diffusione dell’omeopatia su larga scala: dall’iniziativa personale di pochi intrepidi farmacisti si è passati in tempi recenti a una diffusione di questi rimedi in numerose farmacie del Paese. Ovviamente il processo di integrazione ha incontrato e incontra tuttora molti ostacoli, ma non mi vorrei soffermare su questa annosa questione, lasciando a ognuno dei lettori piena autonomia di giudizio.

Non possiamo dimenticare però che nel nostro Paese l’omeopatia è definita un “atto medico” dal 2002 e che il recepimento di una Direttiva CEE del 2006 ha reso obbligatoria la registrazione AIC di questi preparati, che sono oggi considerati medicinali a tutti gli effetti e possono essere venduti esclusivamente da un farmacista. Gli ultimi dati di mercato indicano però una contrazione del settore in farmacia, a fronte di un aumento della fitoterapia e dell’integrazione alimentare. Tra le motivazioni: la scomparsa o la difficoltà di reperimento di alcuni rimedi dopo l’obbligo di registrazione, la mancanza di un ricambio generazionale tra i professionisti coinvolti, la contaminazione dell’omeopatia con strategie di vendita tipiche delle aziende farmaceutiche che ne hanno snaturato l’essenza. Non posso che condividere queste ragioni, sottolineando che a mio avviso negli ultimi anni è venuta a mancare una valida programmazione didattica e la formazione è stata lasciata all’interesse e alla passione individuale, determinando una carenza sul territorio di medici e farmacisti preparati. Penso inoltre che la diffusione sul mercato di molti rimedi composti, pronti all’uso per la gestione del consiglio nel sintomo acuto secondo modalità proprie della medicina convenzionale, abbia indotto i farmacisti ad accontentarsi di una preparazione più superficiale, senza approfondire le differenze tra le diverse scuole e le metodiche di preparazione e dinamizzazione dei rimedi. Il rigore imposto dalla nuova normativa e l’assenza di indicazioni sulle confezioni di vendita tuttavia richiedono maggiore professionalità nella spedizione della ricetta omeopatica e precise competenze nel consiglio del farmacista. L’omeopatia rappresenta per molti pazienti una scelta terapeutica nel loro percorso di cura e pertanto non possiamo ignorarla: dovremo dedicare tempo e impegno al suo approfondimento, riconoscendole la medesima dignità di altre discipline.