Le famiglie in povertà assoluta con la pandemia hanno raggiunto il picco del 9,4%, con un’incidenza prevalente nel Mezzogiorno. Cresce il numero di soggetti costretti a rinunciare alle cure e all’acquisto dei medicinali per far fronte alle spese più urgenti, oggi aggravate dall’aumento del costo della vita per effetto della crisi energetica. Fofi: «È necessario fare fronte comune per contrastare il drammatico fenomeno della povertà»

In occasione della Giornata internazionale di lotta alla povertà, che è ricorsa lo scorso 17 ottobre, Caritas Italiana ha presentato il 21° Rapporto su povertà ed esclusione sociale, dal titolo “L’anello debole”.

Il report presenta anche i risultati di due indagini empiriche: una ricerca quantitativa e qualitativa sul tema della povertà ereditaria e intergenerazionale, realizzata su un campione rappresentativo di utenti dei Centri di Ascolto Caritas; una indagine transnazionale condotta complessivamente in 10 Paesi europei, congiuntamente a Caritas Europa e Don Bosco International, sul tema della transizione scuola-lavoro per i giovani che vivono in famiglie in difficoltà.

Il Rapporto presenta anche un insight sulle politiche di contrasto alla povertà, con particolare attenzione alle prospettive di riforma e investimento derivanti dal PNRR e dal programma europeo Next Generation EU.

La povertà in Italia: alcuni dati

Nel 2021 la povertà, complice la pandemia, ha toccato i massimi storici. Le famiglie in povertà assoluta si sono attestate a quasi 2 milioni, pari a più di 5,5 milioni di soggetti e cioè al 9,4% della popolazione. L’incidenza maggiore è stata riscontrata nelle Regioni meridionali, in cui ha raggiunto il 10%, rispetto al Centro Nord, in cui ha avuto un calo di oltre 1 punto percentuale rispetto all’anno precedente (6,7% vs 7,9%).

I valori maggiori continuano a interessare i più giovani: la povertà si attesta infatti al 14,2% tra i minori (a vivere in condizioni di povertà sono 1,4 milioni), per poi decrescere progressivamente fino ad un 5,3% tra gli over 65. Nel corso della pandemia, la povertà è cresciuta in maniera preminente tra le famiglie con 4 o più persone, nel target 35-55 anni, tra i bambini e le famiglie straniere.

I soggetti supportati nel 2021

Nel 2021, nei soli centri di ascolto e servizi informatizzati, le persone incontrate e supportate sono state 227.566, con un incremento del 7,7% rispetto al 2020. Dall’indagine è stato evidenziato che non si tratta sempre di nuovi poveri, ma sovente di persone che vivono sulla lama del rasoio dello stato di bisogno.

A livello di genere, a chiedere aiuto sono parimenti uomini e donne (50,9% vs 49,1%); nell’ultimo anno è aumentata l’incidenza degli stranieri che si attestano al 55%, con punte che raggiungono il 65,7%; nel Sud e nelle Isole, l’aiuto maggiore è richiesto dai cittadini italiani, che rappresentano, rispettivamente il 68,3 e il 74,2% dell’utenza. A livello di fascia d’età, l’età media dei beneficiari è risultata di 45,8 anni; il 16,2%, rappresentato prioritariamente da uomini, è senza fissa dimora.

I dati 2021 hanno inoltre confermato il rapporto tra stato di deprivazione e bassi livelli di istruzione. Chi ha la licenza media passa dal 57,1 al 69,7%, ma aumentano anche gli analfabeti e quanti hanno la sola licenza elementare.

Povertà e mercato del lavoro

Nel 2021 ad aumentare è stata soprattutto l’incidenza dei disoccupati o inoccupati, passata dal 41% al 47,1%; parallelamente si è ridotta la quota degli occupati dal 25% al 23,6%.

Nell’ultimo anno peraltro, oltre il 50% dei soggetti ha manifestato almeno due aree di bisogno: difficoltà legate a uno stato di fragilità economica, bisogni occupazionali e abitativi; seguono i problemi familiari (separazioni, divorzi, conflittualità), le difficoltà legate allo stato di salute o ai processi migratori.

Nell’anno sono stati erogati quasi 1,5 milioni di interventi, con una media di 6,5 per assistito. In particolare: il 74,7% ha riguardato l’erogazione di beni e servizi materiali (mense/empori, distribuzione pacchi viveri, buoni ticket, prodotti di igiene personale, docce…); il 7,5% le attività di ascolto, semplice o con discernimento; il 7,4% gli interventi di accoglienza, a lungo o breve termine; il 4,6% l’erogazione di sussidi economici (per il pagamento di affitti e bollette), il 2,2% il sostegno socio assistenziale e l’1,5% interventi sanitari.

La povertà intergenerazionale

Nel tempo è stato evidenziato che la scalata sociale per chi parte dalle classi più svantaggiate è particolarmente complessa. Partendo da proprio da questa fotografia, Caritas Italiana ha condotto il primo studio nazionale su un campione rappresentativo di beneficiari Caritas al fine di quantificare le situazioni di povertà ereditaria nel nostro Paese.

È emerso che il 59% della povertà è intergenerazionale, con un dato ancora più marcato nel Sud e nelle Isole, in cui raggiunge il 65,9% e il 64,4%. Sono peraltro quasi sempre i figli di persone meno istruite a interrompere gli studi prematuramente, con la licenza media e in alcuni casi addirittura con quella elementare.

Altrettanto dicasi sul fronte lavoro: più del 70% dei padri degli assistiti Caritas risulta occupato in professioni a bassa specializzazione. Per le madri è invece elevatissima l’incidenza delle casalinghe (il 63,8%), mentre tra le occupate prevalgono le basse qualifiche. Nel confronto tra generazioni, solo poco più di un terzo è riuscito a ottenere una qualifica superiore a quella del proprio genitore.

È stata inoltre condotta un’indagine in 10 Paesi europei, con la collaborazione di Caritas Europa e Don Bosco International, avente come obiettivo lo studio della delicata fase di transizione scuola-lavoro, riferita a giovani e adolescenti che vivono in famiglie in difficoltà e che sono intercettate da Caritas o da Centri di Formazione Professionale (CFP) dei Salesiani.

Secondo i dati raccolti presso un campione di giovani in cinque Paesi, il 41,3% di essi ha vissuto in famiglia gravi problemi economici a causa del Covid; il 44,1% riceve aiuto per pagare le spese scolastiche; il 37,4% non si sente preparato per continuare gli studi; il 57,1% non si sente pronto ad entrare nel mondo del lavoro; il 78,6% non è stato aiutato da nessuno a scuola per orientare il proprio futuro.

Interventi e prospettive

La misura di contrasto alla povertà esistente nel nostro Paese, il Reddito di Cittadinanza, è stata finora percepita da 4,7 milioni di persone, ma raggiunge poco meno della metà dei poveri assoluti (44%). Sarebbe quindi opportuno assicurarsi che fossero raggiunti tutti coloro che versano nelle condizioni peggiori, partendo dai poveri assoluti. Accanto alla componente economica dell’aiuto vanno garantiti adeguati processi di inclusione sociale. Al momento, però, una serie di vincoli amministrativi e gestionale ostacolano tale esigenza. Particolare attenzione va data ai nuovi progetti finanziati dal PNRR.

Tutelare i più fragili: l’impegno dei farmacisti

Rispetto a questi dati particolarmente impattanti, il presidente della Federazione degli ordini dei farmacisti (Fofi) Andrea Mandelli, si è così espresso in una nota diffusa alla stampa: «I dati sulla povertà diffusi dalla Caritas, che attestano quasi 2 milioni di famiglie in povertà assoluta e oltre 1 milione di bambini e ragazzi poveri, non ci possono lasciare indifferenti.

Un numero considerevole di italiani in condizioni di indigenza è costretto a rinunciare alle cure e all’acquisto dei medicinali di cui avrebbe bisogno per far fronte alle spese più urgenti, oggi aggravate dall’aumento del costo della vita per effetto della crisi energetica. È necessario fare fronte comune per contrastare il drammatico fenomeno della povertà.

Il nostro impegno, come farmacisti, non può che essere quello di riaffermare la vicinanza e il supporto alle persone più vulnerabili per soddisfare il fondamentale diritto alla salute, garantito dall’articolo 32 della Costituzione».