La celiachia è una malattia cronica a rischio di complicanze che coinvolge attualmente in Italia 241.729 soggetti. Nel 2022, sulla base dei dati del 2021, sono stati stanziati in favore delle Regioni € 325.689,09 per la garanzia dei pasti e € 564.694,94 per le iniziative di formazione. La relazione al Parlamento relativa al 2021 fotografa e aggiorna lo stato dell’arte della patologia nel nostro Paese

La celiachia è una patologia autoimmune che viene scatenata dall’ingestione di glutine in soggetti geneticamente predisposti. Le cause necessarie al suo sviluppo sono: l’ingestione del glutine e la presenza dei geni predisponenti DQ2 e/o DQ8 legati al sistema di istocompatibilità Human Leucocyte Antigens (HLA). In Italia colpisce circa l’1% della popolazione generale. In media, ogni anno vengono effettuate circa 9.000 diagnosi con una prevalenza della malattia del 0,41%.

La Relazione annuale della Direzione Generale per l’Igiene e la Sicurezza degli Alimenti e la Nutrizione del Ministero della Salute al Parlamento relativa al 2021 fotografa e aggiorna lo stato dell’arte della patologia nel nostro Paese.

Dai dati 2021 in Italia risultano diagnosticati 241.729 celiaci di cui il 70% (168.385) appartenenti alla popolazione femminile ed il restante 30% (73.344) a quella maschile. Ancora sconosciuti ad oggi gli eventi che determinano lo sviluppo della malattia.

Le sue diverse forme e il trattamento

Può svilupparsi in modo diverso e in momenti di vita differenti, tanto da meritare l’appellativo di camaleonte clinico. Nella forma classica si sviluppa nei primi 3 anni di vita, dopo una latenza di alcuni mesi dall’introduzione di cereali contenenti glutine con lo svezzamento. La sua comparsa è caratterizzata da inappetenza, cambiamento dell’umore, diarrea cronica, arresto/calo di peso e distensione addominale.

La forma non classica interessa bambini di età superiore ai 3 anni; è caratterizzata da sintomatologia intestinale aspecifica (es. dolori addominali ricorrenti, stomatite aftosa ricorrente, stitichezza) e/o manifestazioni extra-intestinali quali anemia sideropenica, stanchezza cronica, bassa statura, ritardo puberale, ipertransaminasemia isolata o dermatite erpetiforme.

La forma silente, in assenza di sintomi, viene individuata a seguito di screening sierologico in soggetti a rischio. Esiste infine la forma potenziale, caratterizzata da un pattern sierologico tipico, in presenza di un quadro istologico intestinale normale o solo lievemente alterato. La patologia nei potenziali viene individuata generalmente come risultato dello screening di popolazioni a rischio quali familiari di primo grado di celiaci, diabetici o pazienti con altre patologie autoimmunitarie.

Per quanto riguarda le decisioni terapeutiche, l’atteggiamento prevalente è quello di porre a dieta priva di glutine i pazienti sintomatici per verificare la glutine-dipendenza dei sintomi; al contrario i pazienti asintomatici vengono lasciati a dieta libera, ma con uno stretto programma di follow-up per verificare l’andamento clinico-laboratoristico e la comparsa di eventuali segni e sintomi della malattia, come indicato dalle nuove linee-guida dell’ESPGHAN pubblicate nel 2020.

Un problema particolarmente significativo è legato alla scarsa aderenza terapeutica dei giovani e degli adolescenti alla dieta priva di glutine che, soprattutto nel caso non abbiano tempestivi riscontri negativi dall’ingestione del glutine, si convincono di aver fatto la scelta giusta, con conseguenze nel lungo periodo.

Le complicanze della malattia

Le complicanze della celiachia riguardano circa il 5% dei pazienti celiaci che peggiorano, in misura spesso irreversibile, il decorso clinico della celiachia. Nella quasi totalità dei casi si tratta di soggetti diagnosticati in età adulta. I fattori predisponenti allo sviluppo di complicanze sono rappresentati da una diagnosi tardiva e, ovvero da una insufficiente compliance alla dieta aglutinata. Le principali complicanze della celiachia sono: la celiachia refrattaria; il linfoma T-cellulare; l’atrofia della milza.

Le manifestazioni extra-intestinali

La celiachia può manifestarsi a qualunque età e con segni e sintomi estremamente variabili per intensità e per localizzazione. Sono infatti riconosciute forme di celiaca atipiche caratterizzate da un corteo sintomatologico definito extra-intestinale, in quanto non riconducibile all’intestino ma ad altri distretti anatomici. Tra i sintomi extra-intestinali si annoverano quelli ascrivibili all’interessamento della cavità orale nel suo insieme: mucosa orale, lingua, saliva e denti definitivi e decidui. I meccanismi patogenetici responsabili delle alterazioni orali non sono conosciuti. Si suppone che in tali meccanismi abbiano un ruolo il malassorbimento di nutrienti e l’auto-immunità innescata nelle persone celiache. La prognosi delle lesioni del cavo orale che si manifestano nella celiachia è generalmente buona, anche se non tutte le lesioni regrediscono dopo la diagnosi e l’inizio di una dieta senza glutine. Generalmente, le lesioni dei tessuti molli sono responsive al trattamento dietetico.

Individuare la malattia

Per individuare la malattia, attualmente in Italia la strategia diagnostica per la celiachia è quella del case-finding ovvero la scelta degli individui da sottoporre al test diagnostico di celiachia attraverso la valutazione dei segni e dei sintomi, della familiarità e delle comorbidità. Un’alternativa possibile, suggerita da alcuni esponenti della comunità scientifica, sarebbe quella di sottoporre l’intera popolazione a screening di massa così da identificare la malattia prima che i pazienti possano sviluppare sintomi e segni, anche se numerose sono le criticità.

Al momento, per aumentare il numero delle diagnosi di celiachia e colmare il gap tra le attuali diagnosi e quelle attese, si ritiene che la strategia più efficace da seguire sia quella del case-finding, avviando quindi agli accertamenti sierologici solo le persone che mostrano sintomi e segni suggestivi di celiachia e i familiari di I grado di persone già diagnosticate con celiachia e che presentano patologie associate alla celiachia.

La dieta senza glutine

L’unico trattamento scientificamente valido per le persone affette da celiachia è uno stretto regime alimentare senza glutine ovvero una dieta che prevede alimenti e bevande naturalmente privi di glutine e alimenti e bevande appositamente prodotti senza glutine. Il glutine è la frazione proteica di alcuni cereali o delle loro varietà ibridate nonché dei loro derivati ed è la proteina maggiormente presente nella dieta della popolazione europea. I cereali contenenti glutine maggiormente utilizzati nella produzione degli alimenti sono: tutti i cereali appartenenti al genere Triticum (grano tenero, grano duro, grano khorasan, spelta o farro grande, farro o farro medio, monococco o farro piccolo); la segale; l’orzo. L’avena da un punto di vista normativo è considerata un cereale contenente glutine a causa delle frequenti contaminazioni.

Gli alimenti gluten free erogabili

Gli alimenti senza glutine erogabili gratuitamente alle persone celiache sono quelli classificabili come “specificamente formulati per celiaci” o “specificamente formulati per persone intolleranti al glutine”. Si tratta di alimenti di base, prevalentemente fonte di carboidrati e costituiti da cereali senza glutine che nella dieta quotidiana sostituiscono i corrispondenti alimenti caratterizzati tradizionalmente dalla presenza di cereali fonti di glutine. I tetti di spesa sono stati aggiornati nel 2018 sulla base dei Livelli di Assunzione Raccomandati di Energia e Nutrienti per la popolazione italiana (2014), dei prezzi rilevati al consumo nel solo canale farmaceutico e maggiorati del 30% per tener conto di particolari esigenze nutrizionali e variano, in base a età e genere, da 56 a 124 euro. Nel 2021 per i prodotti senza glutine erogati il Ssn ha speso circa € 233.349.439.

I fondi per la celiachia

La legge 123/2005 prevede fondi specifici che hanno l’obiettivo di garantire la somministrazione, su richiesta, di pasti senza glutine nelle mense e l’implementazione di attività di formative per gli operatori del settore alimentare. Ogni anno il Ministero della Salute provvede alla ripartizione delle somme stanziate sulla base di criteri formalizzati in sede di Accordo Stato-Regioni. Nel 2022, sulla base dei dati del 2021, sono stati stanziati in favore delle Regioni € 325.689,09 per la garanzia dei pasti e € 564.694,94 per le iniziative di formazione, per un totale di € 890.384,02.