Non più un sintomo secondario ad altra patologia. L’insonnia è oggi considerata e valutata dal medico e paziente come una condizione clinica con propria dignità e unicità: una patologia delle 24 ore con sintomi che si manifestano nel diurno con irritabilità, scarsa concentrazione e attenzione, sonnolenza, lacune mnesiche diretta conseguenza e implicazione della fatica notturna a addormentarsi e a mantenere il sonno.
Tale inquadramento impone che l’insonnia venga presa tempestivamente in carico, adeguatamente trattata con farmaci mirati, alcuni innovativi e di recente introduzione in Italia, fra queste una molecola che agisce sull’orexina, il neurotrasmettitore che mantiene attivi i centri della veglia, a vantaggio della salute globale, non solo del sonno.
Il ruolo “protettivo” del sonno
Una quantità e qualità inappropriata del sonno espone a un rischio maggiore nel lungo termine, per lo sviluppo di patologie importanti, anche severe, fra queste cardiovascolari, ma non solo. «Un buon sonno – spiega Luigi Ferini Strambi, Professore Ordinario di Neurologia Università Vita-Salute di Milano, Direttore Centro di Medicina del Sonno IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano – ha un ruolo importante nell’inibizione del cortisolo, l’ormone dello stress, che viene rilasciato sebbene in misura inferiore anche di notte. Questo comporta il rallentamento della frequenza cardiaca, la diminuzione della pressione arteriosa, con un efficace controllo sull’apparato cardiocircolatorio: effetti che vengono meno nell’insonne, predisponendo dunque al rischio di ipertensione arteriosa, patologie cardiovascolari e cerebrovascolari.
Inoltre, nel sonno si attiva il sistema linfatico, che è anche deputato a ripulire il cervello dalle scorie e dagli scarti accumulati. Tra questi, la beta amiloide implicata nella demenza di Alzheimer. Ancora, dormire poco e male aumenta il rischio di sviluppare diabete ed è un fattore predisponente per possibili patologie psichiatriche, ovvero il buon riposo riduce le probabilità di incorrere in depressione, ansia e abuso alcolico. Altro effetto importante e negativo: l’insonnia diminuisce la risposta del sistema immunitario alle infezioni».
Quindi il sonno è terapeutico sia per la mente sia per il corpo: è un momento importante di recupero e con effetti positivi sul buon funzionamento di tutti i sistemi e apparati dell’organismo.
L’approccio terapeutico
Più efficace, più performante e duraturo nel tempo, effetti collaterali e secondari ridotti o nulli, maneggevole e sicura: sono le “qualità” della nuova molecola appartenete alla classe degli inibitori dell’orexina, disponibile in Italia da novembre 2022. «Studi condotti in doppio cieco versus placebo – prosegue Ferini Strambi – hanno dimostrato che funziona sulla qualità e quantità del sonno, garantisce efficacia nel lungo termine, agendo con un nuovo meccanismo di azione.
Ad oggi sono stati impiegati farmaci sedativi con impatto sul sistema del GABA, creando sedazione. Questa nuova classe di farmaci, invece, cerca di impedire ai centri della veglia di continuare a funzionare, agendo sull’orexina, neurotrasmettitore della veglia, legandosi ai suoi due recettori così da inibirne il funzionamento. Inoltre questa molecola, rispetto agli altri orexinergici (non ancora in commercio in Italia), ha una emivita ottimale di otto ore: impedisce il funzionamento dell’orexina nel periodo che coincide con il sonno che riprende a funzionare al mattino senza quindi dare sedazione, come sonnolenza diurna e problemi cognitivi dopo il risveglio, come evidenziano gli studi controllati condotti».
Oltre a ridurre il tempo di addormentamento, la molecola facilita anche il mantenimento del sonno, dimostrandosi sicura rispetto a altri composti ipnotici, in studi di fase 1 anche in soggetti che soffrono di apnee notturne, spesso associata all’insonnia. Mentre in studi di fase 3 e nello studio di estensione a 12 mesi si evidenzia un buon profilo di sicurezza anche nel paziente anziano senza l’osservazione di effetti tolleranza, dipendenza e abuso.
Educazione al paziente
Per favorire efficienza e efficienza della molecola, è bene educare il paziente all’adozione di comportamenti serali corretti. «Vanno innanzitutto evitate prima di mettersi a letto – raccomanda Luigi De Gennaro, Professore Ordinario di Psicobiologia e Psicologia Fisiologica e di Psicofisiologia del Sonno Normale e Patologico, Università Sapienza di Roma – l’assunzione di sostanze stimolanti (caffè, tè, nicotina, etc.) e di alcool che deprime e peggiora le normali funzioni respiratorie durante il sonno, un consumo eccessivo di cibi e di liquidi, l’attività fisica e l’uso di dispositivi elettronici che hanno il doppio effetto negativo di rimandare l’addormentamento e sopprimere la secrezione spontanea della melatonina che è strettamente legata al buio. Inoltre, è necessario mantenere una regolarità negli orari di addormentamento e risvegli».
Fonti:
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