Ruolo del sonno nelle patologie del SNC

Quale legame sussiste tra le malattie neuropsichiatriche e i disturbi legati al sonno? Una breve panoramica sulle correlazioni esistenti e sullo stato dell’arte degli studi di neuroscienze sulla materia

I disturbi del sonno e le malattie del sistema nervoso centrale (psichiatriche e neurologiche) sono indubbiamente intrecciate. I disturbi del sonno sono caratteristiche diagnostiche del DSM5 (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, un manuale utilizzato dai ricercatori e dai clinici per diagnosticare e classificare i disturbi mentali) per il disturbo depressivo maggiore, il disturbo d’ansia generalizzato, il disturbo post-traumatico da stress e il disturbo bipolare e sono caratteristiche che si osservano anche nelle psicosi e nella maggior parte dei disturbi neurodegenerativi. Il trattamento farmacologico o psicologico di questi disturbi migliora spesso la compromissione del sonno e i farmaci usati per trattarli possono anche essere utilizzati come trattamenti primari per i disturbi del sonno.

sonno

La relazione tra disturbi del sonno e malattie psichiatriche

L’aspetto più promettente della relazione disturbi del sonno-malattie psichiatriche è stato esplicitamente postulato 30 anni fa per i disturbi dell’umore: non solo il disturbo del sonno è una caratteristica fenotipica di molte malattie neuropsichiatriche, ma può in effetti contribuire a tali malattie o anche causarle: quindi l’insonnia poteva venire considerata come un affidabile predittore di disturbi dell’umore, suggerendo al contempo che l’insonnia potesse anche rappresentare “un’opportunità per la prevenzione”. I disturbi del sonno sono stati anche ipotizzati essere sintomi trans-diagnostici per ideazione suicidaria e dolore. Inoltre, l’alterazione del ritmo circadiano (indipendentemente dal disturbo del sonno) può rappresentare un rischio per la malattia neuropsichiatrica, inclusi disturbo bipolare, disturbi neurodegenerativi e schizofrenia. Come riconoscimento del ruolo complesso che questi disturbi svolgono nella malattia psichiatrica, il DSM-5 ha mitigato il compito quasi impossibile per i clinici di determinare se l’insonnia è stata causata dalla malattia psichiatrica o viceversa; la diagnosi di insonnia nel DSM-5 si basa principalmente sulle caratteristiche dei sintomi, sulla frequenza e sulla durata. Di conseguenza, viene incoraggiato il trattamento indipendente dell’insonnia, oltre a facilitare ulteriori ricerche sul ruolo dei disturbi del sonno nell’eziologia e nella storia naturale della malattia psichiatrica.

Osservazioni e studi di neuroscienze

Mentre l’elettroencefalogramma è stato il metodo standard per determinare le differenze nell’attività cerebrale durante gli stati di vigilanza, la risonanza magnetica funzionale e DTI (una sofisticata tecnica di imaging a risonanza magnetica che permette di ottenere informazioni sul movimento dell’acqua lungo la materia bianca, per poterne valutare l’integrità) e altri metodi di imaging hanno aggiunto informazioni sul ruolo di reti specifiche nella disfunzione sonno/veglia e condizioni di ipervigilanza. Progressi significativi nell’ambito delle neuroscienze hanno permesso di ottenere un quadro molto più dettagliato dei circuiti neuronali alla base del controllo del sonno/veglia e dell’ipervigilanza. Ad esempio, è stato recentemente descritto un ruolo causale dell’attività dopaminergica mesocorticolimbica nel sonno e nella veglia ed alterazioni dei neuroni dopaminergici sono state associate a condizioni di ipervigilanza, disturbo post-traumatico da stress, autismo, alcolismo e abuso di droghe. Inoltre, i progressi nella conoscenza dei meccanismi che sottendono i processi cognitivi e le oscillazioni circadiane hanno aumentato notevolmente la nostra comprensione di tali connessioni. Per esempio, il rilascio di ipocretina/orexina nel cervello sembra essere correlato all’accumulo di peptidi beta-amiloidi, fornendo una connessione molecolare tra i circuiti del sonno e la disfunzione del sonno nel morbo di Alzheimer. Oltre al morbo di Alzheimer, questi disturbi accompagnano la progressione di numerosi disturbi neurodegenerativi tra cui il Parkinson e alcuni disturbi autoimmuni.