Azione delle vitamine sulle ossa

apparato scheletricoSpesso i clienti si rivolgono al farmacista per chiedere consigli su integratori e preparazioni galeniche da aggiungere alla terapia farmacologica per sostenere l’apparato scheletrico. La fisiologia delle cellule ossee, osteoclasti e osteoblasti, infatti, può essere influenzata dall’apporto di alcune vitamine.

Vitamina A

Sia la carenza sia l’eccesso di vitamina A possono influire negativamente sulla salute dello scheletro. La mancanza rappresenta un problema di salute pubblica in tutto il mondo, soprattutto nei paesi in via di sviluppo. Negli animali in crescita, la carenza di vitamina A provoca anomalie delle ossa a causa della compromessa attività osteoclastica e osteoblastica. Queste anomalie possono essere invertite somministrando vitamina A. Negli animali, la tossicità della vitamina A (ipervitaminosi A) è associata a scarsa crescita ossea, perdita di contenuto minerale osseo e aumentato tasso di fratture.

Studi negli esseri umani hanno indicato che livelli di assunzione di vitamina A estremamente elevati (100.000 UI/die o più, cioè molte volte al di sopra del livello di assunzione massimo tollerabile – UL) sono associati a ipercalcemia e riassorbimento osseo. Vi sono anche evidenze osservazionali che un alto consumo di vitamina A (generalmente come supplemento e a livelli di assunzione > 1.500 mcg ovvero 5.000 UI/die) è associato a un aumentato rischio di osteoporosi e fratture dell’anca. Tuttavia, i metodi per la valutazione e dello status e dei livelli di questa vitamina sono – a oggi – inaffidabili e gli studi osservazionali che hanno valutato l’associazione tra i livelli di vitamina A o il suo apporto dietetico e la salute ossea hanno dato risultati incoerenti.

A oggi, stabilire con esattezza i livelli di assunzione giornaliera raccomandata (RDA, cui i lettori sono avvezzi) per la vitamina A è un obiettivo importante per ottimizzare la salute dello scheletro.

Vitamina D

 La funzione primaria della vitamina D è di mantenere a livello ottimale l’assorbimento di calcio e fosforo per fornire le materie prime alla mineralizzazione dell’osso. In risposta alle variazioni di calcio nel sangue, la vitamina D viene attivata e favorisce l’assorbimento del calcio attraverso le cellule intestinali. In associazione con l’ormone paratiroideo (PTH), la forma attiva 1,25-diidrossivitamina D3 conserva il calcio filtrato dai reni. Aumentando l’assorbimento la ritenzione del calcio, la 1,25-diidrossivitamina D3 aiuta a compensare il calcio perduto dallo scheletro. Bassi livelli circolanti di 25-idrossivitamina D3 (la forma di deposito della vitamina D3) innescano un aumento compensatorio della PTH, che funge da segnale per il riassorbimentodell’osso.

L’istituto di medicina statunitense (IOM) ha stabilito che un mantenimento di livelli sierici di 25-idrossivitamina Ddi 50 nmol/l (20 ng/ml) è necessario per la salute delle ossa a tutte le età. Tuttavia, non si conoscono ancora con esattezza i livelli sierici di 25-idrossivitamina Dottimali per la salute delle ossa. Sulla base di una recente revisione dei dati degli studi clinici, gli autori hanno concluso che i livelli sierici di 25-idrossivitamina D3 devono essere mantenuti a 75-110 nmol/l (30-44 ng/ml) per ottenere una protezione ottimale contro fratture e cadute, con il minimo rischio di ipercalcemia.

Il livello di assunzione associato a tali livelli sierici di 25-idrossivitamina D3 è di 1.800 – 4.000 UI al giorno, nettamente superiore all’attuale RDA. Diversi studi randomizzati controllati (e meta-analisi) hanno dimostrato che il calcio combinato con vitamina D riduce l’incidenza di fratture negli anziani. L’efficacia della supplementazione con vitamina D può in effetti dipendere dall’abituale assunzione di calcio e dalla dose di vitamina D utilizzata.

In combinazione con la supplementazione di calcio, la dose di vitamina D associata a un effetto protettivo è 800 UI o più al giorno. A ulteriore sostegno di tale affermazione, uno studio recente ha effettuato un dosaggio in 167 donne bianche sane, in postmenopausa (di età compresa tra 57-90 anni), con insufficienza di vitamina D (15,6 ng/ml al basale). I ricercatori hanno dimostrato che 800 UI/die di vitamina D3 hanno portato a concentrazioni seriche di 25-idrossivitamina D3 maggiori di 20 ng/mL. Un altro studio di dosaggio, che comprendeva sette gruppi con dosaggi da 0 a 4.800 UI al giorno di vitamina D3, più l’integrazione con calcio per un anno, ha anche rivelato che l’aumento dei livelli sierici di 25-idrossivitamina D3 in risposta al trattamento è stato curvilineo e ha raggiunto un plateau a circa 112 nmol (45 ng/mL) in soggetti che assumevano più di 3.200 UI al giorno di vitamina D3.

Alcuni studi hanno valutato l’effetto di alte dosi di vitamina D sulla salute ossea. In un trial, alte dosi di vitamina D non hanno avuto effetti migliori rispetto alla dose standard di 800 UI/die nel migliorare la densità minerale ossea (BMD) a livello della colonna lombare e dell’anca. In particolare, 297 donne in postmenopausa con ridotta massa ossea (T-score ≤ -2,0) sono state randomizzate a ricevere alte dosi (20.000 UI di vitamina D3 due volte a settimana, più 800 UI al giorno) o dose standard (placebo più 800 UI al giorno) per un anno; entrambi i gruppi hanno ricevuto 1.000 mg di calcio al giorno.

Dopo un anno, entrambi i gruppi aveva ridotto PTH sierico, aumenti livelli sierici di 25-idrossivitamina D3, e un maggiore rapporto urinario di calcio/creatinina, anche se in misura significativamente maggiore nel gruppo ad alto dosaggio. La BMD era ugualmente invariata o leggermente migliorata in entrambi i gruppi. Nello studio Vital D, 2.256 donne anziane (di 70 anni e oltre) hanno ricevuto una singola dose annuale di 500.000 UI di vitamina D3 o placebo somministrato per via orale in autunno o in inverno per tre e cinque anni. L’apporto di calcio è stato quantificato annualmente tramite un questionario; entrambi i gruppi avevano un apporto giornaliero medio di calcio di 976 mg.

Il gruppo vitamina D ha registrato un numero di cadute e fratture significativamente maggiore rispetto al placebo, in particolare nei primi tre mesi dopo la somministrazione. Questi dati suggeriscono cautela nell’utilizzo di alte dosi sporadiche di vitamina D. In sintesi, le RDA di calcio e vitamina D vanno di pari passo, e il fabbisogno di una si appoggia al fabbisogno dell’altra. Pertanto, gli studi effettuati finora supportano l’uso di una combinazione di calcio e vitamina D nella prevenzione dell’osteoporosi negli anziani.

Vitamina K

La funzione principale della vitamina K1 (fillochinone) è di essere cofattore per una specifica reazione enzimatica che modifica le proteine portandole a una forma che facilita il legame col calcio. Il ruolo che è stato ipotizzato per la vitamina K in biologia ossea è di essere cofattore nella carbossilazione di queste proteine contenenti acido glutammico (GLA).

Non vi sono prove certe che le diete ricche di vitamina K siano associate a un ridotto rischio di frattura dell’anca in uomini e donne; tuttavia, un’associazione tra assunzione di vitamina K e BMD non è ancora stata provata con certezza. È possibile che una maggiore assunzione di vitamina K1, che si trova nelle verdure verdi, sia “solo”un indicatore di stile di vita sano, che è il responsabile dell’effetto benefico notato sul rischio di frattura.

Inoltre, un effetto protettivo della supplementazione con vitamina K1 sulla perdita ossea non è stato confermato da studi randomizzati e controllati. La vitamina K2 (menachinone) a dosi terapeutiche (45 mg/die) è usata in Giappone per trattare l’osteoporosi. Nonostante una meta-analisi del 2006 abbia riportato un effetto protettivo del menachinone-4 (MK-4) sul rischio di frattura a livello dell’anca e della colonna vertebrale, i dati più recenti non hanno confermato questa attività e i risultati di una nuova meta-analisi potrebbero dare indicazioni differenti.

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