17° Rapporto Crea Sanità: con la pandemia cresciute le disuguaglianze

Presentata la 17a edizione del Rapporto Sanità elaborato dal Centro per la Ricerca Economica Applicata in Sanità (C.R.E.A. Sanità). Il report di quest’anno focalizza sugli effetti prospettici della pandemia e gli interventi attesi grazie alle risorse rese del PNRR – Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. L’indagine è corredata da una survey circa le aspettative della popolazione italiana sulla sanità.

Il 17° Rapporto Sanità focalizza sugli effetti della pandemia e sugli interventi attesi grazie alle risorse del PNRR mantenendo una strutturazione in 4 parti. Nella prima viene fornito un inquadramento del contesto in cui si muove il settore socio-sanitario italiano: gli aspetti socio-economici e demografici, il finanziamento pubblico, la spesa e le possibili misure di performance. La seconda parte è dedicata alle analisi per area assistenziale: prevenzione, ospedaliera, residenziale, specialistica, farmaceutica e dispositivi medici, primaria e territoriale, domiciliare, provvidenze in denaro. La terza parte è destinata alla analisi degli impatti economici della sanità. La quarta parte ospita ulteriori attività e partnership promosse da C.R.E.A. Sanità.

Rilancio del SSN e PNRR

Nello specifico, alla Sanità – missione 6 del PNRR – sono destinate risorse per complessivi 20,2 miliardi di euro, pari all’8,2% del piano, con una percentuale simile a quella che la sanità rappresenta sul PIL. Risorse comunque rilevanti che se i tempi per la sua realizzazione – 5 anni – rimangono l’elemento più sfidante per la sua realizzazione.
Di fatto, il successo del PNRR richiede una maggiore agilità delle amministrazioni, che dipenderà anche da quanto si riuscirà a realizzare in tema di riforma della Pubblica Amministrazione si legge nel rapporto. Il rischio potrebbe essere che, pur di rispettare i tempi, si contraggano le fasi di progettazione e valutazione, essenziali per evitare che le risorse vadano sprecate.

La suddivisione dei fondi alle Regioni dovrebbe seguire il modello di ripartizione del FSN del 2021, fermo restando che le regioni del Sud dovranno ricevere almeno il 40% delle risorse complessive. In questo contesto, osservano tuttavia gli autori dello studio, sarebbe stato opportuno prevedere un criterio di riparto più articolato che vada a ridurre le disparità regionali, una quota premiale che preveda collaborazioni tra regioni e una quota dipendente dal livello di implementazione dei piani, onde evitare investimenti improduttivi o incompiuti. In altri termini, l’approccio al riparto utilizzato non sembra contenere sufficienti garanzie, né sulla capacità degli investimenti di ridurre le disparità (che rimangono il vero punto critico del SSN italiano), né di garantire il rispetto dei tempi (molto stretti per la “messa a terra” del PNRR) si legge ancora nel documento.

Destinazione delle risorse

Le risorse del PNRR verranno essenzialmente suddivise in 2 parti: circa il 45% verrà destinato all’implementazione delle reti di prossimità, medicina territoriale e telemedicina; il restante 55% andrà ad innovazione, ricerca e digitalizzazione del SSN. Le parole chiave restano dunque territorio e transizione digitale. Poca o nessuna attenzione è stata deputata a raccogliere i “desiderata” dei cittadini – si legge nel report – nella pretesa, non scontata, che il SSN sia proprio in grado di coglierli e rappresentarli: in altri termini, si persegue il cambiamento, adottando una visione comunque tecnocratica del SSN”.

La survey condotta

A tal fine, il Centro ha promosso una survey, realizzata su un campione di 800 individui, rappresentativo della popolazione italiana di età pari o superiore ai 18 anni. La finalità della survey è stata quella di cercare di capire quali fossero gli “unmet needs” percepiti dagli Italiani in relazione all’assistenza sanitaria. Ai partecipanti è stato richiesto di indicare i punti di forza del SSN, le principali criticità, esplicitare per quali miglioramenti sarebbero disposti a pagare. Tra i punti di forza, oltre la metà del campione ha indicato la possibilità di avere assistenza da parte del proprio medico di medicina generale (54,2%), seguita dalla soddisfazione per la qualità dei medici (39%) e la possibilità di avere farmaci in modo gratuito (20,5%), la disponibilità di tecnologie (18%), elemento quest’ultimo maggiormente apprezzato da cittadini del Nord-Est e, più in generale, da soggetti con un più elevato titolo di studio. Tra le criticità più evidenziate, i problemi organizzativi del SSN: liste d’attesa (citate dal 38,9% dei rispondenti), e a seguire la difficoltà nel riuscire a prendere gli appuntamenti (35,6%). Con minore frequenza, sono richiamate le attese (inutili) negli studi medici/ambulatori (22,7%) ed il fatto di essere “rimbalzati” tra i vari uffici (20%).

Le liste di attesa sono fonte di crescente insoddisfazione al crescere dell’età dei rispondenti e al diminuire del loro livello di istruzione. Questi ultimi soggetti lamentano, inoltre, la necessità di doversi spostare per accedere alle prestazioni. Ciò premesso, anche la risposta sulla “disponibilità a pagare” è praticamente un plebiscito: quasi la metà delle risposte converge sul fatto che si sarebbe disposti a pagare pur di avere liste di attesa inferiori. Inoltre, nel Sud è maggiore la quota di persone disposte a pagare per avere maggior comfort ospedaliero e la possibilità di curarsi più vicino a casa; nel Nord-Est è persino maggiore la quota di persone disposte a pagare per ridurre le liste di attesa; nel Centro una quota rilevante di persone dichiara che sarebbe disposta a pagare per avere la possibilità di disporre di cure domiciliari. Queste ultime sono una esigenza particolarmente sentita dalla popolazione con titolo di studio medio-basso. Il poter disporre dei propri dati sanitari su internet è una (parziale) priorità solo per la fascia di popolazione più istruita.

Pandemia e crescenti disuguaglianze

Al di là di un numero di prestazioni ambulatoriali che hanno subito forti ritardi – il progressivo riallineamento è stato stoppato dal sopraggiungere della quarta ondata – il monitoraggio ha mostrato una crescente incapacità del sistema di welfare italiano di mettere in atto politiche equitative efficaci, con il risultato che le famiglie meno abbienti soffrano di un impatto crescente dei consumi sanitari sui loro bilanci. Complessivamente, cure odontoiatriche e servizi diagnostici, si confermano le principali cause di “iniquità”. Seppure con lievi segnali di miglioramento, l’impoverimento continua a colpire oltre 410mila famiglie, la catastroficità oltre 630mila ed il disagio economico per cause sanitarie oltre 1 milione; le Regioni del Sud rimangono, ancora una volta, le più colpite.