Alla riscoperta delle tisane

Bere una tisana è ritenuto sempre più spesso non solo un piacevole ritorno alla natura, ma la modalità corretta per portare in soluzione tutti i principi idrosolubili di più piante, accompagnati dal complesso “corredo salino” che costituisce, in fondo, la caratteristica più interessante nella composizione di un vegetale.

Se pensiamo all’importanza dell’idroterapia, la tisana è la forma più elementare di idratazione, depurazione, disintossicazione e attivazione degli emuntori. Paul Belaiche ha affermato che «l’effetto sinergico di diverse piante combinate è una delle più belle certezze della Fitoterapia»; per Bardeau «spesso la tisana, pur nella sua grande semplicità e l’apparenza umile, è il mezzo migliore per ottenere un risultato terapeutico valutabile» e il professor Pelt è convinto dell’importanza di bere tisane «in cui spiriti mediocri non volevano vedere che dell’acqua calda inutilmente sporcata dalla polvere dei fondi di cassetto dei laboratori».

La tisana ha tanto successo perché si tratta di una preparazione alla portata di tutti: il solvente è l’acqua, la pressione ovviamente quella atmosferica e la temperatura è l’unico fattore variabile a seconda del tipo di “erbe” che abbiamo deciso di usare e della modalità del loro taglio anche se ormai le piante vengono abitualmente fornite in “taglio tisana”.

Modalità di preparazione  e d’uso

Infusione: questa operazione consiste nel versare la pianta o la miscela ben tagliata in acqua bollente. In alcuni casi è previsto che si faccia bollire, a fiamma bassa, 1-3 minuti, poi si spegne e si copre il recipiente. Si mescola, di tanto in tanto, perché la pianta tende a galleggiare prima di venire imbibita dall’acqua e dopo circa 10 minuti si filtra per colino a maglie fitte o, meglio, su tela. Questa modalità in pratica riguarda oggi tutte le piante e miscele viste le modalità di taglio con le quali vengono poste in vendita.

Alcune droghe particolarmente ricche di principi oleosi volatili (Finocchio e Anice in particolare) è bene vengano versate nell’acqua fredda in modo che il frutto si ammorbidisca. Poi si scalda senza però raggiungere la temperatura di ebollizione perché il vapore acqueo fa evaporare le essenze. In ogni caso, una volta spenta la fiamma, l’infusione deve avvenire a recipiente coperto.

Decozione: se il tessuto vegetale risulta, nonostante l’eventuale taglio, troppo compatto si versa la droga o la miscela nell’acqua quando è ben calda e, raggiunta la temperatura di ebollizione la si mantiene, a fiamma bassa, per 10 minuti. Si filtra quando il liquido è ancora tiepido. Questo trattamento è usato per legni, radici, cortecce, steli particolarmente compatti o anche parti verdi che cedono con difficoltà o lentezza i loro principi attivi come nel caso delle mucillagini delle Malvaceae: Malva foglie e fiori, Altea radici. Il prodotto ottenuto è definito decotto.

Macerazione: talvolta è necessario ammorbidire ancora di più alcune droghe dalla struttura particolarmente compatta (semi di Psillio e Lino, corteccia di China). In questi casi si versano le droghe nella quantità prescritta di acqua fredda e si lasciano macerare per 4-8 ore. Questa preparazione è anche utilizzabile, in alternativa all’infusione, per droghe con principi attivi termolabili o eccessivamente volatili come le Umbelliferae (Anice, Finocchio), ma è anche spesso preferita per l’Uva orsina e il Vischio.

Le tisane in genere si assumono tre volte al giorno o fino a 1 l per cui sarà opportuno che vengano, possibilmente, bevute a intervalli regolari e costanti anche per abituare l’organismo alla notevole quantità di liquidi come, in fondo, si fa anche per le cure idropiniche nelle stazioni termali.

Alcune regole d’uso: le tisane depurative si bevono alla sera prima di coricarsi tiepide, cioè appena preparate e la seconda dose il mattino a digiuno a temperatura ambiente. Le tisane pettorali, urinarie, dimagranti e diuretiche a intervalli regolari. Le tisane digestive, quelle contro l’eccesso di acidi urici e colesterolo subito dopo i pasti, quelle sedative e per il sonno il tardo pomeriggio e la sera prima di coricarsi.

La tisana è bene sia sempre preparata fresca o al massimo per la quantità che verrà consumata nel corso della giornata. È anche possibile riscaldare una tisana, ma solo a bagnomaria e non su fiamma diretta. La durata della cura varierà da pochi giorni, come per esempio per le tisane pettorali in genere assai efficaci, fino ad alcuni giorni come in quelle contro la cistite o anche per uno o due mesi nei trattamenti detti “di regime” e depurative stagionali.

Alcuni piccoli accorgimenti

Il Lichene islandico (Cetraria islandica) è molto efficace contro i catarri bronchiali, ma la preparazione è molto amara. Allora la dose, in genere 20 g, si porta a ebollizione in 200 g d’acqua per 1-2 minuti, si filtra gettando questo primo filtrato ricco di principi amari e si rimette sul fuoco con 1.250 g d’acqua che, per ebollizione, si riduce a circa 1 litro. Si filtra e la tisana è preparata. Anche i rizomi di Gramigna (Cynodon dactylon) sono molto amari e in questo caso basta lasciarli a bagno in acqua fredda per 3 ore prima di filtrarli e rimetterli al fuoco con nuova acqua. Le foglie di Betulla (Betula alba) contengono una resina che fa parte dei principi attivi, ma che è insolubile nell’acqua bollente: basterà aggiungere un pizzico di bicarbonato dopo aver spento la fiamma per portarli in soluzione. La Regina dei prati (Filipendula ulmaria) è ricca di salicilati e di acido salicilico che evaporerebbero alla temperatura di ebollizione: allora basterà versare la droga in acqua ben calda, ma non bollente. I semi di Lino (Linum usitatissimum) si lasciano macerare per diverse ore in acqua fredda perché il rigonfiamento delle mucillagini richiede un certo tempo per cui si mettono a bagno la sera per consumarli, dopo filtrazione, il mattino successivo.

Avvertenze e controindicazioni

Non si creda che pianta medicinale, solo perché prodotto della natura, significhi automaticamente prodotto innocuo. Occorre cautela e conoscenza e, quando questa non ci fosse, createvi un punto di riferimento di fiducia. Perché anche popolarmente si usano i semi di Finocchio per i lattanti e non i semi di Anice che in fondo a prima vista sembrano possedere le stesse caratteristiche? Semplicemente perché le nostre nonne hanno sempre saputo che l’Anice alla sera potrebbe dare un leggero stato d’insonnia o addirittura d’eccitabilità e allora sarebbe controindicato in un organismo così delicato come quello di un lattante. Anche la Menta, se presa alla sera, può causare insonnia.

La Senna è un potente ed efficace lassativo, ma spesso alcuni componenti resinosi presenti nelle foglie possono provocare delle coliche anche violente. Inoltre la congestione che causa a livello dei visceri addominali per provocare l’effetto evacuante la controindicano assolutamente in presenza di intestini delicati o debilitati, dopo un intervento chirurgico, durante le mestruazioni, la gravidanza, l’allattamento e in presenza di emorroidi.

La Valeriana è un eccellente tranquillante e un buon induttore del sonno. Ma la sua stessa elevata attività la controindica per periodi d’uso che superino i 10-15 giorni, perché può causare dipendenza proprio come i comuni tranquillanti chimici. Inoltre in alcuni soggetti, fin dalle prime dosi, talvolta provoca effetti paradossi che si manifestano con palpitazioni ed eccitamento.

Anche la comune Camomilla, in soggetti particolarmente sensibili, può dare fenomeni opposti alla sedazione. Per la Camomilla anche le dosi sono molto importanti: l’infuso per sedare deve essere leggero, fatto con pochi capolini, mentre se troppo forte o concentrato si può usare per provocare il vomito. Ancora la Camomilla, specialmente nel neonato, per un uso prolungato può causare arrossamenti del sederino che già normalmente ha i suoi problemi!

L’ Uva orsina non serve se non abbiamo una cistite accertata e certo non è in grado di prevenirla.

Una tisana diuretica può essere controindicata se i nostri reni, non funzionando a dovere, si trovano a far fronte a un improvviso aumento della quantità di liquidi da eliminare. Nel caso di una cura lunga con delle tisane, non bisogna dimenticare che tutte le piante solubilizzate sotto forma di tisana tendono a introdurre nel nostro organismo, al di là dei principi attivi specifici, una certa quantità di sali di potassio, estremamente diffusi nei tessuti vegetali e questo potrebbe essere controindicato magari proprio nel vostro caso.

La validità delle piante

Anche questo è un punto della massima importanza. In generale le piante medicinali hanno validità di un anno. Una legge per la Camomilla indica una validità di due anni. La corteccia di Frangola, al contrario, deve invece essere invecchiata almeno da un anno prima di essere venduta, perché così si è certi che avrà perduto certi principi irritanti presenti nella corteccia fresca.

Le importazioni, oggi così frequenti, hanno certamente sovvertito questo problema, perché una Coda cavallina acquistata in febbraio è freschissima se appena raccolta in un’altra nazione. Ribadisco ancora una volta che di tutto questo si deve essere consapevoli e crearsi un punto di fiducia dove ricevere conoscenze e informazioni corrette.

Legislazione sulle tisane

Sulla liceità per il farmacista di formulare una tisana in modo autonomo senza ricorrere a un qualche formulario ufficiale, si ricorda che fin dal novembre 2002 una richiesta di Federfarma, FOFI e Sifap al ministero della Salute aveva domandato allo stesso di esprimersi «su un ulteriore tipo di preparazioni realizzate miscelando le piante medicinali di cui all’elenco pubblicato sul sito del ministero della Salute» e la risposta è stata che: «Gli adempimenti introdotti dalla Circolare n.3 18 luglio 2002 non si applicano a prodotti a base di ingredienti vegetali preparati nelle farmacie fornite di un laboratorio galenico autorizzato dalla ASL competente e periodicamente ispezionato. Tali prodotti, ottenuti secondo le norme di buona preparazione previste dalla Farmacopea Ufficiale XI ed., sono infatti destinati direttamente e unicamente ai clienti della farmacia». Ricordo che la circolare n. 3 si riferiva alla preparazione di «integratori vegetali» da parte degli stabilimenti autorizzati. Da questa normativa venivano escluse le farmacie che preparano tè, camomilla, tisane, contenenti ingredienti vegetali di tradizionale impiego e per le quali era esclusa la procedura di notifica. Mi sembra molto chiaro: è prassi che il Ministero mai dirà «il farmacista può fare», ma il «negativo» cioè le «norme non si applicano» diventa un positivo!

Comunque per i Colleghi che volessero iniziare a proporre delle formulazioni di tisane nella massima sicurezza e ufficialità esistono due importanti linee-guida fornite dall’Avis francese (Fascicule spécial n. 86/20 bis) del ministero della Salute e dallo Standard-Zulassungen Formulario ufficiale annesso alla farmacopea tedesca: le «tisane tedesche a composizione variabile». Scopo di entrambi i testi è quello di fornire indicazioni che permettano di formulare in modo così variabile che le quasi infinite soluzioni siano comunque compatibili con l’efficacia e la differenziazione tra le varie farmacie proponenti.

Piergiorgio Chiereghin