Il consumo di antibiotici in Europa ha subito una contrazione del 23% tra il 2011 e il 2020, non accompagnata tuttavia da una diminuzione dell’antimicrobico-resistenza, un fenomeno preoccupante che rimane molto marcato in particolare in alcune aree

Il consumo di antibiotici in Europa ha fatto registrare in questi anni un calo; è diminuito complessivamente del 23% tra il 2011 e il 2020. Questo decremento, tuttavia non è stato accompagnato da un calo consistente dell’antimicrobico-resistenza, ovvero della diffusione di patogeni in grado di resistere agli antibiotici stessi. Questa rimane, infatti, molto marcata, soprattutto in alcune regioni del vecchio continente.

A lanciare l’allarme è il rapporto “Antimicrobial resistence in the EU/EEA. A One Health Response”, realizzato dal Centro Europeo per il controllo delle malattie (ECDC) di concerto con la European Medicines Agency (EMA), l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) e l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OECD).

Antibiotici, riduzione dei consumi

L’uso complessivo di antibiotici tra gli anni 2011 e 2020 ha riscontrato una contrazione del 23%, con punte particolarmente significative durante la pandemia, in cui il calo registrato è stato del 18%. Tuttavia, è stato riscontrato un aumento del consumo di antibiotici ad ampio spettro, con differenze significative tra i diversi contesti che inducono i ricercatori a ritenere che un calo ulteriore risulti possibile.

Nel medesimo arco temporale analizzato (il decennio 2011-2020) sono stati fatti importanti progressi quanto alla riduzione di antibiotici nella produzione alimentare. Gli sforzi per ridurre l’uso degli antibiotici negli animali da allevamento hanno portato a una diminuzione del 43% di antibiotici in 25 Paesi, anche se con importanti variazioni regionali.

La resistenza batterica

Nonostante la riduzione nel consumo umano e in quello animale da produzione alimentare, la resistenza antimicrobica nei batteri degli esseri umani nell’UE/EEA, dal 2011, è aumentata per molte combinazioni antibiotico-batterio. Particolarmente preoccupante è l’aumento della resistenza agli antibiotici di importanza critica utilizzati per il trattamento di infezioni comuni. Tra il 2014 e il 2020, a fronte di una stabilità nelle percentuali di resistenza batterica, sono stati riscontrati allarmanti aumenti di Enterococcus faecium (per il quale la resistenza alla vancomicina è aumentata dal 9% del 2014 al 17% nel 2020) e la Klebsiella pneumoniae resistente ai carbapenemi (passata dall’8% nel 2014 al 10% del 2020).

Inoltre, la resistenza agli antibiotici comunemente usati per patologie batteriche degli animali da produzione alimentare è rimasta comunque elevata (da valori superiori al 20% e fino al 50%) o molto elevata (da valori superiori al 50% e fino al 70%) con differenze particolarmente significative tra le diverse aeree dell’UE o dello Spazio Economico Europeo.

L’approccio One Health

Le prove che la resistenza antimicrobica può diffondersi tra animali, esseri umani e ambiente stanno aumentando. Ridurre l’uso di antibiotici negli animali da produzione alimentare, sostituirli ove possibile e ripensare il sistema di produzione del bestiame grazie ad un approccio One Health è essenziale per il futuro della salute animale e pubblica.
“I paesi dell’UE/EEA hanno compiuto importanti passi avanti negli ultimi anni nello sviluppo e nell’attuazione di piani d’azione nazionali sulla resistenza antimicrobica, ma permangono delle lacune” si legge nel rapporto.

Il Rapporto raccomanda di monitorare l’attuazione dei piani d’azione nazionale, di continuare la sorveglianza integrata e ampliata dell’Antimicrobico-resistenza nei batteri dell’uomo, degli animali e dell’ambiente, di incentivare maggiormente la ricerca su nuovi vaccini, antibiotici e test massimizzando l’accesso alle risorse esistenti, come gli antibiotici a bassa disponibilità, stabilire un sistema per condividere e promuovere l’attuazione delle migliori pratiche per contrastare la resistenza antimicrobica e rinnovare l’attenzione circa l’importanza di una cooperazione internazionale in materia di sorveglianza e regolamentazione, anche con partner non UE/EEA.