La scelta di un buon vino non è mai basata sulla semplice considerazione se il mio pranzo sia a base di pesce o carne. Alla fatale domanda del cameriere “bianco o rosso?” la risposta che mi viene d’impulso è: “purché sia buono!” Banale? Forse. Scontato? Non sempre.
Nell’ultimo anno di grandi stravolgimenti, di proposte di remunerazione, di lotte in difesa delle ultime poche roccaforti della Farmacia (pianta organica, fascia C, 200 m…), della nuova farmacia, della farmacia dei servizi, della professionalità, la mia considerazione è proprio questa… purché sia buona.
Troppo spesso nel corso degli anni la Farmacia ha cavalcato l’onda di proposte che non erano nei suoi geni, con idee e scorribande in terreni che venivano semplicemente traslati da altri esercizi o attività senza una reale “traduzione” e adattamento a ciò che la Farmacia è e rappresenta.
Stimo chi ha la coscienza dei propri limiti e che si dà dei paletti invalicabili o se li oltrepassa ne è cosciente e lo fa con consapevole autodeterminazione, senza condizionamenti troppo spesso solo economici. Prima delle ferie sono stato molto colpito dall’episodio capitato ad un collega: ha investito molto in una buona strumentazione per le analisi in farmacia, non con la logica di sostituirsi a un laboratorio d’analisi ma porsi quale baluardo sul territorio per una rapida, economica, sicura risposta.
Quindi strumenti adeguati, offerta importante (analisi dei profili glicemico e lipidico, ematocrito, spirometria), strumenti adeguatamente tarati e con un sistema di controllo a campione per essere certi che anche la metodologia sia corretta (esattamente come fanno nei reparti ospedalieri prima di inviare a controlli più precisi nei laboratori d’analisi).
Prima dell’estate a una cliente gravida all’ottavo mese, con dermatite e prurito, il medico ipotizza una reazione fisiologica al caldo tropicale o ad una leggera intossicazione alimentare ma comunque le prescrive le analisi delle transaminasi ed un ematocrito, senza fretta: tempi d’attesa 5-6 giorni.
La stessa, sapendolo, esegue i controlli in Farmacia: valori sballatissimi.
Presentati all’ospedale, non conoscendo la serietà e la professionalità del collega, i medici mettono in dubbio i risultati, ma comunque accelerano i dovuti controlli: la paziente viene fatta partorire d’urgenza per un rischio d’ittero grave per il nascituro.
Probabilmente anche se si fossero seguiti i tempi presupposti dal medico si sarebbe risolto lo stesso, forse non è stata salvata una vita, ma certo è che, come detto dal nostro collega, il sorriso della mamma che è tornata con la sua bambina (non gialla) in braccio gli ha confermato le scelte fatte.
Non è stato rubato lavoro ai laboratori d’analisi, non si è fatto diagnosi, non si è speculato sulla malattia, la Farmacia ha semplicemente accompagnato il paziente in un percorso di guarigione, con strumenti più moderni, con metodiche più consoni ma con lo stesso spirito che ha sempre contraddistinto la VERA FARMACIA.
Tutto il resto è scimmiottare un modello salutistico che non ci appartiene.
Quello che realmente la persona vuole è il diritto all’accoglienza, la trasparenza di informazione, la sensazione di trovarsi di fronte ad un amico, la necessità di avere un “traduttore di senso” in un mondo che bombarda di informazioni e allettanti promesse sia in termini di risultati che economici, anche se siamo in un momento di grandi mutamenti, contraddizioni e sfide: la sfida più grande è rimanere se stessi.
La vera professionalità è un buon bicchiere di vino, che sia bianco o rosso, fermo o mosso poco importa: importa la qualità, la convinzione, l’adeguatezza, lo spirito con cui si propone e il sentore che si riesce a esprimere.
Iconograficamente penso al quadro del Guercino e alla frase in esso riportata “Et in Arcadia ego”, senza verbo ma parole che rievocano appartenenza ad un mistero, a un oltrepassare la morte e credere in se stessi.