Breve vademecum sulla celiachia

glutineSi definisce come “intolleranza permanente al glutine”, ma la celiachia deve essere ormai considerata a tutti gli effetti una malattia autoimmune e immunomediata, scatenata dal glutine in soggetti che hanno una predisposizione genetica

La celiachia si manifesta tipicamente con il graduale appiattimento dei villi intestinali e le lesioni di grado variabile delle mucose dell’intestino, determinando così da una parte un cattivo assorbimento delle sostanze nutritive e dall’altra una continua stimolazione del sistema immunitario. Due fattori che col tempo possono portare delle complicanze come, per esempio, le tiroiditi su base autoimmune o l’osteoporosi. Se la celiachia è scoperta in breve tempo dopo il suo esordio, specialmente in età pediatrica, la precoce eliminazione del glutine mette al riparo il celiaco dalle complicanze. Sempre che, ovviamente, si segua per tutta la vita un’alimentazione priva di glutine. Secondo la statistica, infatti, la mortalità dei celiaci diagnosticati in età pediatrica è uguale a quella della popolazione generale. Comunque, a oggi, il trattamento della celiachia è l’esclusione totale del glutine dalla dieta. Tuttavia, la ricerca scientifica sta studiando nuove possibilità di intervento: il vaccino oppure degli enzimi in grado di neutralizzare il glutine a livello gastrointestinale.

Le cause, genetica + ambiente

L’interazione tra il glutine e la transglutaminasi intestinali attiva la risposta immunitaria dei linfociti T CD4 positivi che producono sostanze infiammatorie come le citochine, l’interferone gamma e l’interleuchina 15, responsabili del danno alla mucosa intestinale. Gli studiosi hanno ribadito il ruolo di alcuni fattori ambientali nello scatenamento di queste reazioni immunologiche. La suscettibilità alla celiachia è determinata in gran parte da molecole di classe II del complesso maggiore di istocompatibilità, in particolare dagli antigeni HLA-DQ2 e HLADQ8. Se sia il DQ2 che il DQ8 sono assenti non vi è nessuna possibilità di sviluppare la malattia. Tuttavia, va ricordato che anche la loro presenza non è sinonimo di celiachia: il 30-35% della popolazione generale e il 60-70% dei familiari di primo grado dei celiaci hanno questi antigeni senza avere l’intolleranza al glutine. Infatti l’HLA spiega soltanto il 30-40% del rischio genetico. Tra le cause ambientali, la prima è una aumentata esposizione al glutine dovuta al consumo di una maggiore quantità di cereali che, inoltre, sono più ricchi di glutine di quanto non fossero quelli del passato. Seguono le infezioni virali: in letteratura già si conosce il ruolo dell’adenovirus e del rotavirus. A questi si aggiungono situazioni di forte stress per l’organismo o la gravidanza. In altre parole, perché la celiachia si manifesti è necessario una predisposizione genetica sommata a fattori ambientali, in grado di far insorgere la celiachia in qualsiasi età della vita, anche geriatrica.

Le varie forme

La celiachia tipica si manifesta nei bambini nei primissimi anni di vita e più raramente nell’adulto. Oltre all’arresto della crescita e alla perdita di peso i sintomi coinvolgono l’apparato gastrointestinale con dolori addominali, diarrea cronica, vomito. La celiachia atipica è più comune tra gli adulti, sebbene possa manifestarsi anche nei bambini. Le sue manifestazioni sono prevalentemente extraintestinali dovute a malassorbimento e ad alterazione del sistema immunitario. Le più frequenti sono: ipocalcemia, anemia, ipertransaminasemia, ipoplasia allo smalto dentale, dermatite erpetiforme, problemi alla sfera riproduttiva.

La celiachia silente è asintomatica ed è rilevabile solo tramite screening anticorpale e biopsia intestinale, che permette di individuare eventuali lesioni della mucosa. Lesioni che guariscono con una dieta priva di glutine. È più frequente nei familiari di primo grado dei celiaci. La celiachia potenziale identifica quel sottogruppo di celiaci in cui è presente una positività per i marcatori seriologici, ma la mucosa intestinale è normale o presenta solo un incremento dei linfociti intraepiteliali. L’indicazione o meno della dieta aglutinata va prescritta caso per caso. Il glutine è un complesso proteico presente in alcuni cereali come grano, orzo o segale formato da prolamine e gluteline. Un complesso che è in grado di formare un reticolo proteico, a differenza dei cereali che ne sono privi come il riso o il mais, e che è fondamentale per la lievitazione delle farine e la tenuta degli impasti di pane o pasta. Oltre che nei cereali, il glutine è aggiunto in molti prodotti industriali.

Barbara Asprea

Il progresso delle conoscenze e gli obiettivi futuri

Da intolleranza alimentare rara e confinata all’età pediatrica a patologia autoimmune in grado di manifestarsi in qualsiasi età della vita: in pochi anni la ricerca scientifica ha ridisegnato la storia naturale della celiachia grazie a significative scoperte che ne hanno chiarito i meccanismi patogenetici e le molteplici modalità di presentazione sul piano clinico. Il notevole incremento delle diagnosi, raddoppiate negli ultimi 5 anni, è la logica conseguenza della maggiore attenzione della classe medica verso questa condizione e soprattutto della disponibilità di marcatori anticorpali che si sono rivelati sempre più specifici e sensibili. L’importanza degli anticorpi antitransglutaminasi e antiendomisio ai fini della diagnosi è così cresciuta che nei bambini e adolescenti con severi sintomi di malassorbimento l’Espghan (Società Europea di Gastroenterologia Epatologia e Nutrizione Pediatrica) ha preso in considerazione la possibilità di porre diagnosi di celiachia senza la necessità della biopsia intestinale a patto che vi sia una positività ad alto titolo per gli anticorpi antitransglutaminasi, confermata dalla positività per gli anticorpi antiendomisio e dalla presenza del pattern genetico tipico per celiachia (HLA-DQ2 e/o -DQ8). Dal momento che la diagnosi precoce di celiachia e la conseguente dieta senza glutine hanno un ruolo protettivo nei confronti dello sviluppo delle patologie autoimmuni associate e delle complicanze (celiachia refrattaria e linfoma intestinale), è fondamentale promuovere campagne di screening per la celiachia nei soggetti appartenenti ai cosiddetti gruppi a rischio, a cominciare dai familiari di celiaci e da pazienti con patologie autoimmuni (in particolare tiroidite di Hashimoto e diabete mellito di tipo 1). La grande sfida per il futuro è rappresentata dalla identificazione di terapie alternative alla dieta aglutinata attraverso l’impiego di una pillola in grado di digerire il glutine in vivo o di curare definitivamente la celiachia mediante l’utilizzo di un vaccino che consenta la desensibilizzazione del celiaco nei confronti del glutine.

Umberto Volta -Laboratorio di Immunologia, dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche, Università di Bologna, coordinatore comitato scientifico dell’Associazione Italiana Celiachia

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