Calcoli renali: una panoramica sulla patologia

Sintomi, diagnosi, prevenzione e rimedi per i calcoli renali, una delle malattie urologiche maggiormente trattate in ospedale. In funzione delle caratteristiche di questi piccoli sassi è possibile definire un piano di intervento efficace

Soffrire di calcolosi delle vie urinarie non è un evento raro: capita al 10% della popolazione maschile e al 7% di quella femminile, soprattutto tra i 30 e i 50 anni. Nel mondo occidentale e negli ospedali italiani rappresenta la patologia urologica più trattata. L’incidenza è in crescita: si stimano 100.000 nuovi casi all’anno nel nostro Paese. Le recidive sono molto frequenti. L’Associazione urologi italiani (Auro) definisce questa condizione come la presenza di uno o più calcoli di dimensioni variabili all’interno delle cavità escretrici del sistema urinario, dai calici renali fino all’uretra. Infatti, i calcoli possono formarsi a livello delle vie urinarie superiori, rene e uretere, prendendo il nome di nefrolitiasi o litiasi renale, o a livello delle basse vie urinarie, vescica e uretra.  Nel primo caso le cause principali sono un’alterazione del metabolismo minerale o, più raramente, una malformazione. Nel secondo caso, invece, può essere presente una stasi urinaria dovuta a iperplasia prostatica benigna, a un’infezione cronica o a un corpo estraneo.

Tra le principali cause dei calcoli renali troviamo la scarsa assunzione di liquidi, diete squilibrate, sovrappeso, sedentarietà, sindrome metabolica, iperparatiroidismo e malassorbimento intestinale

I calcoli

I calcoli assomigliano a piccoli sassi e si differenziano tra loro per dimensioni, composizione chimica, forma e colore. Si va da piccolissimi granelli simili a sabbia, noti come renella, a formazioni di qualche centimetro. Nella maggior parte dei casi si formano all’interno dei reni quando i normali soluti delle urine diventano troppo concentrati e precipitano sotto forma di cristalli. Questi ultimi tendono nel tempo ad aggregarsi e a crescere, dando origine, appunto, al calcolo. Se arrivano fino alla vescica, attraverso l’uretra, possono essere espulsi all’esterno del corpo con le urine. Questo avviene senza dolore solo se sono molto piccoli.

Le coliche renali

I calcoli possono rimanere silenti a lungo finché non crescono troppo o non migrano dalla loro sede andando a creare un’ostruzione in un tratto delle vie urinarie. In questo caso può comparire un dolore acuto e improvviso, intermittente, che da un fianco si irradia alla schiena e alla regione genitale: è in corso una colica renale. Questo tipo di dolore può essere estremamente violento e costringere chi lo prova a interrompere qualsiasi attività e, talvolta, perfino a un ricovero ospedaliero. È stato definito come “una coltellata al fianco”. Gli antidolorifici più forti ed efficaci che servono in questi casi devono essere in ogni caso prescritti da un medico, anche quando il paziente può essere curato a casa. A seconda del quadro clinico, della causa e della natura del calcolo, sarà possibile intervenire con una categoria terapeutica piuttosto che con un’altra. Una colica renale, se non risolta in tempi brevi, può causare danni gravi al rene.

Sintomi associati

Oltre al forte dolore, un calcolo bloccato nel rene che non riesce a essere espulso può provocare vari disturbi tra cui irrequietezza e incapacità di restare immobili, nausea, vomito, necessità di urinare più spesso del normale (stranguria), dolore alla minzione (disuria) e sangue nelle urine (ematuria). Quest’ultimo sintomo è dovuto ai microtraumi alle pareti delle vie urinarie provocati dal passaggio del calcolo stesso. Se poi ha dimensioni tali da ostruire completamente l’uretere, l’urina può accumularsi, ristagnare (idronefrosi) e infettarsi compromettendo l’incolumità del rene dove si trova il calcolo (pielonefrite omolaterale). In questo caso i sintomi si aggravano e possono comparire febbre alta, brividi, debolezza, diarrea, urina torbida e maleodorante. Inutile dire che una situazione simile richiede un intervento medico tempestivo e la somministrazione di un antibiotico adatto. La complicanza più seria della stasi urinaria, infatti, è il rischio di setticemia, condizione che può mettere a rischio la vita del paziente.

Prevenire nuovi episodi

I metodi per prevenire la formazione di nuovi calcoli variano in base alla composizione di quelli esistenti. Per questo motivo è fondamentale riuscire a capirne la natura e la composizione eseguendo un esame chimico-fisico del calcolo, cosa che purtroppo oggi viene fatta solo nel 10% dei casi. Occorre recuperare il calcolo filtrando l’urina con una carta assorbente o con un filtro a rete per tutto il periodo in cui si cerca di espellerlo. Gli interventi che seguiranno possono includere modifiche all’alimentazione, per esempio, evitando alimenti troppo ricchi di ossalati (cioccolato, frutta secca, spinaci, barbabietole, frutti di bosco eccetera), l’utilizzo di alcalinizzanti o di acidificanti delle urine, in alcuni casi una terapia farmacologica e, sempre, bere molto.

Diagnosi

Se il medico sospetta la presenza di calcoli di solito si affida a una metodica di diagnostica per immagini e a un’analisi delle urine. Secondo le più recenti linee guida del National institute of health and care excellence (Nice), a un adulto con sospetta colica renale andrebbe offerta con urgenza, meglio se entro 24 ore dalla manifestazione dei sintomi, una tomografia computerizzata (TC) a basso dosaggio senza mezzo di contrasto. Nella realtà, spesso si parte da un’ecografia, metodo comunque di scelta nel caso di donne in gravidanza, bambini o ragazzi. Rispetto alla TC, però, l’ecografia non è in grado di rilevare i calcoli piccoli, specie se si trovano nell’uretere, la sede esatta dell’ostruzione delle vie urinarie o di individuare altri disturbi gravi che potrebbero essere la reale causa dei sintomi. Gli esami radiografici dell’addome riescono a rilevare solo i calcoli di calcio. Rappresentano un’alternativa utile per confermarne la presenza o per controllare quanto si sono spostati dalla sede iniziale.

acqua
Bere almeno 2-3 litri di liquidi al giorno, favorisce la minzione e l’espulsione di possibili soluti presenti nei reni

L’acqua come terapia

Il modo migliore in assoluto per prevenire la formazione di calcoli renali nei soggetti predisposti, ma anche in chi è sano, è bere 2-3 litri di liquidi al giorno, preferibilmente acqua. In questo modo le urine restano diluite e i soluti che contengono non si concentrano troppo. Un metodo facile per capire se siamo idratati a sufficienza o se dobbiamo bere di più è osservare il colore delle urine, che deve rimanere giallo chiaro paglierino. Urine giallo scuro o tendenti ad arancione e marrone sono troppo concentrate.

Terapie

A parte la gestione del dolore e gli interventi per prevenire le recidive, una volta accertata la presenza di un calcolo si può procedere in vari modi, a seconda delle circostanze e della presenza o meno di sintomi. È possibile intraprendere una terapia medica per stimolare l’espulsione del calcolo con le urine (terapia espulsiva). Gli alfa-bloccanti possono essere presi in considerazione a qualsiasi età in caso di calcoli ureterali distali di dimensioni inferiori a 10 millimetri. In caso di calcoli renali asintomatici si può decidere di attendere in modo vigile se il calcolo è < 5 millimetri. Se è > 5 millimetri questa strategia deve essere concordata con il paziente dopo opportune delucidazioni mediche (counseling). Se i calcoli sono di acido urico, si può tentare di scioglierli ricorrendo a una terapia alcalinizzante per alzare il pH delle urine. Il metodo è efficace nel 30-40% dei casi e solo se le urine fluiscono in modo normale intorno al calcolo. L’ultima opzione, la più complessa, prevede il ricorso a una delle metodiche chirurgiche disponibili, inclusa la frantumazione (litotrissia). Di solito questo diventa necessario quando i calcoli sono troppo grandi per essere espulsi naturalmente (≥ 6-7 millimetri di diametro). In ogni caso la scelta del tipo di cura è decisa dal medico che si orienta in base alle dimensioni e alla localizzazione del calcolo e alle condizioni complessive del paziente.