Capitali in farmacia, un cambiamento da governare

“La farmacia e la politica farmaceutica tra stato e mercato: lo scenario” è il titolo scelto per la tavola rotonda che ha riunito i rappresentanti della politica, dei cittadini, delle istituzioni e dell’economia durante l’assise della professione, Farmacista Più, patrocinata dalla Federazione degli Ordini dei Farmacisti Italiani, tenutasi a Milano. Focus sulle novità normative prossime venture, quindi che, come ha illustrato nell’introduzione il vicepresidente della Fofi, senatore Luigi D’Ambrosio Lettieri, vengono a collocarsi in una fase in cui “è drammatica la ricerca di un equilibrio tra mercato e welfare, tra compatibilità economiche e solidarietà. La parola chiave è sostenibilità, ma questa non può essere agganciata solo a un’operazione contabile di quadratura dei bilanci, che porterebbe a sottomettere il concetto di equità alla logica di mercato”. È evidente che occorre un intervento di razionalizzazione, “ma a queste esigenze si risponde con un nuovo modello di governance, e uomini nuovi con un patrimonio di saperi e competenze”.
Gli interventi sulla farmacia  previsti dal Ddl Concorrenza, in estrema sintesi, si imperniano sull’ingresso delle società di capitali nella proprietà delle farmacie e sulla possibilità, quindi, di creare catene di farmacie, come illustrato nel primo intervento dalla professoressa Erika Mallarini della Sda Bocconi.
Per la senatrice Emilia Grazia De Biasi, presidente della Commissione Sanità, questa apertura appariva inevitabile, perché non è possibile fermare l’evoluzione dei mercati “anche se si può e si devono regolare” e se si può “non soccombere al mercato è necessario essere pronti a innovare”  mentre non sempre il mondo della farmacia ha dimostrato questa apertura.
“Non è grazie a quanto si scrive nel Piano sanitario che la farmacia diviene un servizio per il cittadino, lo è da sempre come ben sanno i cittadini”, ha esordito l’onorevole Daniele Capezzone, presidente della Commissione Finanze della Camera, dove è partito l’iter del Ddl. Capezzone, pur da un punto di vista liberale, si è detto preoccupato, “perché il passaggio da settore protetto a mercato perfetto quando in Europa si è circondati da oligopoli significa aprire alla spoliazione” come avvenuto in altri settori economici.  Tre dunque i paletti da porre “in un approccio laico e pragmatico”: affrontare il tema dei conflitti di interesse che possono presentarsi a che entri nel settore delle farmacie; vigilare per evitare che si formino posizioni dominanti; prevedere un regime transitorio.
Americo Cicchetti,  direttore Altems (Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari, Università Cattolica del Sacro Cuore), ha voluto sottolineare come ci sia un grave ritardo nel recepire da parte del decisore sanitario le novità che già nel 2009 la Legge sulla farmacia dei servizi aveva introdotto, e in particolare la possibilità di offrire prestazioni sanitarie. “La nascita di reti di farmacie è un fatto positivo”, ha sottolineato Cicchetti, “ma devono essere ancorate al servizio sanitario, e quindi abilitate a offrire prestazioni rimborsate che si inseriscano nel processo di cura come un valore aggiunto”.
Sulla stessa linea anche l’intervento di Antonio Gaudioso, segretario generale di Cittadinanzattiva – Tribunale dei diritti del malato. Gaudioso ha tenuto a sottolineare come l’ingresso dei capitali può essere un vantaggio, ma a patto che questo non significhi abbracciare come unico criterio di valutazione la redditività. Occorre invece, se si parla di servizio, “fissare standard di prestazioni, integrare l’opera del farmacista nel percorso di diagnosi e cura”. Sarebbe sbagliato, come accaduto nel caso del trasporto locale, affidarsi a una mera logica di mercato che porta a tagliare servizi che poi la finanza pubblica deve sussidiare.
Molto sintetico l’intervento di Luca Pani, direttore generale dell’Aifa, che ha ricordato come ormai le decisioni che si trova ad affrontare il decisore sanitario vadano prese a livello globale, e che le attuali emergenze, dall’invecchiamento della popolazione all’accesso all’innovazione farmacologica, chiamino in causa un ruolo differente della farmacia di comunità. Ma ha rimproverato alla professione “di non aver voluto fare un passo decisivo verso il nuovo” rinunciando, per esempio, a difendere l’intesa che era stata raggiunta a proposito della riforma della remunerazione, in seno al tavolo coordinato dall’AIFA.
Molto nette le conclusioni del presidente della Fofi, senatore Andrea Mandelli. “Indietro non si torna e con questa innovazione  si dovrà fare i conti. Non possiamo ammettere, però, che tutto si riduca all’economia, perché  si tratta sempre comunque dell’assistenza ai cittadini”.  La farmacia italiana sta attraversando un momento di gravissima crisi “e non stiamo certo esagerando quando parliamo di migliaia di farmacie con serissime difficoltà finanziari. L’arrivo di capitali può essere una risposta, ma alcuni punti sono irrinunciabili”. A cominciare dal quadro delle compatibilità e dei conflitti di interesse, dei limiti a concentrazione e integrazione e dall’indipendenza del professionista. “Siamo stati dipinti come un trust, ma in realtà le farmacie italiane sono un  insieme di 18.000 individualisti, i veri grandi trust potranno formarsi da domani, mi auguro che l’Autorità garante tenga presente questo aspetto”. Infine, Mandelli ha esportato a ricordare “che anche sono nate da tempo società di farmacisti, cooperative, tutte realtà che per ora non siamo riusciti a sviluppare al di là della dimensione del gruppo d’acquisto. È venuto il momento di metterle a sistema per affrontare questo cambiamento”.