Difficoltà di accesso a servizi dedicati, dagli ambulatori diagnostici al consulto con il medico, disinformazione o scarsa consapevolezza nella gestione della fertilità. Sono alcune criticità in tema di cultura e pratica della contraccezione. Lo ha attestato uno studio, condotto fra le donne del Regno Unito, presentato al recente Congresso della Società europea di contraccezione (Esc), svoltosi a Ghent (Belgio), il cui contesto è tuttavia speculare ad altri Paesi europei, Italia compresa.

Il background

Difficoltà di accesso a servizi, perché potenzialmente distanti o con brevi orari di apertura, minore disponibilità di metodi contraccettivi o di counselling, limiti individuali ad organizzare un consulto medico, quali spostamenti, cura dei figli, assenza dal lavoro, scarsa cultura contraccettiva. Infine la pandemia. Sono alcuni dei fattori che si sono frapposti fra le donne e la consapevolezza/corretta gestione della fertilità, da cui non è uscita nemmeno la popolazione femminile italiana.

Secondo alcune stime recenti, negli ultimi due anni sul nostro territorio si è registrata una diminuzione degli esami ginecologici pari al 54%, una flessione di nuovi trattamenti di circa il 34% e mediamente 130 mila cicli contraccettivi attuati in meno. Quest’ultimo dato, in relazione allo studio inglese, potrebbe essere contenuto, secondo gli esperti, dal ricorso alla Pop.

La Pop

Sigla di Progestogen-only pill, è una pillola contraccettiva a base di solo progestinico, che può essere offerta senza obbligo di prescrizione. Una “soluzione” agile in grado di favorire, se non di superare, alcune difficoltà affrontate dalla donna nella quotidianità (non solo in contesti di emergenza), prime fra tutti gli impedimenti personali e sanitari di accesso ai servizi ginecologici dedicati, o la limitazione nelle scelte in merito alla salute riproduttiva.

I dati presentati in occasione del Congresso Esc, riferiti a nove mesi di utilizzo della Pop, attesterebbero che essa ha rappresentato un salto di qualità per la salute intima delle donne nel Regno Unito, a partire dalla loro riclassificazione del 2021. Da qui l’ipotesi di possibile applicabilità della Pop in altri Paesi europei.

Anche il parere degli esperti italiani è positivo e vede l’interazione di più figure professionali territoriali: «Favorire la possibilità delle donne di accedere a un metodo contraccettivo sicuro ed efficace con il supporto del farmacista – dichiara la professoressa Rossella Nappi, docente dell’Università di Pavia e membro del direttivo della Società internazionale di endocrinologia ginecologica (Isge) – è un importante passo avanti, soprattutto in un periodo come questo, dove abbiamo incontrato più difficoltà nell’erogare visite specialistiche.

Il confronto con il medico resta fondamentale per una discussione approfondita sulle scelte in tema di salute riproduttiva a lungo termine e non avere l’obbligo di prescrizione nell’uso della Pop può aiutare, anche in Italia, tutte le donne nella gestione della propria fertilità con maggior consapevolezza in caso di bisogno immediato».

L’impegno

È necessario, oggi, che tutte le figure referenziali per la salute femminile, sessuale, ginecologica e con solo, si alleino per fare corretta informazione alle donne. Obiettivi presenti e futuri:

  • migliorare e facilitare la conoscenza sull’uso della contraccezione, sull’aborto, sulle malattie sessualmente trasmissibili e sulla salute riproduttiva in tutti i Paesi europei;
  • avviare differenti politiche in tema di contraccezione e salute riproduttiva omogenee e armoniche nel contesto (almeno) europeo;
  • promuovere la disponibilità di tutti i metodi contraccettivi;
  • svolgere ricerche epidemiologiche e sociologiche sulla contraccezione e sulla salute riproduttiva in tutti i Paesi dell’Europa;
  • incoraggiare le relazioni tra la Società Europea di Contraccezione e Salute Riproduttiva e appropriati enti sanitari a livello mondiale;
  • condividere conoscenze ed esperienze di contraccezione con Paesi extra-europei.

Sviluppare soluzioni che permettano una maggiore facilità di accesso non solo favorisce l’autodeterminazione delle donne in tema di scelte riproduttive, ma è un impegno di civiltà, etico e sociale.