In occasione del 63° Congresso della Società italiana di nefrologia (Sin) svolto a Rimini a ottobre, si è discusso, tra i diversi temi, dei biomarcatori allo studio per diagnosi più precoci e terapie più efficaci, delle novità diagnostico-terapeutiche e dell’indissolubile legame rene-cuore.

I vantaggi degli SGLT2IR

A migliorare il benessere dei pazienti con malattia renale e interessamento cardiologico, infatti, è stato preannunciato l’arrivo dei farmaci SGLT2IR, per i quali ci si aspetta la rimborsabilità a breve. Una possibilità terapeutica che, come è stato dimostrato in diversi trials clinici, riduce drasticamente il numero degli eventi cardiovascolari e renali, fino al 40% in meno.

Numerosi i vantaggi dal punto di vista terapeutico, tra i quali il rallentamento dell’evoluzione della malattia renale cronica (MRC), che negli studi di registrazioni hanno raggiunto valori vicini al dimezzamento della velocità; un moderato effetto anti-ipertensivo e diuretico che potrebbe far risparmiare sull’uso di altri farmaci con tali azioni, di frequente utilizzazione nel paziente con MRC; una ridotta incidenza di iperpotassiemia, un problema che spesso si manifesta con l’uso di altre categorie di farmaci, anche questi utilizzati per ridurre l’evoluzione della MRC (ace-inibitori, sartani), rendendo più possibile l’associazione con tali farmaci.

Nuove tecnologie

Inoltre, è stata presentata una nuova tecnologia già applicata in pazienti con malattia renale cronica di alcune Regioni come Lombardia, Piemonte e Puglia, rendendo possibile eseguire il trattamento dialitico “da remoto”. Esperienze pionieristiche che rispondono ai bisogni concreti di questi pazienti estremamente fragili, costretti a muoversi dal proprio domicilio anche 3 volte a settimana, con un impatto importante sulla spesa sanitaria e sulla qualità di vita.

Oggi, la tecnologia permette anche di migliorare la sicurezza dei pazienti monitorati a distanza. Grazie all’Intelligenza Artificiale (AI), infatti, i dati ottenuti da remoto vengono elaborati in modo da prevedere eventi clinici avversi e inviare un messaggio di allerta al nefrologo, così da poter intervenire in tempo utile.

«Circa il 20% dei trattamenti dialitici – spiega Piergiorgio Messa, presidente di Sin, già direttore di Unità Operativa Complessa di Nefrologia, Dialisi e Trapianto Renale – Policlinico di Milano e Professore Ordinario di Nefrologia all’Università degli Studi di Milano – potrebbe essere gestito a distanza (dialisi domiciliare), mentre resta un 70/80% di dialisi extracorporea che prevede la presenza di un infermiere o di un caregiver che abbia fatto un addestramento congruo (che va dai 3 ai 6 mesi). La dialisi peritoneale costituisce la vera sfida dei prossimi anni in termini di terapia sostitutiva, essendo la tecnica che ha più radicamento sul territorio e maggiori possibilità di conduzione con tecniche di telemedicina e video-dialisi».