Sul numero di giugno di Tema Farmacia sono stati approfonditi alcuni temi inerenti al potere disciplinare nei confronti dei farmacisti e al procedimento disciplinare. Concludiamo l’analisi trattando nel dettaglio le sanzioni disciplinari nei confronti dei farmacisti e il rapporto tra procedimento penale e procedimento disciplinare

Ai sensi dell’art. 1, comma 3, lettera l), D.Lgs. CPS n. 233/1946 (come riformato dalla legge n. 3/2018), le sanzioni disciplinari devono essere irrogate “secondo una graduazione correlata alla volontarietà della condotta, alla gravità e alla reiterazione dell’illecito, tenendo conto degli obblighi a carico degli iscritti, derivanti dalla normativa nazionale e regionale vigente e dalle disposizioni contenute nei contratti e nelle convenzioni nazionali di lavoro”.

In attuazione di tale norma, l’art. 40, comma 6, Codice deontologico, ha stabilito che le sanzioni devono essere appunto commisurate alla gravità dei fatti e devono tener conto della reiterazione dei comportamenti, nonché delle specifiche circostanze, soggettive e oggettive, che hanno concorso a determinare la violazione.

Ciò premesso, ai sensi dell’art. 40, Regolamento per l’esecuzione approvato con D.P.R. n. 221/1950, le sanzioni disciplinari applicabili ai farmacisti sono:

  • l’avvertimento, che consiste nel diffidare il colpevole a non ricadere nella mancanza commessa;
  • la censura, che è una dichiarazione di biasimo per la mancanza commessa;
  • la sospensione dall’esercizio della professione per la durata da uno a sei mesi, salvo quanto stabilito dall’art. 43 del Regolamento;
  • la radiazione dall’Albo.

Ai sensi dell’art. 41, Regolamento, la radiazione viene pronunciata contro il farmacista che con la sua condotta abbia compromesso gravemente la sua reputazione e la dignità della classe sanitaria. La radiazione è prevista anche (art. 42, Regolamento):

  • in caso di condanna per uno dei reati previsti dal Codice penale agli artt. 446 (commercio clandestino o fraudolento di sostanze stupefacenti), 548 (istigazione all’aborto), 550 (atti abortivi su donna ritenuta incinta) e per ogni altro delitto non colposo, per il quale la legge commina la pena della reclusione non inferiore nel minimo a due anni o nel massimo a cinque anni;
  • in caso di interdizione dai pubblici uffici, perpetua o di durata superiore a tre anni, e di interdizione dalla professione per una uguale durata;
  • in caso di ricovero in un manicomio giudiziario nei casi indicati nell’art. 222, comma 2, Codice penale;
  • in caso di applicazione della misura di sicurezza preventiva prevista dall’art. 215, comma 2, n. 1, Codice penale (assegnazione a una colonia agricola o a una casa di lavoro).

Ai sensi dell’art. 50, Regolamento, il farmacista radiato dall’Albo può essere iscritto nuovamente purché siano trascorsi cinque anni dal provvedimento di radiazione e, se questa deriva da condanna penale, sia intervenuta la riabilitazione e il farmacista abbia tenuto, dopo la radiazione, irreprensibile condotta. Sull’istanza di reiscrizione provvede il Consiglio, con l’osservanza delle disposizioni relative alle iscrizioni.

Ai sensi dell’art. 43, Regolamento, la sospensione dall’esercizio della professione avviene, oltre che per i casi previsti dalla legge, in caso di:

  • emissione di un mandato o di un provvedimento che disponga gli arresti domiciliari o la custodia cautelare in carcere;
  • applicazione provvisoria di una pena accessoria o di una misura di sicurezza ordinata dal giudice, ai sensi dell’art. 206, Codice penale;
  • interdizione dai pubblici uffici per una durata non superiore a tre anni;
  • applicazione di una delle misure di sicurezza detentive previste dall’art. 215, comma 2, nn. 2 e 3, Codice penale (ricovero in una casa di cura e di custodia o ricovero in manicomio giudiziario);
  • applicazione di una delle misure di sicurezza non detentive previste dall’art. 215, comma 3, nn. 1, 2, 3 e 4, Codice penale (libertà vigilata, divieto di soggiorno in uno o più comuni o province, divieto di frequentare osterie e pubblici spacci di bevande alcoliche, espulsione dello straniero dallo Stato).

Il rapporto tra procedimento penale e procedimento disciplinare

Procedimento penale e procedimento disciplinare sono, in linea di principio, del tutto autonomi. Il Codice di procedura penale non prevede la sospensione obbligatoria del procedimento disciplinare in caso di pendenza del processo penale. Ciò significa che è rimessa all’autorità disciplinare la scelta fra dar corso, comunque, al procedimento per la violazione deontologica, oppure attendere gli esiti delle indagini preliminari e/o del processo penale.

Le Sezioni unite della Corte di Cassazione, tuttavia, hanno stabilito in proposito che, qualora l’addebito disciplinare abbia a oggetto i medesimi fatti contestati in sede penale, il giudizio disciplinare deve essere sospeso, ai sensi dell’art. 295, Codice di procedura civile, in pendenza di quello penale, dato che dalla definizione di quest’ultimo può dipendere la decisione del procedimento disciplinare (Cass., Sezioni unite, 8 marzo 2004, n. 4893). Peraltro, nella prassi, quasi sempre l’Ordine dei farmacisti sospende il procedimento disciplinare in pendenza di quello penale (che abbia a oggetto i medesimi fatti), in quanto dalla definizione del giudizio penale può evidentemente dipendere la decisione del procedimento in sede disciplinare.

Ciò premesso, la norma che regolamenta i rapporti tra il procedimento disciplinare e quello penale è dettata dall’art. 653, Codice di procedura penale, la quale, secondo la giurisprudenza prevalente, pur facendo riferimento ai giudizi disciplinari per responsabilità davanti alle pubbliche autorità (con riguardo specifico, dunque, ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni), si applica ai procedimenti disciplinari a carico di tutti i professionisti sanitari, ivi compresi, quindi, i farmacisti, secondo cui “la sentenza penale irrevocabile di assoluzione ha efficacia di giudicato nel giudizio per responsabilità disciplinare davanti alle pubbliche autorità quanto all’accertamento che il fatto non sussiste o non costituisce illecito penale ovvero che l’imputato non lo ha commesso. La sentenza penale irrevocabile di condanna ha efficacia di giudicato nel giudizio per responsabilità disciplinare davanti alle pubbliche autorità quanto all’accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all’affermazione che l’imputato lo ha commesso”.

Pertanto, qualora il farmacista subisca un procedimento penale, per gli stessi fatti oggetto del procedimento disciplinare, in tale sede si producono i seguenti effetti:

  • in caso di assoluzione con formula piena (poiché il fatto non sussiste o perché l’imputato non lo ha commesso), il giudicato penale esplica i suoi effetti anche nel procedimento disciplinare, impedendo così all’Ordine di sottoporre il farmacista a procedimento disciplinare per i medesimi fatti oggetto del procedimento penale;
  • in caso di assoluzione per estinzione del reato dovuta a prescrizione, amnistia o indulto, o per remissione della querela, l’Ordine conserva il potere disciplinare e il farmacista può essere sottoposto a procedimento disciplinare per i medesimi fatti;
  • in caso di condanna in sede penale, l’Ordine ha l’obbligo di esercitare il potere disciplinare, non potendo mettere in dubbio i fatti accertati dal giudice penale, ma conservando libertà di giudizio in merito alla rilevanza o meno del fatto dal punto di vista della deontologia e dell’etica professionale (ciò in quanto, soprattutto nei reati colposi, quali omicidio colposo e lesioni colpose, al verificarsi dell’evento avverso, morte e lesioni del paziente, non necessariamente corrisponde un illecito deontologico).

Qualunque sia, in ogni caso, l’esito definitivo del giudizio penale (e, quindi, anche nell’ipotesi di archiviazione), l’Ordine è tenuto a riprendere il procedimento e portarlo a conclusione, dandone comunicazione alla Regione e all’autorità giudiziaria, con un provvedimento, quale esso sia. Peraltro, la sospensione e/o la radiazione del farmacista possono derivare
direttamente, cioè di diritto (ai sensi degli artt. 42 e 43, D.P.R. n. 221/1950), da provvedimenti del giudice penale, interinali o definitivi, e perciò anche nel corso del procedimento disciplinare.

Infine, in caso di privazione della libertà personale disposta dall’autorità giudiziaria in una qualsiasi fase dal procedimento penale, la sospensione del farmacista dall’esercizio della professione, quindi dall’Albo, opera di diritto (ai sensi dell’art. 43, lettera a), D.P.R. n. 221/1950), fino a quando abbia effetto il provvedimento da cui essa è stata determinata.