Costruire e migliorare la qualità della farmacia

Affinché le si possa attribuire un significato concreto, la qualità deve essere costruita e migliorata attraverso sistemi che siano patrimonio dell’impresa farmacia

Qualità una delle parole più usate (e più abusate) di questi tempi, anche in farmacia. Spesso usata in senso assoluto ed esclusivamente positivo, ‘qualità’ indica l’insieme delle caratteristiche di un oggetto o di un soggetto, che possono essere sia positive sia negative. In ambito economico e aziendalistico la qualità può essere ricondotta alla capacità del bene o servizio di corrispondere alle attese dei clienti. È perciò strettamente connessa alla soddisfazione e, quindi, auspicabilmente anche alla fedeltà, dei clienti. Ed è soggetta a misurazione!

qualità

Non banalizziamo

Nel panorama competitivo attuale la farmacia ‘tradizionale’ si trova, come è noto, a competere con modelli fordisti che puntano sull’efficienza dei processi e sulle economie dimensionali (negli acquisti ma anche in altre funzioni ‘centrali’) che soggetti interni ed esterni al settore stanno cercando di sviluppare: catene di farmacie, corner della Gdo, altri canali (sempre Gdo e anche online).

La risposta competitiva da molti individuata e più volte suggerita è quella di mantenere un posizionamento distintivo di elevata qualità del servizio rispetto a modelli che tendono a tradurre la maggiore efficienza in concorrenza di prezzo. Tutto corretto, a condizione che non si pensi che industriale sia (necessariamente) brutto e artigianale sia (altrettanto necessariamente) bello.

La riflessione che più interessa riguarda  la definizione e il miglioramento continuo dei processi di produzione, anche quando questi continuano a essere svolti da persone, tanto più se – come in farmacia – lo svolgimento delle attività è soggetto a rischi e, quindi, a controlli (esterni e di mercato). In una farmacia si svolgono quotidianamente una serie di attività di estremo valore e di estrema delicatezza, nel senso che sono soggette a rischio di errore. Attività di front office visibili al cliente (e al titolare) e attività di back office che il cliente non vede e che lo stesso titolare non può sempre vedere o fare direttamente in prima persona: attività di gestione del laboratorio, del magazzino, dei farmaci obbligatori e di quelli scaduti, dei prodotti alimentari (HACCP) e degli stupefacenti, solo per fare alcuni esempi. Il numero degli adempimenti agli obblighi di legge per una farmacia è estremamente elevato e a complicare la situazione ci sono oltre a fattori interni anche pericoli dall’esterno (si pensi al tema della contraffazione).

La qualità nelle relazioni

Ma la qualità si estende ovviamente oltre gli obblighi di legge. Per una farmacia che voglia essere competitiva e distintiva, soprattutto rispetto agli altri canali, si è più volte detto e sentito dire, anche da parte del management delle catene, che la strategia è quella di seguire la strada della farmacia dei servizi e potenziare in particolare l’offerta di servizi di diagnostica e telemedicina. Anche questi servizi sono, ovviamente, soggetti a controlli e sono ‘produttori’ (o ‘distruttori’) di qualità.

Infine, non bisogna dimenticare che in farmacia la qualità percepita (ossia quella che influenza le scelte dei clienti) dipende dalle modalità di svolgimento delle relazioni con i clienti e tra i collaboratori. È su queste relazioni che i clienti valutano il proprio livello di soddisfazione che li porterà (in misura maggiore o minore) a essere fedeli, aumentare il livello di fiducia nei confronti della farmacia e dei suoi collaboratori, a richiedere e apprezzarne i consigli.

Tutto ciò farebbe presumere che questi processi (insiemi di attività collegate in modo funzionale per il raggiungimento di un fine) siano attentamente codificati, condivisi e realizzati omogeneamente all’interno delle farmacie. Purtroppo, nella maggioranza dei casi non è così.

Un obiettivo da condividere

Quando un titolare riceve la comunicazione di una visita ispettiva, o peggio riceve un’ispezione non annunciata, molto spesso entra in agitazione; non perché abbia la certezza di essere in difetto su un qualche dispositivo regolatorio, ma perché non ha una coscienza puntuale e aggiornata della situazione relativamente a tutti i capitoli normativi ai quali è soggetto; non ricorda quali documenti deve avere disponibili e magari dove li ha messi.

Codificare i processi, trasferire le competenze e le modalità di esecuzione delle attività, dotarsi di strumenti di condivisione e di monitoraggio, non significa degradare la professione; al contrario, significa che tutti coloro che lavorano in farmacia sono preparati e sono orientati a dare il massimo servizio al cliente riducendo il rischio di errori banali.  A sostegno di questo concetto non porto la citazione di un ‘freddo economista’ (o ‘tanto peggio’ di un aziendalista), ma quella di un’artista e critico d’arte dell’ottocento, John Ruskin, che ha affermato: “La qualità non è mai casuale; è sempre il risultato di uno sforzo intelligente”. Possiamo estendere il concetto in farmacia, così come in ogni altra azienda, nel modo seguente: la qualità non può essere lasciata al caso o all’iniziativa dei singoli, ma deve essere definita come obiettivo, costruita e alimentata nel tempo, monitorata e migliorata attraverso sistemi che siano patrimonio dell’azienda.

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è pubblicato sul numero di aprile di Tema Farmacia