Covid-19, pubblicato il primo rapporto ISS su prevalenza e distribuzione

I dati del primo rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità sulle varianti del virus SARS-CoV-2 mostrano una prevalenza netta nel nostro Paese della variante ‘inglese’, caratterizzata da altra trasmissibilità

L’Istituto Superiore di Sanità ha pubblicato il primo rapporto su “Prevalenza e distribuzione delle varianti del virus SARS-CoV-2 di interesse per la sanità pubblica in Italia”, prendendo in esame i dati compresi nel periodo che va dal 28 dicembre 2020 al 19 maggio 2021. In quel lasso temporale sono stati geno-tipizzati 23.170 casi di positività al virus SARS-CoV-2 e la variante principale identificata, che pesa per il 73%,  è stata quella cosiddetta inglese, che si caratterizza per la sua elevata trasmissibilità.

Il rapporto integra i dati sulle varianti del virus provenienti dall’indagine rapida di prevalenza condotta dall’Istituto Superiore di Sanità (in collaborazione con la Fondazione Bruno Kessler e il ministero della Salute), con quelli sulla distribuzione delle stesse varianti riportate dalle Regioni e dalle Province Autonome.

I principali dati del rapporto

Nel periodo preso in esame, su un totale di 2.083.674 casi notificati al Sistema di Sorveglianza Integrata Covid-19, quelli da infezione da virus SARS-CoV-2 con genotipizzazione sono stati 23.170, pari all’1,11%.

Tra questi, come evidenziato in precedenza, nel 73% dei casi è stato individuato il lignaggio B.1.1.7 (variante inglese) e nel 6% il lignaggio P.1 (variante brasiliana); il 18,9% dei casi analizzati è stato causato da virus geno-tipizzati non riconducibili alle sette varianti attualmente monitorate dal Sistema di Sorveglianza Integrata Covid-19 (varianti inglese, sudafricana, brasiliana, nigeriana e indiana. Le varianti brasiliana e la indiana mostrano, ciascuna, due diversi tipi di lignaggio).

Se la variante inglese appare come quella prioritaria, la brasiliana ha mostrato una presenza solo in alcune regioni italiane (del Centro-Nord). Le altre varianti hanno un’incidenza inferiore all’1%, ad eccezione della nigeriana, che ha mostrato una presenza dell’1,17%.

«La maggior parte dei casi riportati di infezione causati da varianti del virus SARS-CoV-2 di interesse Sanitario, rilevate dal Sistema di Sorveglianza Integrata Covid-19 – si legge nel rapporto – sono state contratte sul territorio italiano. Sono molto rari i casi riconducibili ad infezioni d’importazione, ad eccezione di quelle riconducibili alla variante Indiana». I dati sono, comunque, sottoposti a un monitoraggio continuo e, pertanto, in costante aggiornamento.