Vaccinazione, anticorpi monoclonali, farmaci antivirali di comprovata efficacia nel prevenire l’infezione ed evitare lo sviluppo di forme gravi di Covid-19 in soggetti a rischio. Sono alcuni dei temi che verranno approfonditi in occasione del 41° Congresso Nazionale della Società italiana di farmacologia (Sif), in programma a Roma dal 16 al 19 novembre 2022

Dall’avvento di Covid-19 agli inizi del 2020, grazie all’impegno congiunto di ricerca, industria farmaceutica e Governi, in soli 11 mesi è stato possibile disporre dei primi vaccini ant- Sars-Cov-2. Ad oggi sono numerosi i vaccini approvati e disponibili. Vi sono, però, anche anticorpi monoclonali e farmaci antivirali in grado di scongiurare l’evoluzione grave di malattia in soggetti a rischio. Questi temi verranno approfonditi in occasione del 41° Congresso Nazionale della Società italiana di farmacologia (Sif), in programma a Roma dal 16 al 19 novembre prossimi.

I vaccini

«Alla luce delle evidenze scientifiche sin qui raccolte – ha chiarito Giuseppe Nocentini, docente di Farmacologia dell’Università degli studi di Perugia – possiamo affermare che i vaccini basati sull’mRNA e che producono la proteina Spike di SARS-CoV-2 sono i migliori per quanto riguarda il rapporto benefici/rischi».

La maggior parte dei vaccini contro le malattie infettive prevede la somministrazione di tre dosi ad una certa distanza di tempo l’una dall’altra, con l’obiettivo di consolidare la risposta del sistema immunitario. Unica eccezione alla regola il vaccino antinfluenzale, che viene somministrato una sola volta l’anno e che viene di volta in volta adattato alle varianti destinate a fare la loro comparsa durante la stagione autunno-invernale.

Per quanto riguarda il Covid-19, gli organismi nazionali e internazionali hanno raccomandato anche la quarta dose agli over 60 e ai soggetti immunodepressi, anche se più giovani, allo scopo di rafforzare la risposta del sistema immunitario al virus. Diversi studi hanno anche dimostrato come la vaccinazione diminuisca la probabilità di sviluppare il Long Covid.

Nelle scorse settimane i regolatori europeo e italiano, Ema e Aifa, hanno approvato due versioni aggiornate di vaccini a mRNA che promuovono la sintesi della proteina Spike del ceppo originario del virus e della variante Omicron.«Gli effetti protettivi delle versioni aggiornate sono lievemente superiori a quelli osservati con il vaccino originale, almeno finché la variante in circolazione sarà Omicron» ha precisato ancora il docente di Farmacologia.

Gli antivirali preventivi

Per prevenire forme gravi di malattia esistono comunque degli anticorpi monoclonali che usati in combinazione (tixagevimab e cilgavimab) hanno mostrato grande efficacia nel prevenire lo sviluppo di sintomi da Covid-19. I due anticorpi si legano alla proteina Spike del Sars-CoV-2 in due siti differenti, così da ostacolare l’entrata del virus nelle cellule dell’organismo e quindi lo sviluppo dell’infezione. Si tratta di anticorpi modificati affinché non possano essere distrutti e rimangano attivi nell’organismo per almeno 6 mesi. Gli stessi vengono somministrati, a livello ospedaliero, una sola volta mediante due iniezioni intramuscolari consecutive e in due muscoli distinti.

«I vaccini stimolano la risposta del sistema immunitario contro la proteina Spike di Sars-CoV-2, inclusi i linfociti B e T. La risposta dei linfociti B consiste nel produrre tanti tipi diversi di anticorpi e non solo due, come nel caso dei monoclonali. Inoltre, i linfociti T sono altrettanto importanti nella maturazione di una risposta specifica contro la proteina Spike e il virus – ha chiarito il professor Nocentini.

I farmaci antivirali

Nel nostro Paese sono stati autorizzati due tipi di antivirali per il trattamento precoce del Covid-19 in quei soggetti che presentano un alto rischio di sviluppare una forma severa di malattia. Il primo include gli anticorpi monoclonali sotrovimab e il già citatotixagevimab e cilgavimab; il secondo delle così dette small molecules molnupiravir (Lagevrio) in associazione a nirmatrelvir e ritonavir (Paxlovid).

Gli anticorpi, somministrati per via parenterale in ospedale una sola volta, si legano al Sars-CoV-2 e ne ostacolano l’entrata nelle cellule dell’organismo; le small molecules altresì, assunte a domicilio 2 volte al dì per 5 giorni, impediscono la replicazione del virus.

«I migliori farmaci antivirali che siamo riusciti a mettere a punto in questi quasi tre anni di pandemia sono terapie che funzionano molto bene solo se vengono assunte non appena il paziente manifesta i primi sintomi del Covid-19 e abbia accertato, attraverso l’esito del tampone, di essere positivo al virus – ha sottolineato ancora il professore Nocentini, rimarcando l’importanza di un intervento il più tempestivo possibile – Non bisogna difatti attendere di stare molto male per decidere di contattare il medico e utilizzare un antivirale anti-Covid, considerato che questo tipo di farmaco perde la sua efficacia se somministrato ad oltre 5 giorni dall’insorgenza dei sintomi».