Molte croci verdi, nel cercare di interpretare i decreti, si sono sentite in obbligo di escludere dalla vendita alcune categorie merceologiche, tra cui la dermocosmesi.
La farmacia è sempre stata a disposizione degli utenti durante lo snodarsi degli eventi che hanno caratterizzato la pandemia da SarsCoV-2, e i professionisti al suo interno sono rimasti in prima linea a fronteggiare come meglio potevano quello che man mano si rendeva necessario fare, sia per la propria incolumità che per garantire, di conseguenza, la prosecuzione di un servizio più che mai necessario alla popolazione, sia per adempiere agli obblighi di legge.
In molti, seguendo decreti non sempre chiari e difficili da interpretare in modo univoco, si sono sentiti in obbligo di escludere dalla vendita alcune categorie merceologiche, tra cui la dermocosmesi, in analogia con altri punti di distribuzione come la GDO. Entrando in farmacia, uno dei pochissimi luoghi in cui le persone erano autorizzate a recarsi durante il lockdown, molti clienti si sono trovati di fronte a scaffali barrati da segnaletica con scritto “merce non in vendita”.
Una battuta d’arresto per le vendite
La sorpresa amara per molti è stata in seguito scoprire che forse non era necessario limitare le vendite. Alcune analisi interpretative della legge fatte da esperti ritengono che le farmacie fin dal primo decreto (Dpcm 11 marzo 2020) siano state soggette a deroga e non assimilabili agli altri esercizi commerciali. Secondo questa visione escludere dalle vendite la cosmesi e gli articoli per l’infanzia sarebbe stata un’interpretazione discutibile e non corretta dei provvedimenti in vigore. Questo perché l’impresa farmacia è autorizzata da un decreto pluridecennale (1988) alla vendita di una nutrita serie di altri prodotti oltre ai farmaci. Non si dovrebbe quindi distinguere tra i vari settori merceologici dei prodotti abitualmente commercializzati perché tutti indistintamente rientrano nell’oggetto esclusivo della farmacia come insieme caratteristico.
Quale titolare, però, in tempo di pandemia poteva aver voglia di disquisire di cavilli legali di fronte a possibili contestazioni in fase ispettiva? Siamo farmacisti e non esperti di legislazione. La Guardia di Finanza durante il lockdown ha eseguito controlli a tappeto per evitare speculazioni sui prezzi di alcuni articoli critici, come mascherine e gel disinfettanti. I problemi legali connessi allo sconfezionamento delle scatole di mascherine chirurgiche sono esistiti solo per la nostra categoria. “Meglio quindi non vendere qualcosa ma evitare guai” avranno pensato in molti. Come non comprenderlo.
Oltretutto, l’avventore che si fosse recato in farmacia durante il periodo di lockdown soltanto per l’acquisto di prodotti di dermocosmesi, e quindi non “indispensabili”, avrebbe potuto vedersi comminare una sanzione.
Tutti questi fattori, insieme alla decisione di qualcuno di lavorare a battenti chiusi, hanno fatto flettere le vendite del settore dermocosmetico in farmacia, spingendo gli utenti ad acquisire nuove e diverse abitudini, che potrebbero consolidarsi e diventare strutturali.