Ci vuole un certo “stile” per dormire di gusto e alzarsi riposati. Comportamenti corretti, dalle scelte alimentari al momento più opportuno in cui eseguire attività fisica, dall’orario dei pasti al consumo di sostanze nervine, condizioni ambientali quali temperatura e luminosità dei locali, specificatamente della camera da letto, tranquillità psico emotiva, uso inappropriato e/o eccesivo delle tecnologie possono condizionare e compromettere la qualità del riposo. Lo sanno bene gli italiani che dormono poco e male: secondo le stime più recenti, il 20% soffre di insonnia episodica (o sporadica) ed il 6-7% di una forma cronica. Entrambe con un impatto, più o meno sensibile, sulla salute.

Disturbi del sonno e insonnia non sono sinonimi

Appartengono ai primi le parasonnie che includono il sonniloquio, il sonnambulismo o il disturbo comportamentale del sonno REM che porta la persona a vivere il sogno da protagonista, muovendo energicamente tutto il proprio corpo. L’insonnia lascia invece al risveglio la sensazione di non aver riposato, o comunque poco e male, indipendentemente dalle ore dormite. «La causa principale dell’insonnia – spiega Piero Barbanti, docente di Neurologia presso l’Università IRCCS San Raffaele di Roma – è l’iperveglia, sebbene esistono forme dovute a malattie psichiatriche come ansia e depressione, a parasonnie, apnee notturne, malattie internistiche e farmaci o sostanze da abuso».

Dormire bene e in condizioni ottimali (anche ambientali) non è solo una necessità fisiologica, ma è promotore di salute, abbassando il rischio di patologie importanti, di varia natura. Durante il sonno il cervello si libera di scorie tossiche, in mancanza di questo processo naturale aumenta il rischio di patologie neurodegenerative come la demenza, si elevano le probabilità di sviluppare disturbi emotivo-affettivi, quali ansia e depressione, o di poter manifestare problematiche internistiche come obesità, ipertensione e malattie cardiovascolari, ictus e infarto del miocardio fra le principali.

Il social jet lag

È così definita la distanza esistente tra il momento in cui fisiologicamente il corpo chiede di dormire e quello in cui si decide di andare a letto. In buona sostanza l’organismo è posto “under pression”, a causa di ritmi forzati: «Stiamo assistendo a una progressiva riduzione delle ore destinate al sonno da parte della popolazione italiana – prosegue il Professor Barbanti. Le indagini epidemiologiche rivelano che una considerevole parte degli italiani adulti in età lavorativa dorme meno più di 7 ore. I ragazzi, paradossalmente, sono quelli che patiscono di più: per una serie di motivi, durante il periodo scolastico gli adolescenti raramente dormono 8 ore a fronte di una necessità fisiologica in quella età di 9 – 10 ore a notte». Non a caso definiti “generazione zombie”.

Le best practice

La messa in atto di comportamenti di “igiene del sonno” è la strategia per predisporsi al buon riposo. Tra le raccomandazioni chiave: scardinare il legame che si crea tra insonnia e ansia di non dormire, decelerare i ritmi quotidiani mano a mano che ci si avvicina all’ora di coricarsi, evitare l’uso di dispositivi luminosi, ottimizzare illuminazione e silenzio, consumare una cena leggera e non troppo tardi, evitare alcolici e sostanze stimolanti come la caffeina, allestire una stanza climaticamente a prova di sonno, con una temperatura che non superi i 20°C per consentire il fisiologico raffreddamento notturno di corpo e cervello, allentare le tensioni nervose.

Farmaci di automedicazione

Accanto a questi comportamenti pratici, laddove necessario è possibile ricorrere all’uso di alcuni farmaci da banco, promotori del sonno. «Può essere utile al rilascio delle tensioni l’utilizzo dei precursori della serotonina, come il triptofano – conclude il professor Barbanti – o di alcuni ioni, come il magnesio, che riducono l’ipereccitabilità neuromuscolare, o anche di sostanze di derivazione vegetale come valeriana e passiflora. La melatonina, può essere indicata per indurre l’addormentamento, e anche per resettare il ritmo del sonno nel cosiddetto “disturbo da ritardato ciclo sonno-veglia”, anticipando la necessità di riposare. Si tratta di sostanze che non danno rischio di dipendenza, ma vige comunque la regola di utilizzarle fino a quando il soggetto non abbia appreso in maniera stabile un accettabile ritmo del sonno».