Il comparto dei farmaci equivalenti è fondamentale per la sanità italiana. Dal 2012, ha garantito 6,250 miliardi di minore spesa al Ssn. Per questo, occorre prestare attenzione al “take for granted”: non si può dare per scontato un comparto la cui assenza sarebbe inconcepibile per la sanità. È quanto emerso dall’edizione 2024 dell’Osservatorio sul “Sistema dei farmaci equivalenti in Italia”, realizzato da Nomisma per conto di Egualia e presentato nei giorni scorsi a Roma.

Come messo in luce nel corso della presentazione, senza l’adozione di alcune importanti misure, «la funzione di “bene pubblico” dei medicinali equivalenti rischia di andare persa per sempre». Tra le misure segnalate: eliminare il payback sui farmaci rimborsati o acquistati in gara dal Ssn, regolare il livello dei prezzi introducendo parametri di adeguamento all’incremento esponenziale dei costi di produzione, rivedere i criteri delle gare ospedaliere, concentrati prevalentemente sul meccanismo del massimo ribasso, prevedere un meccanismo di adeguamento dei prezzi ex factory dei farmaci a più basso costo e incentivare le imprese che adottano processi produttivi innovativi e tecnologie sostenibili, attraverso modelli multi aggiudicatario.

I principali dati emersi

Lucio Poma, chief economist di Nomisma e coordinatore scientifico dell‘Osservatorio sull’industria dei farmaci equivalenti nel nostro Paese ha illustrato alcuni dati che disegnano un sistema produttivo dei farmaci equivalenti in grandissima sofferenza.

Questi i principali trend messi in evidenza dall’Osservatorio:

  • prezzi energia e materie prime: gli aumenti registrati nel periodo pandemico sono diventati strutturali, determinando una pressione insostenibile in un settore in cui non è possibile trasferire gli aumenti sui prezzi finali;
  • prezzi dei materiali di confezionamento: aumenti che pesano per il 20% sui costi di produzione aziendali;
  • oneri regolatori: aumento del 26% delle spese sostenute per registrazione e autorizzazione alla vendita tra il 2016 e il 2023;
  • payback: per i farmaci fuori brevetto potrà impattare tra il 15% e il 18% del fatturato delle aziende ospedaliere;
  • diminuzione della concorrenza: negli ultimi tre anni il numero di produttori farmaceutici nel nostro Paese è diminuito del 10%.

Le carenze di farmaci

Negli ultimi cinque anni, la carenza di farmaci è diventata un problema critico su scala globale. L’Italia è tra i Paesi più colpiti: secondo i dati Aifa, tra il 2018 e il 2024 il numero di farmaci a rischio carenza è più che raddoppiato, passando da circa 1.600 a oltre 3.700. Nel 2024, il 44% delle carenze è stato causato dalla cessazione definitiva della commercializzazione, mentre oltre un quarto deriva da problemi produttivi.

Per quasi otto farmaci a rischio su dieci esiste un equivalente: questo sottolinea l’impossibilità di immaginare un sistema sanitario senza i medicinali equivalenti, fondamentali per garantire la continuità terapeutica.

Un altro punto cruciale riguarda le cronicità: spesso i produttori di farmaci originator non trovano economicamente sostenibile sviluppare e produrre medicinali per malattie meno redditizie. In questo contesto, i farmaci equivalenti e biosimilari stanno diventando sempre più fondamentali per la gestione delle patologie croniche complesse. Nel 2023, il 70% dei farmaci oncologici e antidiabetici distribuiti in Europa era costituito da equivalenti, una percentuale che sale all’82% per i farmaci immunologici.

Un pilastro inostituibile

«Ci siamo chiesti cosa accadrebbe se i farmaci equivalenti scomparissero del tutto: se il beneficio di questi prodotti fosse limitato al solo risparmio di spesa, la criticità sarebbe rilevante, ma sormontabile – ha commentato Poma – La questione chiave è però che gli equivalenti rappresentano un pilastro insostituibile del servizio sanitario del Paese i cui benefici sono sottostimati o completamente ignorati. Un indebolimento del sistema si tradurrebbe nell’aumento esponenziale del fenomeno delle carenze di farmaci, nella mancata accessibilità ai medicinali da parte delle classi meno abbienti, nell’impossibilità di sostenere le cure di talune malattie croniche, nella riduzione della concorrenza, della biodiversità della produzione e dei principi attivi utilizzati».

Le richieste dell’industria

«Stiamo toccando con mano ogni giorno nelle farmacie e negli ospedali cosa significa non trovare farmaci che diamo per scontati: non possiamo ignorare la china che sta prendendo il sistema e dobbiamo invertire urgentemente la rotta, già in questa legge di Bilancio – ha commentato Stefano Collatina, presidente di Egualia – Ci sono misure di sistema che possono essere introdotte senza impatto di spesa pubblica, come stabilire che le procedure di gara si svolgano per accordo quadro, e misure che opportunamente programmate posso essere gestibili in termini di impatto economico. È indubbiamente centrale riuscire ad avere strumenti che consentano di rafforzare la produzione industriale. Per questo torniamo a chiedere che il Governo si impegni nel sostegno alle imprese con solide politiche industriali che agevolino investimenti produttivi locali e che garantiscano maggiore indipendenza strategica nell’approvvigionamento di farmaci e principi attivi per l’Italia, puntando al coordinamento di tutte le misure da mettere in campo».