Fascicolo sanitario elettronico (Fse) 2.0: evoluzione del precedente, si prospetta più performante. Un maggior numero di referti che qualificano e quantificano la storia clinica del paziente, una platea più ampia di fruitori, dal medico di medicina generale (Mmg) allo specialista, al farmacista, al professionista sanitario, alle strutture referenziali (ospedale, ambulatori e consultori, farmacie), promettono una migliore e più puntuale presa in carico dell’assistito. Il quale, a sua volta, potrà avvantaggiarsi di importanti opportunità di “servizio” correlate: fra queste la possibilità di accedere e consultare, oltre che i dati clinici, anche quelli terapeutici, fino alla possibilità di conoscere il presidio di zona in cui reperire un farmaco qualora questo risulti carente.

Massimizzare le informazioni di ogni assistito, rendere condivisibili e fruibili i dati, efficientare la continuità assistenziale territoriale, accorciare le distanze ospedale-territorio, alleggerire costi gestionali e non solo del Sistema sanitario nazionale, sono i principi che ne “governano” l’idea e la gestione: un enorme data set di dati clinici. Utili, se ben gestiti, anche a scopo di ricerca. Sulla carta, questa seconda versione aggiornata del Fse, rivista e corretta secondo le nuove esigenze, si prospetta come uno strumento ottimale per il monitoraggio della salute degli italiani.

Eppure, i professionisti della salute, medici e farmacisti in primis, ravvisano, oltre alle potenzialità, diverse criticità: dalla gestione e alimentazione dei contenuti del Fse alle disparità di attivazione e utilizzo, in gran parte dovute a carenze infrastrutturali e tecnologiche vigenti in diversi territori, agli investimenti del Pnrr da dirottare sul capitolo Fse. A fronte delle criticità, si affacciano ancora timidamente prime esperienze virtuose: è il caso di Regione Puglia dove l’utilizzo del Fse riscuote il gradimento di professionisti della salute e dei cittadini.

Gli aspetti normativi

Istituito con decreto-legge 18 ottobre del 2012, n. 179, dettagliato nell’art. 12, il Fse nasce con l’obiettivo di permettere accesso e facile fruibilità alle informazioni riguardanti la salute di ogni singolo cittadino, istituire una banca dati condivisa da tutti i professionisti che hanno in carico la persona/ paziente, personalizzare e modulare nel tempo l’assistenza clinico-terapeutica in relazione alle richieste di salute.

Con questi stessi obiettivi, ulteriormente efficientati e migliorati, è pronto a partire il Fse 2.0, non più gestito come il suo antesignano per competenza dalla singola Regione, ma dal Mmg che, ipoteticamente, assumerà il ruolo e la parte di un direttore di orchestra a cui spetterà inserire gran parte delle informazioni cliniche dell’assistito, direzionando anche gli approcci terapeutici e decisionali delle altre figure professionali che, nel tempo, si alterneranno nella gestione e presa in carico di quella persona.

La normativa prevede che il Fse eroghi un numero minimo di servizi rivolti agli assistiti e ai vari attori del Ssn (operatori sanitari, farmacisti, medici), consentendo, da un lato, ai cittadini la consultazione del proprio fascicolo e il download dei documenti contenuti all’interno dello stesso, dall’altro, agli operatori sanitari l’accesso alle informazioni, l’aggiornamento dei dati e dei documenti prodotti per finalità terapeutiche e/o l’accesso in emergenza ai dati condivisi del paziente. Anche le istituzioni hanno possibilità di accesso al Fse, laddove un’attenta attività di monitoraggio richieda di migliorare i servizi offerti dal Ssn.

Attualmente e secondo normativa, il Fse si compone di un setting di dati minimi identificativi del paziente, quali anagrafica, referti, eventuali verbali di pronto soccorso, lettere di dimissione da ricoveri ospedalieri, consenso/diniego alla donazione di organi e tessuti e altro. Informazioni che nel Fse 2.0 verranno anche arricchite da un profilo sintetico del paziente e da un dossier farmaceutico.

A che punto siamo

Oltre 577 mila Fse presenti nella piattaforma, più di 418 milioni di referti digitalizzati, 22 Regioni attive, di cui 4 in regime di sussidiarietà. Numeri che traggono in inganno perché il contesto non è così “roseo”. Infatti, le evidenze confermano che il Fse non è uno strumento ampiamente utilizzato dai clinici, salvo eccezioni, né conosciuto dalla popolazione.

«Il Fse», esordisce Federica Faccitondo, farmacista, tesoriere Fena gifar (Federazione nazionale associazioni giovani farmacisti) e vicepresidente Agifar (Associazione giovani farmacisti) di Bari, «non è utilizzato nella stessa misura da tutte le Regioni, limitandone la fruibilità in termini sia di diagnosi sia di cura e prevenzione.

Sarebbe fondamentale che, invece, fosse uniformato, nei modi e nei metodi, su tutto il territorio nazionale proprio per l’obiettivo che il Fse si (pro)pone: essere un repository di dati, dalle potenzialità enormi, condivisibile e accessibile a tutti gli aventi diritto, dai diversi operatori sanitari al cittadino/paziente, con possibilità di visualizzare, gestire e laddove possibile implementare tutte le informazioni riferibili a ogni singolo cittadino con la stessa estensione, facilità e i medesimi criteri di inclusione da Nord a Sud del Paese.

Inoltre, il Fse attuale non fornisce un quadro preciso del contesto sociosanitario del paziente e delle sue condizioni cliniche. Un’aggravante se si considera il tessuto demografico in progressivo invecchiamento, senza adeguato ricambio generazionale, e un inevitabile incremento delle cronicità. In quest’ottica, il Fse sarebbe uno strumento, indispensabile ed efficace, per accorciare il divario tra ospedale-territorio per la presa in carico del paziente, a favore anche della personalizzazione dell’approccio di cure e specifiche terapie».

A monte di questo “stallo” nell’alimentazione del Fse ci sono alcune difficoltà infrastrutturali, connessioni alla rete non sempre ottimali, strumenti e software che non dialogano con il sistema tessera sanitaria e/o che non sono integrati con il Fse, limitando l’alimentazione dello stesso per via telematica, ma anche l’alfabetizzazione digitale non ottimale da parte di operatori e/o di cittadini, che conoscono poco lo strumento.

«Secondo una indagine dell’Osservatorio dell’innovazione digitale in sanità», dichiara Paolo Levantino, segretario Fenagifar e presidente Agifar Palermo, «gli italiani hanno ancora poca percezione di che cosa sia il Fse e di come funzioni. Dalle ultime analisi è emerso che ad averlo utilizzato almeno una volta nel 2023 è stato il 35% degli italiani vs il 33% rilevato nel 2022 e la maggior parte di loro afferma di averlo usato solo per funzionalità legate all’emergenza Covid».