Ad oltre settant’anni dal loro primo utilizzo, i farmaci cortisonici rappresentano ancora oggi uno dei trattamenti più efficaci nelle malattie di carattere infiammatorio. Un focus sul tema, tra vecchie certezze e nuovi campi di applicazione, è stato discusso in occasione del World Congress on Inflammation, in corso a Roma dallo scorso 5 giugno fino a domani, 8 giugno

I farmaci cortisonici (corticosteroidi), a settant’anni dal loro primo utilizzo, si confermano ancora uno dei trattamenti più utilizzati ed efficaci nelle malattie di carattere infiammatorio. Se ne sta parlando in occasione del World Congress on Inflammation, giunto alla sua 15esima edizione e in corso a Roma in questi giorni (5-8 giugno 2022). In particolare Carlo Riccardi, già presidente della Società italiana di farmacologia (Sif) e professore di Farmacologia all’Università di Perugia, nella giornata di chiusura dei lavori, il prossimo 8 giugno, terrà un intervento dal titolo “Glucorticoidi e infiammazione”.

L’importanza dei cortisonici

«Questi farmaci sono dei potenti antinfiammatori e immussoppressivi, in quanto hanno la capacità di inibire quei processi cellulari che portano alla sintesi di sostanze pro-infiammatorie e immunostimolanti e, allo stesso tempo, favorire la sintesi di sostanze antinfiammatorie. Il risultato finale è l’inibizione di tutti quegli eventi che nell’infiammazione e nelle risposte immunitarie generalizzate sono responsabili della malattia» dichiara Ricciardi.

Si ricorre ai cortisonici nel trattamento di numerose patologie croniche, come il morbo di Chron e la colite ulcerosa o di malattie reumatiche, come l’artrite reumatoide, il lupus eritomatoso sistemico e l’epatite autoimmune, anche se il loro utilizzo prolungato può portare a gravi effetti collaterali.

Sono stati, inoltre, utilizzati con successo nelle forme gravi di infezione da Sars-Cov-2, tanto che «l’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) ne ha raccomandato l’uso in pazienti gravi che richiedono l’ossigenoterapia, in presenza o meno di ventilazione meccanica» sottolinea Ricciardi.

I nuovi campi di applicazione

Tra i più recenti studi sui corticosteroidi appare di grande interesse della comunità scientifica la loro azione nella regolazione della morte cellulare, l’apoptosi cellulare, fenomeno associato a malattie neoplastiche e Alzheimer.

«I corticosteroidi sono in grado di modulare la morte cellulare, ovvero di indurre o proteggere da essa. Questo effetto per lunghi anni non è stato sufficientemente studiato, mentre invece rappresenta uno dei loro meccanismi principali e riguarda i più diversi tipi di cellule e tessuti (linfociti T e B, granulociti e altre cellule del sistema infiammatorio e immunitario), tra cui anche le cellule neuronali. In questo caso, infatti, alcuni degli effetti dei corticosteroidi sulla memoria e sui processi cognitivi sono attribuibili, almeno in parte, alla loro capacità di regolare la morte cellulare e la neurogenesi».

Da qui l’ipotesi di un loro impiego anche in patologie degenerative come l’Alzheimer, caratterizzato da una componente infiammatoria, così come nel trattamento di diversi tumori come leucemie, linfomi e mielomi. Anche se occorre ricordare i gravi effetti collaterali determinati dal loro effetto prolungato, così come la variabilità e l’imprevedibilità della risposta terapeutica.