Durante la notte, senza “interferenze” inopportune, il cervello immagazzina fino all’80% delle nuove informazioni, contro il 40% che riesce ad assorbire di mattina.
«Due recenti ricerche delle Università di Washington e del Wisconsin, apparse su Science, hanno messo in evidenza come dormire bene faccia bene alla memoria», spiega il professor Giuseppe Alfredo Iannoccari, presidente di Assomensana, Associazione non profit di neuropsicologi che studiano come potenziare le facoltà cognitive.
«Durante il giorno, il cervello elabora una mole impressionante di informazioni (circa 11 milioni al secondo). Ogni attività intellettiva stimola le cellule cerebrali, incrementando i dendriti che si estendono e si collegano – attraverso le sinapsi – con gli altri neuroni, creando così una rete fittissima di filamenti. Questa rete richiede molto dispendio di energia per essere realizzata e mantenuta. Infatti si devono utilizzare proteine, grassi e altri componenti biologici per costruire queste reti. Inoltre, creano una ridondanza di informazioni che non sempre si rivelano utili alla nostra vita. È quindi necessario sfoltire queste nuove “memorie” per rendere più efficiente il sistema», prosegue Iannoccari.
Che fare allora? Il presidente di Assomensana specifica: «È il sonno il rimedio per tutti: infatti, durante il riposo notturno, il cervello rielabora, seleziona e mantiene esclusivamente le informazioni che sono utili e indispensabili alla vita, mentre si disfa di quelle che invece non sono importanti. In questo modo, l’organo del pensiero riorganizza la rete di neuroni, conservando solo ciò che serve e prepara il tessuto cerebrale per essere efficiente il giorno dopo».
È quindi su questa base che diventa possibile aumentare l’abilità mnemonica: non è vero che “la mattina ha l’oro in bocca…”. «Una valida indicazione in merito riguarda l’apprendimento di nuove informazioni», continua il professor Iannoccari, «Ormai sappiamo che ciò che apprendiamo la sera verrà memorizzato meglio e sarà disponibile per l’80% a distanza di 8-10 ore rispetto allo stesso materiale appreso la mattina. In quest’ultimo caso, potremo ricordare soltanto circa il 40% delle informazioni immagazzinate. Ciò dipende dalle “interferenze” che subentrano durante la giornata, circostanza che invece non si verifica durante la notte. Quindi, la notte porta consiglio, ma protegge anche la memoria dalle minacce, ovvero le interferenze».
Un altro mito da sfatare in proposito viene rivelato sempre dal presidente di Assomensana: «Nonostante sia opinione comune che la qualità del sonno peggiori col passare dell’età, dallo studio condotto da M. Grandner e collaboratori, pubblicato sulla rivista Sleep, risulta esattamente il contrario. A partire dai dati ricavati da un sondaggio telefonico casuale, al quale hanno partecipato 155.877 cittadini adulti degli Stati Uniti, i ricercatori hanno esplorato la prevalenza dei disturbi legati al sonno, in relazione all’età dei soggetti, valutando gli effetti di salute, sesso e umore depresso. Considerando tutte le fasce d’età è emerso che ad eccezione di un aumento dei problemi relativi al sonno durante la mezza età, la qualità di questo sembra migliorare nel corso della vita, fino a 80anni! I risultati dello studio suggeriscono che il “poco sonno” nei soggetti più anziani può essere dovuto a più fattori, non necessariamente all’invecchiamento fisiologico, e che si può migliorare seguendo opportuni stili di vita».
Ecco i consigli per “dormire bene” tratti dal Vademecum Vivere almeno 100 anni – Linee guida per una sana longevità, curato da Assomensana:
a cena scegliere cibi leggeri come pesce, latte, yogurt, legumi, frutta secca (ricchi di triptofano, precursore della serotonina, sostanza che rilassa l’organismo in modo naturale) e di vitamina B6 come orzo, riso, carni bianche, che favorisce l’assorbimento del triptofano;
evitare bevande alcoliche o eccitanti che contengono teina o caffeina prima di coricarsi, concedendosi invece l’effetto rilassante di tisane a base di camomilla, tiglio, passiflora, valeriana e biancospino;
evitare di esporre il corpo ad attività fisicamente pesanti;
dormire in un luogo fresco: la temperatura ideale per un sonno ristoratore è di circa 18°C;
mantenere stabile l’orario del coricarsi, ricordando il fatto che il momento del normale ritmo di alternanza luce-buio coincide con la preparazione del nostro corpo al riposo (la nostra temperatura corporea si abbassa, così come la pressione arteriosa, e si avverte un piacevole torpore);
ridurre il tempo di esposizione alla TV, soprattutto prima di andare a letto. Le immagini televisive stimolano la retina dell’occhio, la quale è collegata direttamente all’ipotalamo, zona deputata alla regolazione del ciclo sonno-veglia. Come dimostrato dai ricercatori dell’University of Pennsylvania (Meeting of Associated Professional Sleep Society of Illinois, 2009), guardare la TV prima di andare a letto riduce il tempo totale del sonno;
se dopo una mezz’ora non si riesce a prendere sonno, è più salutare alzarsi dal letto e dedicarsi a una attività che possa aiutare a rilassarsi (ad esempio si può respirare profondamente e visualizzare mentalmente immagini piacevoli e tranquillizzanti).