“Quante gocce di rugiada intorno a me, cerco il sole, ma non c’è”, atmosfera malinconica questo settembre, ci lecchiamo le ferite di un anno epocale.
Ridicole le assegnazioni di responsabilità: il mondo è cambiato, non è questione di stare al passo coi tempi, semplicemente i tempi non sono più quelli di una volta in tutto e per tutti.
Liberismo ad oltranza e abolizione dei monopoli: quello del farmaco la Farmacia non l’ha più (ASL, parafarmacie, citystore ma anche internet, benché illegale) e i prezzi (eccetto quelli mutualistici) sono già liberi. Liberismo è una formula lessicale del laissez faire, abbattimento di qualsiasi vincolo alla piena libertà economica, e sì, economica, quindi va analizzato come tutto ciò che contrasta la libertà di salute del cittadino, che ha il diritto di scegliere dove comprare, di pretendere un controllo dei prezzi ma anche il diritto di non rischiare la propria salute. Che rischia di essere fagocitato da un meccanismo perverso che lo spinge convulsivamente all’acquisto in virtù di un risparmio, a volte presunto, di pochi euro di un farmaco che non è “merce” per definizione (I love shopping, but not die!).
Liberismo-farmaco-libertà: in questa triade viene compromesso tutto il sistema farmacia!
Ma a prescindere dai dati oggettivi della variazione del mercato non si può che tracciare un giudizio molto severo sulla farmacia che ci siamo lasciati alle spalle.
E se dovessimo pensare a una nuova stagione della farmacia, ritengo che dovremmo scrivere un manifesto per far nascere una forza con spirito popolare (dove le identità nascano dalle esigenze della gente) e aggregativo, senza conventicole. Un patto di crescita, per il merito e per risolvere i conflitti di interesse.
Credo che sia persino pleonastico ricordare l’esistenza di interessi incrociati: la farmacia è azienda, in crisi peraltro (momento eclatante ma conseguenziale alla crisi economica vera e propria e di valori, anche al nostro interno). Credo sia giunto il momento che l’identità professionale venga scissa da quella imprenditoriale.
Non condivido le interconnessioni tra FOFI e Federfarma e la presenza incrociata ai vertici.
Ma vi immaginate se nella Direzione Generale di un Ospedale ci fosse un rappresentante dell’Ordine dei Medici?
Chi rappresenta la professione deve tutelare l’aspetto deontologico e il rispetto tra colleghi, per la salvaguardia del cittadino.
Chi rappresenta l’azienda farmacia deve difendere e promuovere un modello aziendale redditizio e distinguibile. Un manifesto che auspichi e operi per la nascita del riconoscimento di chi lavora, produce, paga le tasse e vuole uno Stato che funzioni e che costi meno.
La Farmacia italiana ha tutto da guadagnarne, perché ha sempre lavorato, ha sempre prodotto (dando lavoro a migliaia di persone), ha sempre pagato le tasse e nella propria componente “statale” che è il SSN è sempre stata virtuosa. Ma non solo, verso lo stesso cittadino la trasparenza e la serietà che sa dare è encomiabile.
E allora quale deve essere la testa di ponte in grado di aprire le porte delle nostre farmacie, per farle conoscere e riconoscere, visto che nel corso dei decenni molti si sono scordati di tutti i servizi offerti? La professionalità.
Ma per carità non mi si dica di come siamo gentili nell’accogliere i clienti o le tante risposte che diamo, spesso tutto ciò è disatteso, diciamolo chiaramente (la testa non viene neanche alzata dalla ricetta e le risposte sono troppo lacunose, per usare un eufemismo).
Per professionalità intendo coscienza delle nostre conoscenze, gridare a gran forza che abbiamo una tariffa ferma a 18 anni fa, che siamo disposti a riprenderci il nostro ruolo di sarti della salute nei laboratori dietro il bancone, e di presidi territoriali se lo Stato ci dà la possibilità economica, prima di tutto, di essere al passo con i tempi.
Tutto ciò riverbera improcastinabilmente sulla remunerazione: l’impegno e il rischio nella spedizione (continuo ad usare questo termine anche se obsoleto) di una confezione di Furosemide da 1,45 euro è pari a quello per farmaci ben più costosi.
È chiaro che dovranno essere relazionate a tutti i colleghi ipotesi diverse di remunerazione per far emergere un modello comune che possa essere non solo condiviso tra noi ma allettante per la controparte (lo Stato). Ed è proprio su questo che dobbiamo fare leva, perché sia eclatante come l’essere Farmacia (meglio usare la maiuscola: ESSERE FARMACIA) è una peculiarità unica che non si riflette in alcuna di quelle proposte COMMERCIALI che di Farmacia non hanno nulla, e non mi interessano se non perché sassolini che mi danno fastidio nella scarpa.
Su chi e cosa sia la Farmacia in questo momento: “No, cosa sono adesso non lo so, sono un uomo, un uomo in cerca di se stesso. No, cosa sono adesso non lo so, sono solo, solo il suono del mio passo, e intanto il sole tra la nebbia filtra già, il giorno come sempre sarà!”
PS Grazie alla PFM per le parole della loro canzone “Impressioni di settembre”1971