Insufficienza epatica: cos’è e come contenerla

L’insufficienza epatica è una condizione che provoca alcune gravissime complicanze ed è la quinta maggiore causa di morte nell’Unione Europea

L’insufficienza epatica è una grave compromissione delle attività del fegato. L’organo non è più in grado di svolgere le funzioni metaboliche a cui è preposto e ciò pregiudica l’equilibrio chimico-fisico di tutto l’organismo con gravissime complicazioni, anche mortali. In relazione all’insorgenza e all’evoluzione della malattia che può svilupparsi rapidamente, nel giro di giorni o settimane, oppure può evolversi gradualmente, nel corso di diversi mesi o anni, si distinguono diversi tipi di insufficienza epatica: la forma acuta o grave, la subacuta o cronica e l’insufficienza lieve. L’insufficienza acuta compare improvvisamente, la forma cronica è il frutto, invece, di una lenta progressione del danno epatico, con un decorso tipicamente meno grave rispetto alla forma acuta. La forma lieve è caratterizzata da sintomi sfumati, sovrapponibili a quelli di altre malattie. Per avere un quadro diagnostico che possa determinare il grado di compromissione epatica, viene utilizzata una scala di valutazione che assegna un punteggio a parametri quali: presenza e grado di encefalopatia, presenza di ascite, valori di albumina, di bilirubina e di tempo di protrombina.

insufficienza epatica
In relazione all’insorgenza e all’evoluzione della malattia, che può svilupparsi rapidamente o evolversi gradualmente, sono diverse le tipologie di insufficienza epatica: la forma acuta, o grave, la subacuta o cronica e quella lieve

Le caratteristiche dell’insufficienza epatica lieve e cronica

La forma lieve presenta un quadro di disturbi di modesta portata che interessa una o più funzioni del fegato. Si rileva una dolorabilità del fegato alla palpazione mentre altri sintomi, pur essendo soggettivi e diversi a secondo della causa, possono comprendere: digestione lenta, sonnolenza post- prandiale, meteorismo, prurito che può dipendere da un difetto di eliminazione dei sali biliari, macchie cutanee pigmentate, eczemi. Le cause possono essere dovute a infezioni, a intossicazioni alimentari o da farmaci, a calcoli biliari in una loro primissima fase, a eccessi alimentari eccetera. Il trattamento, oltre a quello specifico per la causa che ha portato all’insufficienza epatica, dovrà prevedere una dieta assolutamente priva di alcol, particolarmente povera di proteine animali e con un ridotto apporto di sodio e di liquidi in caso di edemi e di ascite.

L’insufficienza epatica subacuta o cronica si verifica a causa di un danno al fegato che persiste per lungo tempo. È l’esito della cronicizzazione delle malattie epatiche in cui la lenta progressione del danno epatico porta a un accumulo di tessuto cicatriziale che limita la capacità del fegato di funzionare e di ripararsi. Le cause si possono ricercare nelle malattie acute del fegato che non guariscono completamente e che possono recidivare o cronicizzare ma, soprattutto, le cause dell’insufficienza cronica sono dovute alle malattie tipicamente croniche quali epatiti B e C, cirrosi, ostruzioni biliari persistenti, consumo eccessivo e prolungato di alcol, emocromatosi (progressivo accumulo di ferro nell’organismo) e malnutrizione. Nelle fasi iniziali non è facile riconoscere l’insufficienza epatica cronica, i primi sintomi come nausea, perdita di appetito, affaticamento e diarrea sono infatti caratteristici di molte altre patologie. Con il peggiorare della condizione i problemi si fanno però più gravi e si manifestano ittero, frequenti emorragie, gonfiori addominali, encefalopatia epatica, sonnolenza e coma. L’insufficienza epatica cronica sovente evolve nel carcinoma epatico ed è la quinta causa di decesso in Europa.

La cirrosi è tra le principali cause di insufficienza cronica

La cirrosi epatica è una malattia cronica e degenerativa del fegato che, se non trattata e, quindi, non fermata in tempo, può evolvere in insufficienza epatica. Si manifesta quando il fegato risponde a una lesione o a un processo morboso distruggendo le proprie cellule e sostituendole con interconnessioni cicatriziali tra le quali si sviluppano noduli di cellule in rigenerazione. Di conseguenza, il fegato perde a poco a poco architettura e funzioni, con ripercussioni negative sull’intero organismo. Si tratta di un processo lento: normalmente si stima in 20 anni il periodo da cui inizia fino all’esordio dei sintomi. È stato evidenziato come la compresenza di epatite cronica e abuso di alcol possa accelerare, però, i tempi in cui si sviluppa la cirrosi. Oltre alle epatiti virali croniche e al consumo di alcol, altre cause che possono condurre a cirrosi epatica sono la steatoepatite non alcolica (NASH) e patologie delle vie biliari come la colangite sclerosante e la colangite biliare primitiva. Anche alcune patologie ereditarie o congenite, come emocromatosi e morbo di Wilson, e l’esposizione ad agenti tossici (epatotossine) possono causare cirrosi.

Prevenire l’insufficienza cronica

Per prevenire l’insufficienza epatica cronica è basilare limitare il pericolo di sviluppare una cirrosi o di contrarre l’epatite. Per ridurre il rischio di cirrosi è essenziale un consumo moderato di alcolici: un consumo superiore a 80 gr di alcol al giorno, che equivale a un po’ meno di una bottiglia di vino o a 4-5 bicchierini di superalcolico, può danneggiare cronicamente il fegato, perlopiù in modo proporzionale alla quantità e alla durata dell’abuso. Il rischio di epatite può essere sensibilmente minimizzato grazie al vaccino ma è anche importante evitare di maneggiare materiale sporco di sangue senza un’adeguata protezione, di evitare il consumo di alcol e droghe, di rispettare le norme igieniche in caso di piercing e tatuaggi e seguire una alimentazione corretta.

Cause e sintomi della forma acuta

L’insufficienza epatica acuta è data dallo sviluppo di un grave danno al fegato che determina la compromissione del suo funzionamento. Si verifica, di solito, in persone senza malattie accertate del fegato. I sintomi principali sono l’ittero, i problemi di coagulazione del sangue e uno stato di alterazione mentale dovuta all’accumulo di tossine non più eliminate dal fegato (encefalopatia), distensione addominale dovuta ad ascite e a edemi periferici, insufficienza renale. Le cause sono molteplici anche se, in Italia, la più comune è probabilmente l’intossicazione da funghi. In molti Paesi europei e anche in Italia, oltre all’intossicazione da funghi predomina l’origine virale della malattia, in particolare dei virus epatici A e B. Altri possibili responsabili sono i FANS come il paracetamolo, alcuni antibiotici e anticonvulsivanti, fitoterapici, come per esempio la kava e l’efedra. Anche l’alcol può essere una causa di insufficienza acuta anche se più spesso si tratta di una forma acuta che si verifica su un fegato già compromesso dall’abuso di alcol. È comunque importante sottolineare che una percentuale di casi resta di fatto “indeterminata”, cioè non si chiarisce in modo certo quale ne sia la causa: in quasi la metà dei casi di forma acuta nei bambini e nel 15% circa dei casi tra gli adulti l’insufficienza epatica acuta resta indeterminata. I fattori di rischio sono principalmente la durata delle patologie epatiche croniche preesistenti, la quantità di alcol consumato nell’arco della vita, la coesistenza di diverse patologie come l’obesità, il diabete, la steatosi, l’infezione concomitante da virus HIV. Si è evidenziato che anche l’appartenenza al sesso maschile e l’età avanzata rappresentano fattori di rischio per l’insorgenza della patologia.

Trattare la forma acuta

La cura dell’insufficienza epatica acuta prevede l’eliminazione della causa che la determina, qualora individuata, e una stabilizzazione delle condizioni generali della persona. Poiché si tratta di una condizione in grado di determinare danni cerebrali e condurre rapidamente all’insufficienza multi organo, la situazione viene in genere gestita in terapia intensiva. La priorità iniziale è il massimo contenimento di ulteriori danni epatici e questo obiettivo viene perseguito diversamente a seconda delle cause sottostanti. Talvolta sono disponibili trattamenti volti a neutralizzarle: per esempio, la N-acetilcisteina (NAC) che si è dimostrata in grado di ridurre il danno epatico da abuso di paracetamolo, antivirali in caso di epatite, carbone attivato in caso di ingestione di Amanita Phalloides. Se il fattore scatenante non è identificabile o non esiste una cura per esso, ci si limita a rendere stabili le condizioni del malato. Nel 40% dei casi si verifica una guarigione completa e spontanea ma nei soggetti con gravi danni al fegato è necessario ricorrere al trapianto urgente. La sopravvivenza a distanza di un anno dal trapianto è pari all’80%.