Fino ad oggi patologia sottovalutata e spesso misconosciuta, dopo anni di attesa, la sindrome fibromialgica, nelle forme più gravi, è stata riconosciuta patologia cronica e invalidanti, rientrando pertanto di diritto nei nuovi LEA (Livelli Essenziali di Assistenza).

A decretare questo passo avanti per i pazienti, la sigla dell’accordo Stato-Regioni. Il plauso del Collegio Reumatologi Italiani (CReI), da sempre impegnato nel sostenere i diritti alle cure, sociali civili dei pazienti con fibromialgia. Si attende la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (GU) che definirà anche gli obblighi normativi.

Cosa prevede il nuovo DPCM

L’inserimento nei LEA, al momento è stato concesso alle forme molto severe della Sindrome Fibromialgica, classificate con FIQR > 82, alle quali sarà assegnato un codice di esenzione, quindi l’accesso a prestazioni sanitarie, specifiche. A seconda della gravità e dell’impatto della malattia sul paziente e sulla qualità di vita, potranno essere garantite dal Servizio Sanitario Nazionale una visita specialistica, dieci sedute riabilitative e una visita psichiatrica. Le nuove misure dovrebbero entrare in vigore entro 30 giorni dalla pubblicazione in GU.


I numeri della patologia

La sindrome fibromialgica, colpisce all’incirca il 2-4% della popolazione italiana. «Si tratta di una patologia complessa che grava pesantemente sulla qualità di vita e sulla capacità lavorativa dei pazienti – ha dichiarato Luis Severino Martin Martin, presidente CReI – cruciale il riconoscimento a patologia cronica e invalidante per facilitate l’accesso del paziente alle cure».

IL DMPC consentirà, inoltre, dal punto di vista clinico di potere avviare e programmare una presa in carico integrata, equa e umanizzata della sindrome fibromialgica, uniforme e diffusa su tutto il territorio nazionale. «Occorre ora mettere a punto delle Linee guida di buona pratica – ha aggiunto Daniela Marotto, past-president CReI – finalizzate a intercettare e identificare con accuratezza i pazienti affetti da forme severe di fibromialgia, quindi effettuare diagnosi tempestive e garantire percorsi terapeutici adeguati».

Intanto il CReI conferma che proseguirà il proprio impegno a fianco dei pazienti, rafforzando il rapporto di collaborazione con le stesse associazioni e con le istituzioni sanitarie locali e nazionali. Obiettivo è infatti assicuare ai pazienti e alle famiglie risposte uniformi, universali ed efficaci ai propri bisogni di salute e di supporto fisico, assistenziale, psico-emotivo. Dunque dando dignità, visibilità e diritto a cure specialistiche, innovative e integrate, ai pazienti con malattia.

La voce dei pazienti

Apprezzamento e speranza sono stati espressi dalle associazioni dei pazienti: «Questo è un momento storico, un primo, importantissimo passo – ha dichiarato Federica Galli, Presidente AISF Odv (Associazione Italiana Sindrome Fibromialgica) – che apre la strada a un supporto reale da parte del Servizio Sanitario Nazionale. È una vittoria di tutti, dei pazienti e delle loro famiglie, che hanno creduto e sostenuto la nostra battaglia. Non ci fermeremo qui. Continueremo a lavorare affinché l’intero spettro della patologia sia tutelato e vengano definiti percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali (PDTA) omogenei su tutto il territorio nazionale».

Le fa eco Giusy Fabio, vicepresidente dell’associazione e paziente fibromialgica: «A prima vista può sembrare un risultato parziale, poiché il beneficio economico diretto riguarda i pazienti con forme severe, ma in realtà si tratta di un successo pieno. È un punto di arrivo fondamentale e, al tempo stesso, un punto di partenza per costruire ulteriori tutele e percorsi di cura».

L’impegno delle istituzioni

«L’aggiornamento dei LEA – ha fatto sapere Marcello Gemmato, Sottosegretario alla Salute in una nota stampa – include nuove malattie rare in esenzione e nuove prestazioni per la salute mentale e i disturbi del comportamento alimentare, l’accesso a test diagnostici non invasivi e l’ampliamento delle esenzioni per tre patologie croniche e invalidanti fra cui la fibromialgia, per la quale da tempo i pazienti richiedevano il riconoscimento».

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