In occasione del 6° Congresso Nazionale di Fondazione Onda sono stati presentati i risultati dell’indagine su “Esperienza e percezione degli italiani sulla medicina territoriale”. Nove italiani su dieci ne hanno usufruito nell’ultimo semestre, ma solo un quarto si dichiara soddisfatto dell’esperienza

Dall’indagine “Esperienza e percezione degli italiani sulla medicina territoriale”, realizzata da Fondazione Onda (Osservatorio Nazionale sulla Salute della Donna e di Genere) in collaborazione con l’Istituto partner Elma Research, è emerso che 9 italiani su 10 nel corso dell’ultimo semestre hanno usufruito della medicina territoriale, ma soltanto un quarto di loro può dirsi soddisfatto.

L’indagine, presentata in occasione del 6° Congresso Nazionale Onda, tenutosi dal 27 al 29 settembre con il titolo “La medicina territoriale in ottica di genere – La sfida del Pnrr”, è stata realizzata tra il 7 giugno e il 22 agosto 2022 attraverso la compilazione di un questionario, con il coinvolgimento di 494 soggetti over 18. Decisamente più marcata la partecipazione femminile, attestatasi all’86%. L’età media degli intervistati era di 57 anni, con una prevalenza geografica di residenti al Nord (67%). Si è trattato per lo più di soggetti con un diploma di laurea o post laurea (67%), con una patologia cronica in più della metà dei casi (57%).

I servizi utilizzati

Tra i servizi di medicina territoriale offerti, la maggioranza del campione ha fatto ricorso al medico di medicina generale (88%), nel 15% dei casi si è rivolto al consultorio, nel 12% al pediatra e nel 10% a nuove forme di assistenza tramite telemedicina. Il ricorso al Mmg è stato dettato in maggioranza da necessità di carattere prescrittivo di farmaci e visite specialistiche.

Le ragioni dell’insoddisfazione

Le principali cause di insoddisfazione sono da attribuire alle difficoltà di prenotazione (58%), ai lunghi tempi di attesa (53%) e alla limitata disponibilità oraria dei servizi (43%). I due anni di pandemia hanno difatti messo in prima linea le lacune e le disuguaglianze territoriali ancora troppo presenti nel nostro sistema sanitario nazionale e la necessaria riorganizzazione del sistema nell’ottica di una maggiore prossimità. La medicina territoriale è difatti fortemente utilizzata dagli italiani, ma pochi ne sono soddisfatti.

Nonostante gli importanti fondi stanziati dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza alla missione 6 Salute (15,6 miliardi di euro) la popolazione ritiene che la medicina territoriale sia estremamente peggiorata (41%) e ha scarse aspettative per il futuro. Risulta, infatti, che il 90% degli intervistati non crede che ci saranno dei miglioramenti efficaci o che si stia facendo qualcosa. Inoltre, 2 persone su 5 non sono a conoscenza di progetti per il risanamento della medicina territoriale.

Il ruolo della farmacia nella territorializzazione della medicina

La farmacia territoriale costituisce per gli intervistati un supporto alla medicina territoriale nella gestione della salute, a cui una persona su tre si rivolge per evitare di andare dal MMG. Il 45% degli utenti si reca in farmacia per chiedere consiglio sull’utilizzo di un determinato farmaco, il 41% per avere consigli circa una problematica di salute, il 32% per evitare appunto di doversi recare dal proprio medico di famiglia e il 30% per fruire dei servizi diagnostici e consulenziali offerti.

Interventi e prospettive

«Guardando i dati del questionario le cose che stupiscono sono due: la prima che, nonostante buona parte degli intervistati sia affetto da patologie croniche, sembrano non presi in carico con appuntamenti prefissati e un case manager dedicato, la seconda la scarsa fiducia nel futuro della sanità. Il PNRR nella missione 5 e 6 e con il DM 77/2022 se realizzato correttamente dovrebbe essere la risposta ai problemi messi in evidenza dal questionario» ha commentato Flori Degrassi, Coordinatrice Antenne regionali Fondazione Onda, rappresentante Regione Lazio Osservatorio Medicina di genere, Istituto Superiore di Sanità.

«La riorganizzazione dell’assistenza territoriale prevista dal Pnrr e programmata dal DM 77/2022 costituisce una straordinaria opportunità per migliorare la qualità delle cure primarie. Tuttavia, tale riforma si innesta in un sistema che presenta numerose criticità organizzative ed enormi differenze regionali, di cui è indispensabile tener conto per mettere in atto le adeguate contromisure» ha concluso Nino Cartabellotta, Presidente Fondazione GIMBE – Gruppo Italiano per la Medicina Basata sulle Evidenze.