Per le problematiche dell’apparato muscolo-scheletrico si può ricorrere a piante dall’azione antiflogistica e antalgica. Artiglio del diavolo, olmaria e salice sono tra quelle più spesso consigliate

Caratterizzate da flogosi, dolore ed edema, problematiche dell’apparato muscolo scheletrico come lombalgia e lombosciatalgia richiedono, in fase acuta, il ricorso alla terapia farmacologica e al trattamento ortopedico, ma possono beneficiare, soprattutto sul lungo periodo, di un’integrazione mirata non solo a ridurre l’infiammazione, ma anche a ripristinare, per quanto possibile, la funzionalità neuro-muscolare.

Per una terapia antinfiammatoria

Per fornire un’alternativa fitoterapica ai Fans che possa limitare, soprattutto nel paziente cronico, gli effetti gastrolesivi della terapia farmacologica, quando si parla di infiammazione e dolore, tra le sostanze attive naturali di maggiore efficacia sull’apparato osteo-articolare, è necessario fare riferimento a quelle piante che, per la ricchezza di principi attivi, possono garantire un’efficace azione antiflogistica e antalgica.

Noto e soprattutto ormai ben delineato dai numerosi studi che lo riguardano è, per esempio, l’Artiglio del diavolo (Harpagophytum procumbens). Le sue radici, per la Farmacopea Ufficiale (FU), devono contenere non meno dell’1,8% di iridoidi totali, di cui almeno l’80% di arpagoside, il principale costituente attivo responsabile dell’effetto terapeutico. Ciò accade grazie alle molecole iridoidi del suo fitocomplesso, dotate di proprietà antireumatiche e antiflogistiche simili a quelle dell’indometacina e del fenilbutazone. Queste sono legate, secondo le più accreditate ipotesi di meccanismo d’azione, alla capacità dell’arpagoside, ad alte concentrazioni, di inibire l’attività di COX-1 e COX-2, nonché la produzione di NO.

Nel complesso, la pianta sarebbe in grado non solo di ridurre la sensibilità a livello delle terminazioni nervose, ma anche di limitare la liberazione e quindi la concentrazione ematica di sostanze pirogene, come le chinine e le prostaglandine. Pur essendo consigliabile evitarne l’assunzione in caso di ulcera gastrica o duodenale, l’Harpagophytum è solitamente ben tollerato ai dosaggi consigliati e può essere utilizzato in forma di estratto secco o tintura madre anche per lunghi periodi, senza dare luogo, di norma, a effetti indesiderati rilevanti.

I benefici delle piante ricche di salicilati

Sono poi preziose, nella gestione dell’infiammazione e del dolore, le piante ricche di glicosidi salicilici, come l’Olmaria (Spirea ulmaria) e il Salice (Salix alba). Entrambe basano la loro efficacia sull’attività terapeutica dei salicilati, capaci di inibire direttamente la sintesi delle prostaglandine. Il meccanismo d’azione prevede il blocco del processo della cicloossigenasi, dal quale dipende l’esclusione della formazione degli endoperossidi ciclici, diretti precursori delle prostaglandine. Essendo queste ultime mediatori coinvolti nei processi di termoregolazione e dell’infiammazione, risulta così giustificata l’azione antipiretica, antiflogistica e analgesica delle piante contenenti salicilati.

Deve la sua attività antinfiammatoria proprio al salicilato di metile anche l’olio di Gaultheria, ottenuto sia dalla Betula lenta sia dalla Gaultheria procumbens. Tale olio è impiegato principalmente in preparazioni per uso topico nel trattamento delle nevralgie, della sciatica e della lombalgia.

Tra le sostanze naturali indicate nel trattamento delle forme neuropatiche di dolore, soprattutto in presenza di protrusioni del disco intervertebrale, sono indicati, inoltre, gli estratti resinosi di Boswellia serrata, che, oltre all’attività antinfiammatoria, attuano una preziosa attività antiedemigena. Si segnala, infine, la Mirra (Commiphora myrra), altra resina impiegata sia per uso topico sia sistemico. L’essenza di Mirra contiene furanoeudesma-1,3-diene e curzerene, dotati di attività analgesica per antagonismo sui recettori oppioidi, e furanodiene-6-one e metossi-furanoguaia-9-ene-8-one, dall’attività anestetico-locale, mediata dal blocco reversibile dei canali del Na+.