L’interesse delle aziende italiane del settore integratori a investire per allargare il numero di probiotici, attualmente in uso, è la riprova dell’importante ruolo svolto dal microbiota nella modulazione della salute dell’intero organismo. In particolare, una delle ricerche più promettenti riguarda Faecalibacterium prausnitzii, un batterio dalle doti antinfiammatorie la cui carenza è stata riscontrata in molte patologie organiche.

Fabio Pace, direttore Uoc Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva che da anni collabora con Integratori&Salute, fa il punto sui risultati delle ricerche condotte finora sul microbiota, inteso come l’insieme di microrganismi che popolano e colonizzano un determinato ecosistema, e illustra come la scienza intende rispondere alle numerose sfide presenti e future.

Le malattie in cui i probiotici possono avere un ruolo importante

«I probiotici sono da intendersi quali microrganismi vivi e vitali che somministrati in dosi adeguate, più di un miliardo, consentono di ottenere risultati benefici nell’ospite che li assume – spiega il professor Fabio Pace – Diverse ricerche finora condotte confermano il ruolo che questi microrganismi vivi svolgono nel contrastare discretamente o notevolmente una serie di patologie. Tra queste, la sindrome dell’intestino irritabile, la sindrome metabolica, la steatosi epatica non alcolica (Nafld) e le cardiopatie ischemiche. Degno di nota anche il grande settore degli psico-biotici, cioè quei probiotici che sono somministrati per rispondere a patologie del sistema nervoso centrale o malattie psichiatriche».

Un batterio promettente dalle doti antinfiammatorie

Gli studi sul microbiota sono stati resi meno costosi e veloci dalle recenti tecniche di caratterizzazione molecolare, al punto che i probiotici sono tornati in auge “come un settore in cui investire risorse per l’avanzamento delle conoscenze relativamente al rapporto fra salute e batteri[1]”, si legge nel comunicato diffuso da Integratori&Salute.

«L’ambito di ricerca più promettente – precisa Pace – riguarda l’ampliamento del numero di probiotici attualmente in uso, derivanti dalla categoria batterica dei lattobacilli, dei bifidobatteri e dal settore dei lieviti, e l’utilizzo di prodotti completamente nuovi. Uno di questi prodotti nuovi potrebbe essere Faecalibacterium prausnitzii, che è considerato un batterio dalle doti antinfiammatorie interessantissime e la cui carenza è stata notata in molte patologie organiche. Per rendere questo batterio un probiotico, la ricerca ha lavorato negli ultimi tre anni proprio in questa direzione».

Le nuove tecniche consentono di definire il microbiota nei particolari

Si parla spesso di “rivoluzione del microbiota”, intesa come lo studio approfondito delle comunità microbiche presenti su tutte le superfici mucose, in primis il tratto gastrointestinale. Il punto di partenza di questa svolta è stata la possibilità di determinare geneticamente quali sono i batteri che popolano non solo il nostro intestino, ma anche altri organi come la pelle, le vie respiratorie e le vie urinarie.

«La vera rivoluzione è iniziata quando si è passati dai metodi colturali alla determinazione genetica, attraverso sistemi di sequenziamento del cosiddetto meta-genoma, cioè il genoma del microrganismo presente nel nostro corpo, il microbiota – sottolinea il professore – Le ricerche più interessanti scaturiranno, a mio parere, dalla combinazione di varie omiche, cioè le tecniche che possono consentire di definire quali batteri, virus o altri costituenti sono presenti all’interno del nostro organismo e la loro funzione. Molti studi, in effetti, sono già avviati non soltanto nel riconoscere un’alterazione nella cosiddetta microbial signature, ovvero nella traccia microbica presente in una determinata malattia, ma nel comprendere quale è la conseguenza di questa alterazione».

La ricerca sul microbiota tra gli obiettivi del piano nazionale di ricerca

A testimoniare la rilevanza strategica di questo ambito della ricerca, microbiota e microbioma sono anche oggetto di interesse del Programma nazionale per la ricerca (Pnr) 2021-27, le cui linee guida sono mirate alla promozione della salute e uno stile di vita sano e sostenibile, lo stop al declino della biodiversità e l’efficientamento della produzione alimentare.

Tali obiettivi dovranno avvenire anche attraverso lo sviluppo di strategie di prevenzione più efficaci delle patologie umane e animali anche avvalendosi di probiotici/prebiotici, che permettano una riduzione dell’utilizzo di antibiotici o che contrastino patogeni e metaboliti tossici, riducendo l’impatto delle malattie non trasmissibili (Ncd).

Un focus particolare è dedicato alla valorizzazione del microbioma nei sistemi produttivi agroalimentari [2], con l’obiettivo di una sua migliore conoscenza, comprensione e utilizzo nell’ambito dell’intero sistema alimentare, compreso l’ambiente di produzione.

Entro il 2027 il Pnr si ripromette di raggiungere: +10% di miglioramento della prevenzione di malattie associabili a un’alterazione del microbioma/microbiota; + 15% di efficienza dei sistemi produttivi alimentari; -30% di pesticidi ed antibiotici nella produzione primaria vegetale e animale sfruttando le interazioni positive tra microbioma-pianta e microbioma-animale. [3]

«Sono obiettivi ambiziosi, ma la ricerca sta facendo passi da gigante su questo fronte – commenta Germano Scarpa, presidente Integratori&Salute – solo vent’anni fa s’iniziava a prendere in considerazione l’idea che alcuni batteri, ingeriti soli o all’interno di alimenti, potevano apportare benefici all’organismo. Tutto ciò ha portato oggi a riconsiderare il microbiota come un vero e proprio nuovo organo di fondamentale importanza».

Bibliografia:

  1. Morelli, L. Integratori con probiotici, 2019 in: review scientifica sull’integrazione alimentare: evidenze della ricerca scientifica e nuove frontiere di sviluppo
  2. http://srv00.area.ba.cnr.it/pipermail/ric-ispa.ispa.cnr.it/attachments/20210205/ce854b1a/attachment-0001.pdf
  3. https://www.mur.gov.it/sites/default/files/2021-08/6.AllegatoEsteso_Agroalimentare.pdf