L’ipertensione è un importante problema di salute pubblica ed è considerata il principale fattore di rischio modificabile per le malattie cardiovascolari e la morte prematura a livello globale.
Nonostante l’uso diffuso di farmaci antipertensivi, la prevalenza dell’ipertensione è aumentata negli ultimi anni e si stima che oltre il 30% degli adulti nel mondo ne sia affetto. Come per le malattie cardiovascolari più in generale, il rischio di ipertensione aumenta all’aumentare del numero di fattori di rischio presenti.
Ipertensione arteriosa: i fattori di rischio modificabili e non
Mentre alcuni fattori – come il sesso, l’età e l’ereditarietà – non sono modificabili, altri, legati allo stile di vita – come una dieta non sana, la mancanza di attività fisica, il sovrappeso e l’obesità e il consumo di alcol – possono essere modificati, contribuendo a prevenire il rischio di insorgenza di patologie come l’ipertensione arteriosa.
Gli effetti avversi dei farmaci antipertensivi
I farmaci disponibili per ridurre la pressione arteriosa sono spesso associati a effetti collaterali, come tosse, perdita del gusto, nausea, edema, vampate di calore, cefalea, aumento della minzione, polso rapido, vertigini, alti livelli di potassio nel sangue, eruzioni cutanee, disturbi ematologici e disturbi gastrointestinali.
Sebbene non fatali, questi effetti collaterali possono essere abbastanza gravi da influenzare l’aderenza o portare addirittura all’interruzione della terapia.
Si stima che una scarsa aderenza ai farmaci antipertensivi e una pressione arteriosa persistentemente elevata siano responsabili di una percentuale considerevole di eventi cardiovascolari, tra cui angina, infarto miocardico, insufficienza cardiaca cronica, insufficienza renale, attacchi ischemici cerebrali transitori e ictus, mortalità e disabilità premature e aumento dell’ospedalizzazione. Proprio per questo, si è tentato di sviluppare composti naturali con minori effetti avversi.
L’importanza di un modificato approccio nutrizionale
Un cambiamento nei modelli dietetici può essere efficace per mantenere una buona salute e il consumo di pesce e frutti di mare ha dimostrato di essere associato a una riduzione del rischio di eventi cardiovascolari. Gli effetti benefici del consumo di frutti di mare sulla salute sono stati tradizionalmente attribuiti agli acidi grassi polinsaturi a catena lunga. Tuttavia, i frutti di mare sono sempre più apprezzati come ricca fonte di proteine di alta qualità, contenenti taurina e tutti gli aminoacidi essenziali.
Sono state condotte ricerche approfondite sugli organismi marini a bassa trofia, e in particolare sugli invertebrati marini, compresi phyla (come Mollusca, Porifera, Echinodermata, Cnidaria e Chordata) per scoprirne i composti bioattivi.
È degno di nota il fatto che gli invertebrati presentano la più alta abbondanza relativa di composti bioattivi, tanto che circa il 75% di tutti i composti bioattivi trovati negli anni 1985-2012 provengono da invertebrati; circa il 9% erano peptidi.
L’importanza dei peptidi
Tra i composti bioattivi si distinguono i peptidi: piccoli, tipicamente composti da 2 a 20 aminoacidi, offrono una maggiore stabilità e una sintesi più semplice rispetto ai composti naturali più complessi. Per questo motivo, hanno un potenziale significativo per le applicazioni nei prodotti farmaceutici, negli integratori alimentari e negli alimenti funzionali.
Le proteine alimentari contengono tipicamente sequenze peptidiche specifiche che, quando vengono rilasciate dal trattamento enzimatico, dalla fermentazione batterica o dalla digestione, possono essere fonti di peptidi biologicamente attivi con effetti antipertensivi.
Il ruolo dei peptidi contro l’ipertensione
I peptidi antipertensivi possono agire in diverso modo. Anche se le vie esatte e l’efficacia dei peptidi antipertensivi variano, la ricerca continua a esplorare il loro potenziale come agenti terapeutici per la gestione dell’ipertensione. Esistono diversi metodi di ricerca per studiare i potenziali peptidi antipertensivi.
La rassegna condotta
Un lavoro di rassegna condotto in Norvegia e pubblicato su Marine Drugs ha esaminato estensivamente la letteratura dal 2000 al 2023, concentrandosi sull’attività antipertensiva di peptidi e proteine derivati dai principali phyla di invertebrati marini.
È stata altresì mappata la metodologia impiegata ed esplorata l’idoneità dei peptidi e delle proteine per applicazioni farmaceutiche e il loro potenziale come integratori o ingredienti alla base di alimenti funzionali.
Mappatura dei peptidi e disomogeneità degli studi condotti
La continua prevalenza di reazioni avverse associate ai farmaci antipertensivi attualmente in uso ha aumentato notevolmente l’importanza della ricerca e dello sviluppo di nuovi peptidi antipertensivi.
La maggior parte della ricerca condotta in questo campo è prevalentemente biochimica, con una minore enfasi sui saggi basati su cellule, modelli animali e studi clinici. Tuttavia, la diversità dei metodi e dei modelli utilizzati per studiare l’attività dell’ACE impedisce il confronto diretto dell’attività inibitoria tra i vari studi. Questa mancanza di standardizzazione rappresenta una sfida, sottolineando la necessità di un approccio più omogeneo.
I modelli cellulari in vitro consentono di controllare le condizioni sperimentali e di esplorare i meccanismi e le interazioni molecolari. Gli studi in silico sono più economici e rispettosi dell’ambiente; tuttavia, richiedono competenze e risorse specifiche e, senza una successiva sintesi dei peptidi, questo approccio può trascurare i fattori dinamici insiti nei metodi di screening convenzionali.
Mentre diversi studi hanno utilizzato ratti allevati selettivamente per l’ipertensione per esaminare gli effetti antipertensivi di peptidi e proteine, la ricerca che prevede test clinici sull’uomo su peptidi e proteine antipertensivi derivati da specifici phyla di invertebrati marini rimane limitata.
Osservazioni conclusive
Prima che qualsiasi nuovo farmaco antipertensivo derivato da invertebrati marini possa essere introdotto sul mercato è imperativo affrontare la mancanza di dati approfonditi sul suo profilo di sicurezza, compresa la tossicità e il potenziale allergenico.
Inoltre, considerazioni critiche, come la stabilità e la biodisponibilità, devono essere studiate a fondo e risolte.