Orlandi: convenzione, remunerazione e farmacia dei servizi sono le nostre priorità

Alfredo Orlandi

La situazione politica attuale, dopo le elezioni del 24 e 25 febbraio, non sembra possa delineare a breve un governo che prenderà in fretta decisioni sulle questioni inerenti la farmacia. Per questo i farmacisti vedono ancora lontano l’accordo per la remunerazione e la possibilità concreta che il termine del 30 giugno venga prorogato. La difficoltà maggiore in questo momento di incertezza e di instabilità economica la vive la farmacia rurale, come ci spiega Alfredo Orlandi, Presidente Sunifar. 

Come stanno affrontando questo periodo i farmacisti rurali?

La situazione attuale non vede un futuro chiaro. Il clima tra i colleghi è di sfiducia e di preoccupazione e per alcuni versi anche di rassegnazione, perché indirettamente, volente o nolente, ci viene imposta una ‘nuova remunerazione’: tagli, aumento del numero di farmaci generici, con conseguente diminuzione dei prezzi, aumento dei farmaci in distribuzione diretta, continui inserimenti di specialità in distribuzione per conto. Come risultato è recentemente avvenuto ciò che ci aspettavamo e che andavamo ammonendo da mesi: alcuni colleghi, in Friuli e in Campania, hanno portato i libri contabili in tribunale e hanno chiuso. Il problema non riguarda solo la remunerazione, ma una continua e quotidiana deregolamentazione del settore. Ogni giorno si legge di nuovi accordi a livello regionale per la distribuzione diretta. Questa è la parte che ci impoverisce di più come farmacisti e rende ogni situazione regionale molto diversa per i cittadini. Oggi ormai non sussistono più 21 sistemi farmaceutici regionali, bensì 144, tanti quante sono le ASL presenti in Italia. E la farmacia italiana sta perdendo le sue caratteristiche di servizio che vede al centro la salute e l’attenzione al cittadino. 

Quindi non è solo la remunerazione da discutere?

A fronte di questa situazione di anarchia legislativa e di questo continuo tentativo di minare i fondamenti della farmacia italiana sarebbe forse il caso di proporre una liberalizzazione con la “L” maiuscola: non dovrebbero esserci più orari, turni, si dovrebbe poter aprire dove c’è più mercato dal punto di vista commerciale. Con sconti, raccolte punti, viaggi premio come già sta avvenendo in molte farmacie, e soprattutto la possibilità di poter acquistare il prodotto, non più bene, farmaco al prezzo economicamente più vantaggioso. Pensiamo alla proposta recentemente espressa sulla ricetta elettronica: ritengo che non sia una priorità in questo momento. Stabiliamo prima le regole –convenzione- ed il compenso –remunerazione- e poi andremo a pensare a “divertirci” con l’informatica, soprattutto considerando che già tutti i farmacisti, anche quelli più piccoli, di montagna, in tempo reale trasmettono i dati sulle ricette. I farmacisti purtroppo le Leggi le rispettano (art.50 Legge finanziaria del 2003). Sono altri i punti, oltre quelli suddetti, su cui si deve discutere, confrontarsi e trovare soluzioni: distribuzione per conto, uniformità tra le regioni del sussidio alle rurali e di distribuzione del farmaco, farmacia dei servizi. 

Come vede il futuro immediato su questi importanti questioni?

Attualmente non vedo una o più possibili soluzioni all’orizzonte. Personalmente ritengo che si risparmierebbero soldi ed energie, “resettando” tutto e ricominciando, con poche ma chiare e soprattutto “oneste “ regole. Ma questo messaggio di trasparenza, purtroppo, non passa. La scadenza del 30 giugno ad esempio, fissata dal Ministero per la nuova remunerazione è probabile che possa essere prorogata al 31 dicembre 2013. Questa grande indecisione politica quindi, se da una parte ci spaventa, dall’altra forse è l’occasione perché si faccia una pausa e non vengano prese decisioni affrettate sulle farmacie: con tante questioni più importanti per il Paese, i politici non dovrebbero ora pensare a noi, soprattutto come è avvenuto sino ad oggi, come zavorra per lo sviluppo del paese. Forse non è poi una situazione così negativa, in un contesto in cui sembrava dovessimo prepararci ad una guerra, dove i farmaci di fascia C dovevano uscire dalla farmacia, dove doveva aumentare la distribuzione diretta, si doveva ripensare tutto l’assetto. Può darsi che, mettendo a lato le questioni di parte, i problemi potranno essere affrontati in futuro con più tranquillità e dialogo. Riprendendo seriamente il discorso sulla farmacia dei servizi e sulla dignitosa sopravvivenza e non opulenza, per le farmacie rurali. Perché il rischio è che si metta un cerottino dove ormai la ferita è abbondantemente aperta.

 Chiara Romeo

 

2 Commenti

  1. Per tante farmacie rurali la situazione è drammatica, la pesante riduzione del fatturato e, per molte Regioni, l’annoso problema dei ritardi dei pagamenti ha portato alla sovraesposizione bancaria. Bisognerebbe rifinanziare le nostre attività fornendo loro la liquidità di cui hanno estremo bisogno. Ma come possiamo fare ciò se le banche non finanziano liquidità anche a fronte di reali garanzie immobiliari?
    Molti di noi sono segregati, con le loro attività, nei centri storici di piccoli Comuni subendo una grave discriminazione nei confronti di tutte le nuove iniziative (Vedi la “Farmacia dei sevizi”) che possono essere attuate, pagando più di ogni altro collega la riduzione di redditività ed esponendo il Servizio a pesanti rischi di inefficienza.
    Pertanto non affrontare da subito i problemi e dover aspettare i tempi della politica sarà fatale a tantissime Farmacie rurali.
    Auspico una nuova remunerazione che dia alla farmacia la forza economica necessaria a sostenere il ruolo sociale che da sempre la contraddistingue, il ritorno di tutta la distribuzione di ogni tipo di farmaco in farmacia e per l’immediato di pattuire accordi con le Banche per sostenere la liquidità e per scongiurare il fallimento.

  2. E se si chiedesse al nuovo governo di far tornare il farmaco veterinario alle farmacie? Le rurali in crisi, il fatturato in calo, ma perchè l’enorme fatturato dei farmaci vet. è tutto in mano a grossisti che consegnano in azienda senza che l’allevatore abbia mai visto il farmacista? E tutto ciò a prezzi sottocosto in puro stile dumping, associandosi x gli acquisti in accordo con ditte produttrici in modo di tagliare fuori tutti gli altri? Perché c’è un prezzo fisso x un mucchio di prodotti, perfino le mele sono regolamentate, mentre i farmaci vet sono nel caos e nella totale deregulation distributiva?

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