Le fratture dovute all’osteoporosi hanno conseguenze importanti in termini di mortalità e di disabilità motoria, con elevati costi sanitari e sociali. Il progetto GAP punta a superare i limiti della diagnostica attuale delle fratture ossee, per sviluppare metodi di diagnosi precoce più efficaci

Le fratture interessano circa il 40% della popolazione nel corso della vita, con una prevalenza di femore, polso e vertebra. Le fratture dovute all’osteoporosi costituiscono inoltre una importante causa di mortalità e disabilità motoria, con costi sanitari e sociali importanti. Al fine di trovare metodi di diagnosi precoci più efficaci, all’interno dell’Alta Scuola Politecnica, un programma riservato ai migliori studenti dei Politecnico di Milano e Torino, un gruppo di studenti ha ideato un dispositivo innovativo e un algoritmo per comprendere e prevenire le fratture ossee.

Il progetto GAP

Il progetto GAP (image-guided experimental and computational analysis of fractured patients) punta a superare i limiti della diagnostica attuale delle fratture ossee, per sviluppare metodi di diagnosi precoce più efficaci. Il gruppo di lavoro si è focalizzato sullo studio delle fratture ossee alla microscala, dove sussistono ancora molti dubbi sull’origine e sulla propagazione delle fratture. Non è ancora chiaro quale sia il ruolo di piccole cavità presenti nell’architettura ossea, definite lacune. Per avere un punto di vista completo, gli studenti dell’ASP hanno analizzato il fenomeno sia attraverso una campagna sperimentale, sia con dei modelli computazionali.

Il metodo adottato

I ricercatori hanno progettato e realizzato un dispositivo di micro-compressione; questo permette da una parte di testare campioni ossei femorali in condizioni che riproducono la situazione di lavoro in vivo all’interno del corpo umano, e dall’altra di acquisire immagini di determinate sezioni ossee. Questo è stato possibile grazie all’utilizzo della tecnologia innovativa, basata sulla generazione di luce di sincrotrone e di laser ad elettroni liberi di alta qualità, dell’Elettra Sincrotrone di Trieste.

La luce del sincrotrone è una radiazione elettromagnetica caratterizzata da particelle cariche con una velocità elevatissima, vicina a quella della luce, e che, di conseguenza, ha una lunghezza d’onda molto limitata. Questo è il punto fondamentale della ricerca, perché nessuno prima aveva studiato il fenomeno con immagini di risoluzione così alta. La qualità e la quantità di immagini acquisite e analizzate sono, infatti, l’elemento di forza di questo studio.

La tecnica innovativa per l’analisi dei dati

Altrettanto innovativa è stata la tecnica utilizzata per processare questa grande mole di dati. Gli studenti, dovendo esaminare oltre 2 milioni di immagini, hanno deciso di automatizzare il processo, sviluppando una rete neurale convoluzionale in grado di identificare autonomamente le lacune ossee. Le reti neurali sono algoritmi di deep learning oggi al centro dell’attenzione della comunità scientifica internazionale, per il loro potenziale nell’analizzare le immagini cliniche. La realizzazione di questo algoritmo ha permesso di risparmiare oltre 2 milioni di ore nella fase di post-processing.

Il progetto, guidato dalla Professoressa Laura Vergani e dalla Dottoranda Federica Buccino, ha ottenuto importanti risultati in soli due anni di lavoro. Lo studio ha visto la collaborazione dell’ETH di Zurigo, del centro di ricerca internazionale Elettra Sincrotrone di Trieste e del Gruppo San Donato.