Si sono svolti a Roma il 4 e il 5 maggio scorsi gli Stati Generali della professione farmaceutica, organizzati da SiNaFo (il sindacato dei farmacisti che lavorano all’interno del Ssn) e da SiFaCT (Società italiana di Farmacia clinica e terapia). L’iniziativa, che è stata svolta in partnership con la Federazione degli ordini dei farmacisti italiani (Fofi) e con le Scuole di specializzazione in farmacia ospedaliera (Ssfo), nasce dalla necessità di esplicitare l’evoluzione di una professione che è cambiata nella pratica, ma non a livello di legislazione che la regola.

Quella del farmacista ospedaliero e territoriale «è una professione strategica nel garantire la sostenibilità del sistema sanitario grazie a cure costo/efficaci e sicure – ha affermato Roberta Di Turi, segretario generale di SiNaFo e direttore Dipartimento dei Servizi – UOC Farmacia Ospedaliera ASL Roma 3 – Un ruolo che i dirigenti farmacisti esercitano in pochi, solo 2.852 e quasi tutte donne, gestendo 16 macroaree per 106 linee di attività ospedaliera e 16 macroaree per 97 linee di attività farmaceutica territoriale. Ce ne vorrebbero almeno 8500, considerato che controllano e governano la gran parte dei 32,2 miliardi di spesa farmaceutica nazionale totale sia pubblica che privata. Ovvero quasi il 2% del PIL nazionale».

«Siamo arrivati a un momento della nostra professione in cui la pratica ha superato di fatto ciò che è scritto nei decreti legislativi – ha sottolineato Francesca Venturini, presidente di SiFaCT – C’è bisogno di un adeguamento rispetto a quello che di fatto già facciamo, di un ammodernamento di quello che viene riconosciuto alla nostra professione e di quello che sta succedendo a livello di evoluzione del sistema sanitario nazionale. Abbiamo bisogno di un reale riconoscimento del servizio farmaceutico territoriale, con tutta la medicina di prossimità, e anche un riconoscimento in generale di tutti quelli che sono i nuovi compiti della professione».

Il nostro Ssn, peraltro, già alle prese con problemi di finanziamento, come sottolineato dal vicepresidente Fofi Luigi D’Ambrosio Lettieri, oggi risente della carenza sia di medici sia di farmacisti, che non si risolve né «in due mesi» né solo con la programmazione dall’alto, ma con un cambio di visione culturale degli stessi professionisti della salute. «Oggi si lavora per silos, ognuno per sé, a dispetto delle necessità di continuità ospedale-territorio. Serve da parte nostra un cambio culturale sull’approccio di lavoro, servono team multidisciplinari e interprofessionali che si ispirino a percorsi condivisi».